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Una Magistratura senza budget

giglio reduzzi politica nazionale Jun 17, 2023

di Giglio Reduzzi

Tra le cose che più mi hanno colpito osservando il comportamento dei giudici italiani è la loro libertà di operare al di fuori di ogni logica economica. 

Non che non ce ne siano altre. 

Per esempio non ho mai capito perché il deposito della sentenza non debba essere contestuale al verdetto stesso, ma possa avvenire anche a distanza di settimane, che a volte si trasformano in mesi. 

Ciò dà l’impressione che il giudice, prima di descrivere la sua sentenza, voglia vedere l’effetto che essa (nella forma concisa del c.d. “dispositivo”) ha provocato sulle parti ed eventualmente dargli un’aggiustatina. 

Così come non ho mai capito perché, una volta iniziato un processo, le udienze vadano avanti a saltelloni, anzichè procedere tutte di fila come vagoni dello stesso treno. 

Ciò accade, purtroppo, anche quando gli attori del processo abitano in una città ed il processo ha luogo situato a mille chilometri di distanza, obbligando attori, convenuti, avvocati, consulenti a compiere costose ed estenuanti trasferte. 

Ma, a ben riflettere, anche questo esempio altro non è che una conseguenza del fatto che la Magistratura italiana è abituata, ahimè da troppo tempo ormai, ad operare al di fuori di ogni vincolo economico. 

Ricordo nitidamente che, quando Giorgio Napolitano stava al Quirinale, un giorno i giudici di Palermo gli chiesero quando potevano venire a ricevere la sua deposizione in merito al processo detto “della trattativa Stato/Mafia”. 

Egli rispose che stessero pure comodi a Palermo, perché lui non aveva nulla da dichiarare. 

Ebbene quei giudici andarono comunque a Roma, salvo tornare a Palermo con nessuna informazione aggiuntiva. 

In altre parole fecero un costoso viaggio a vuoto. Immagino in aereo, anche se ai testimoni convocati sub poena si usa rimborsare solo il costo del biglietto del treno in seconda classe. 

Sembra che i magistrati non si rendano conto che essi stanno operando con i soldi dei contribuenti. 

Proprio ieri, guardando un telefilm poliziesco americano, ho sentito la voce disperata di una mamma che chiedeva al magistrato locale come mai non impiegassero più risorse per trovare la sua bambina scomparsa. 

La risposta fu: Signora stiamo facendo tutto il possibile, ma il budget a disposizione ci impedisce di fare di più. 

Proprio così: il budget….. 

Eppure gli USA sono un Paese democratico. Anzi sono considerati un modello da seguire. 

Ebbene, a costo di passare per anti-democratico, a me sembra del tutto logico che, quando si usano i soldi dei contribuenti, anche le cause più giuste debbano avere un tetto di spesa. 

Tra l’altro il caso dei giudici di Palermo, che ho appena citato, non è dei più clamorosi. 

Il più eclatante di tutti è senz’altro il processo che si è svolto a Bergamo ed ha visto come imputato Massimo Bossetti. 

Credo che questa vicenda giudiziaria, dalla durata pluriennale, abbia battuto tutti i record di spesa. 

Basti pensare che, per essa, si è ritenuto necessario procedere ad oltre ventimila test del DNA (c’è chi dice trentamila) su altrettanti giovani uomini, secondo il profilo del ricercato (che era, per l’appunto, quello di un giovane uomo). 

Il che vuol dire venti/trenta mila persone costrette ad assentarsi dal lavoro (a Bergamo non ci sono disoccupati) per andare alla caserma dei Carabinieri. 

Se la mamma della povera Yara (la vittima) fosse stata una residente di Colorado Springs, finiti i primi due o tre milioni di spesa, probabilmente le avrebbero detto che non potevano andare oltre per ragioni di budget. 

Il che può apparire crudele, ma -a mio avviso- è del tutto coerente con il fatto che anche le ricerche giudiziarie vengono fatte a spese del contribuente. 

Purtroppo in Italia non si sa mai il termine di “tax-payer”. 

Gli si preferisce il termine di “ Stato”, che ha il grande difetto di essere decisamente troppo vago. 

Infatti nessuno in Italia sa esattamente cosa ci sia dietro quel termine. 

La sua indeterminatezza è causa di molti malintesi. 

C’è persino chi sostiene che rubare allo Stato non sia reato. 

Tra questi ci sono tutti coloro che evadono le tasse, ma anche quei dipendenti pubblici che timbrano il cartellino e poi vanno a fare la spesa.

 

 

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