Vi ho spiegato il mio linfoma (e perché il vaccino Covid c'entra): arrivano gli insulti. Vi aspetto sulla mia stessa poltrona da chemio
Dec 16, 2023di Max Del Papa
Quando non si può più opporre la "prova del diavolo", non resta che la censura dell'insulto. Ma negare, provocare, inveire ormai non serve più. Difatti la gente non si adegua più, non ascolta più, non si terrorizza più. E non si sacrifica più sull'altare di Pfizer e Moderna.
Anche l’ultimo scritto, quello dove vi raccontavo il mio linfoma e perché era figlio del vaccino anticovid, ha suscitato reazioni, è diventato “virale”, il che, come minimo, ha un sapore squisitamente ironico: sono stato travolto da una grandinata di reazioni, gente che mi racconta la sua vicenda, così simile alla mia se non peggiore: chissà che ne direbbero i negazionisti a oltranza, quelli delle correlazioni che non esisterebbero, come quel poveretto costretto ogni anno a prostituirsi a Sanremo, carne guasta da festival, o dopofestival, che su X mi ha rivolto un non meglio specificato insulto: lo aspetto al posto mio, sulla poltrona da chemio. Per quanto mi riguarda, ho abbondantemente superato la “prova del diavolo”, spiegando come e qualmente nel mio tumore il vaccino non solo c’entra, ma non può non entrarci: assurdo negarlo, come quel mio vicino di terapia, seduto accanto a me, che si ostinava ad escludere ogni connessione: “Ho un linfoma, ma se non mi ero fatto tre dosi mi ammalavo seriamente”. un mese fa, all'inizio di questa tetra avventura, per lui come per me, lo avevo rincuorato, era sconvolto: adesso fa già lo sborone. Che gli vuoi dire a gente così? Ho provato a spiegargli come funziona la Spike, cosa provocano le manipolazioni genetiche a livello di mRNA messaggero, i numeri i dati gli studi, nell’ordine dei milioni dei casi nel mondo, perfino le ammissioni di chi quei falsi vaccini ha creato: “Il tempo è galantuomo” diceva con l’aria di chi la sapeva lunga. Talmente galantuomo, per lui, per me, e anche per l’altra signora che “dopo 4 dosi ho cominciato stranamente a sentirmi male e poi mi hanno scoperto un linfoma”, che eravamo tutti lì coi tubicini in vena. Ma a sentirmi cretino ero io: chi me lo faceva fare, mentre ero lì a lottare per salvarmi la pelle?
Perché, attenzione, io non sono affatto contro i vaccini (anche questo ho tentato pateticamente di chiarire): io sono uno che un falso vaccino ha ammalato di un tumore. Non facciamo confusione e nessuno si permetta di definirmi “risvegliato”: questi toni millenaristici li respingo al mittente, che di solito è uno che ti spiega tutto di tutto senza sapere niente di niente, gli basta sostenere il rifiuto su qualsiasi cosa, scivolando sulle proprie contraddizioni, e se poi gli capita di averci preso, sparando alla cieca, è tutto contento e tronfio. Ma sempre cieco rimane. No, io ho sempre sostenuto la liberà di scegliere, non il codice binario pro – anti; ero preoccupato, ho deciso di sottopormi per non sottostare più a un ricatto, alla continua spesa dei tamponi, all’impossibilità di lavorare viaggiare vivere, ne sconto le conseguenze, non mi nascondo, ho detto pubblicamente di avere sbagliato, ma in proprio. Non come appartenente a una tribù. Si vede che sono tanti come me, e a maggior ragione mi stringono di tenerezza il cuore: le esperienze che vado raccogliendo sono strazianti (prossimamente ne riprodurrò qualcuna): vite rovinate, famiglie distrutte, lacrime e assenze, rimorsi e sensi di colpa. E un coglione che deve dare il culo al regime per farsi raccomandare ai festival di regime arriva all’insulto per raccattare 4 like? Lo aspetto al posto mio, ma soprattutto aspetto quelli così alla resa dei conti con le migliaia di annientati che mi cercano, mi scrivono, mi affidano un tormento che non finisce mai, che non può finire. Che, bontà loro, trovano ragione di speranza, di reazione nel mio svelarmi pubblicamente. Non so come facciano, ma se è il prezzo da pagare, ebbene sia. Intanto, tocca ancora e sempre registrare il perenne arricchirsi della spoon river dei più o meno famosi: Jimmy Villotti, chitarrista storico, 78 anni, stroncato improvvisamente, almeno a quanto è dato sapere: non ho trovato da nessuna parte informazioni sul suo male, sulla sua fine misteriosa, su eventuali presenze di plurime vaccinazioni. Non ne ho trovate di più circa lo stato dell’attrice americana Kate Micucci: cancro ai polmoni, improvviso, rimosso per tempo, ma niente altro. Mai fumato. Lei giovane ancora. Si danno così le notizie? Sì, si danno così, tutte così, sempre così, senza informare, senza disturbare il manovratore, che però manovra il mondo intero. Silvana de Mari, un’altra che le cose le ha dette dall’inizio, che insisteva già all’inizio sulla necessità delle terapie domiciliari, senza complicarsi la vita, e magari stroncarla, con ricoveri convulsi, senza feticismi su un vaccino ancora tutto da capire, mi segnala il trucco, l’ennesimo: la ONS nel Regno Unito, che confonde vaccinati e no nell’arco dei fatidici 14 giorni, ma viene sputtanata da uno studio del professor Fenton che dimostra come il picco dei morti “non vaccinati” corrisponda ai 14 giorni dalla dose 1, 2 e 3. Non c’è niente di più duttile dei grafici, dei numeri che viceversa simboleggiano l’oggettività logica divina, due più due non può dare che 4 e non c’è calcolo che possa smentirlo. Ma quando i numeri salgono nella scala dei milioni, e c’è di mezzo la malattia, tutto si può confondere, tutto si può corrompere. Allora meglio la testimonianza di uno sconosciuto amico di origine balcanica, anche lui con un cancro, anche lui reduce da plurime somministrazioni, che mi racconta della figlia, evidentemente una studiosa, o per lo meno curiosa, la quale “ha cercato dati sul cancro in Gran Bretagna, trovato solo fino a 2020, li tengono nascosti ma riferiscono (sic) che per ogni anno successivo aspettano aumento dei casi”.
È il segreto di Pulcinella questo delle stime prudenziali, drammatiche, da non far circolare, la nostra AIFA, ennesimo carrozzone del malaffare pubblico, si è distinta in questa opera di confusione sabbiosa, ma qui non c’è nessun Boris Johnson che ammetta: vi ho chiusi dentro e spinti ad avvelenarvi, ho sbagliato, me ne vergogno. Qui i soliti noti insistono: a Natale ottocentomila contagiati (Pregliasco, poi controlleremo), e i masters of puppets del terrore si esaltano: come questo Massimo Andreoni del Simit, che vuole, che pretende l’isolamento del nonno e il divieto di abbracci natalizi; si potrebbe tornare a rinchiudeli “nello stanzino col tramezzino” come motteggiava l’impareggiabile Cartabellota, il gastroenterologo della Gimbe, la cui ostentata indipendenza si manifesta in una pluralità di legami e rapporti degne di una lobby. Ma, in linea più generale, voi conoscete una sola realtà “indipendente”, un solo allegro virologo non targato Pfizer o Moderna (e, pertanto, con ottime ragioni di essere allegro)? Erano, e restano, quelli che passavano con disinvoltura dall’anatema verso i dubbiosi all’ “io l’avevo detto che non c’era da fidarsi”. Ma non avevano detto niente del genere e adesso tornano con i loro deliri di stampo autoritario. L’ex presidente del citato Simit, Mastroianni, va oltre l’attuale, teorizza l’assoluta necessità di una “educazione sanitaria in classe”. Dove educazione sanitaria, par di capire, sta per lavaggio del cervello, manipolazione, schematismo, fideismo. Ma non si accori, Mastroianni, ci ha già pensato la solita Pfizer coi corsi dalla scuola dell’obbligo ai master post universitari: la chiamano “comunicazione contro la disinformazione”, è la solita musica e vanno assoldando quali testimonial giornalisti, carni guaste sanremesi e influencer di larga consuetudine. Ed è davvero urgente, Pfizer perdendo in Borsa a rotta di collo dopo che il business dei vaccini si è sgonfiato e non per la testimonianza di un cronista malato di linfoma, ma i milioni e milioni e milioni di linfomi, di cardiopatie, di infarti, di morti “improvvise”, di complicazioni neurologiche, di malattie autoimmuni, di patologie fattesi endemiche che, com’è come non è, appaiono insorte puntualmente a poca distanza dalla tripla o quintupla assunzione del vaccino miracoloso, che non era miracoloso e non era manco vaccino. Ma basta scrivere “sei la merda” al sottoscritto, che è la censura dell’insulto (che la gente sappia distinguere chi la rispetta, mettendo a disposizione la propria sofferenza, e chi la inganna con la volgarità della finta irriverenza); basta convincersi “Se non mi ero fatto tre dosi a quest’ora chissà come stavo”. Già. Certo non con un tubo in vena da cui sgocciola la chemioterapia.
FONTE : Il Giornale d'Italia
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