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TRUTH

Una lettura apocalittica della distopia. Dai chip sottopelle al controllo dell’io.

alessio canini osservatorio card. van thuân Feb 28, 2025

FONTE : Osservatorio Card. Van Thuan

Dinanzi ai grandi mutamenti in corso, qualsiasi prospettiva futura non può che oscillare tra la distopia orwelliana e quella huxleyana. Che l’umanità, infatti, si sia instradata verso un pericoloso controllo biopolitico sembra essere incontrovertibile, specie nel caso in cui si pensi allo sviluppo forsennato dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie di acquisizione, memorizzazione e analisi dei big data, nonché di forme di elaborazione, controllo e incrocio di dati consentite dai nuovi sistemi informatici (Internet of Things, ad esempio).

Sono state già formulate diverse ipotesi in merito a quali forme potrebbero essere adottate in futuro per esercitare il controllo biopolitico. Una di queste è l’applicazione di microchip sottopelle che potrebbero espletare diverse funzioni sull’individuo a cui è impiantato, come ad esempio il controllo dei parametri vitali (battito cardiaco, pressione sanguigna, valori metabolici, ecc.), finanche il controllo del sistema nervoso (consentendo o impedendo determinati impulsi motori, o linguistici) e, impossibile escluderlo, del pensiero.

Tale scenario ipotetico non è l’unico ad integrare in modo inquietante realtà e distopia. Basti pensare, ad esempio, al concetto di sistema di credito sociale, che dà vita ad una sorta di punteggio di cittadinanza, in cui ogni individuo è sapientemente monitorato in ogni circostanza della vita (pubblica, e se possibile anche privata) e in cui le sue azioni e i suoi stati fisici impattano positivamente o negativamente sul suo punteggio sociale, la cui conseguenza immediata è maggiori libertà o maggiori restrizioni, a seconda del punteggio sociale ottenuto in quel momento.

Il dramma, oggi, è la sempre più evanescente distinzione tra realtà e distopia. Se guardiamo, ad esempio, alla Cina odierna scopriremo come in alcune delle più grandi città cinesi esista già un sistema di credito sociale con il quale i cittadini vengono premiati o puniti a seconda dei loro comportamenti in pubblico, o secondo lo stile di vita adottato o, ancora, secondo l’aderenza o meno ai dettami del governo cinese.

Ancora, che esistano chip sottopelle è ormai assodato: non sono ancora aperti al mercato di massa, ma l’idea è nata anni fa e oggi migliaia di persone hanno installato un chip sottopelle al fine di dimostrare, tramite sperimentazione, che il mondo digitale è preferibile a quello materiale. Di più, Elon Musk lavora ad una tecnologia neurale che possa impiantarsi nel sistema nervoso (Neuralink). La smaterializzazione del mondo e della vita è la chiave di lettura di tale fenomeno, posto a questo stadio embrionale.

Nel pensare al XXI secolo, quindi, è inevitabile pensare al ruolo e alla pervasività che avranno le nuove tecnologie. La riflessione su di esse non è, tuttavia, innocente e si riconnette alla questione più complessa dei modi e delle forme del potere futuro. È, difatti, ingenuo pensare che lo sviluppo e la diffusione tecnologica possano scindersi dal potere, giacché la stessa τέχνη è una declinazione del potere umano, mai neutrale.

Se a ciò aggiungiamo le possibilità di controllo e di influenza delle nuove tecnologie sulla vita dei soggetti, che possono arrivare a cambiarne radicalmente gli aspetti più intimi, coinvolgendo sia il corpo che l’intelletto, tale riflessione appare ancor più urgente e quanto mai necessaria.

Si potrebbe pensare, per un momento, che a modellare la società futura sarà più l’economia che non le tecnologie o il potere politico, ma gli accadimenti dell’ultimo lustro hanno mostrato, in modo assai chiaro, quanto il ruolo del potere politico (e, dunque, di scelte politico-decisionali) sia nevralgico. Ad ogni modo, vi è un esempio apocalittico in cui la realtà economica è totalmente subordinata all’ordine politico-sociale, che si intende ora considerare.

L’aggettivo ‘apocalittico’ non è casuale: è Apocalisse 13:16-18 a descrivere un ‘marchio’ satanico sulla mano e sulla fronte, la cui assenza implica l’esclusione dal mondo economico più basilare, ossia lo scambio economico («e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio»). Tale scenario merita particolare attenzione per almeno due ordini di ragioni. In primo luogo, è un chiaro esempio di come l’assetto politico-sociale possa subordinare a sé l’ordine economico, creando una barriera all’ingresso al mondo economico, imponendo una certa obbedienza o una certa appartenenza politico-sociale ben riconoscibile.

In secondo luogo, la visione apocalittica fornisce un chiaro esempio di società satanica, ove l’aggettivo satanico è da intendersi in senso etimologico, dunque quale “avversaria”, (in avversione a Dio; meglio, all’ordine divino). Così, dunque, la società satanica è quella società in cui si ha il pieno rovesciamento dell’ordine divino a favore di un ordine in antitesi all’uomo e alla sua salvezza. La società preconizzata in Apocalisse è la società terminale, ovvero senza possibilità di redenzione e di vie di fuga. Una società dove per vivere è necessario essere marchiati, ed ove il marchio esprime il simbolo del potere umano al massimo del suo apice, poiché ora controlla tutto e tutti.

Il potere diviene forma e strumento della corruzione umana, perdendo qualsiasi connotato divino o trascendente. La concezione, in breve, di un potere pienamente umano è, a prima vista, paradossalmente negativa: ma il paradossale svanisce presto allorquando si insista sul carattere finito e ribelle dell’uomo. Quella stessa ribellione che ha implicato la cacciata dall’Eden. Di più, quella ribellione non è solo sorda all’ordine divino (in cui l’uomo trova la sua reale dignità e posizione nel Creato), ma è nei fatti eversiva. È la stessa eversione che ha condotto al regno di Nimrod e alla costruzione della torre di Babele:

 «[Nimrod] trasformò gradatamente il governo in una tirannia, non vedendo altro modo per sviare gli uomini dal timor di Dio, se non quello di tenerli costantemente in suo potere. Disse inoltre che intendeva vendicarsi con Dio, se mai avesse avuto in mente di sommergere di nuovo il mondo; perciò, avrebbe costruito una torre così alta che le acque non l’avrebbero potuta raggiungere, e avrebbe vendicato la distruzione dei loro antenati. La folla fu assai pronta a seguire la decisione [di Nimrod], considerando un atto di codardia il sottomettersi a Dio; e si accinsero a costruire la torre…ed essa sorse con una velocità inaspettata» ~ Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, I, 114, 115, ( iv. 2, 3)

Qui la perdita di ogni concezione del limite e del sacro non conduce ad un ripensamento di sé e del potere umano, ma ad un rafforzamento del potere, che mira ora alle forme più sofisticate di controllo e di sottomissione dell’altro. Non è un caso se il potere oggi più che mai punti al corpo:

«Il controllo della società sugli individui non è condotto solo attraverso la coscienza o l’ideologia, ma anche nel corpo e con il corpo. Per la società capitalistica la biopolitica è la cosa più importante, il biologico, il somatico, il corporeo» ~ M. Foucault, La nascita della medicina sociale

Il fine precipuo di tale potere è il controllo totale sull’uomo da parte dell’uomo: un controllo che vuole il corpo come garanzia di dominio dell’anima altrui. Il controllo dei parametri vitali, degli stimoli percepiti, delle emozioni sperimentate e dei desideri mira, dunque, ad un controllo dell’Io nella sua totalità. Lasciare un simile potere libero di poter estendere il suo dominio implica la totale espropriazione del corpo e, di converso, dell’anima (lì dove si è già perso lo spirito, dacché Dio è stato ucciso). È una duplice schiavitù dalle conseguenze nefaste per l’autentica libertà e dignità dell’uomo.

È pur sempre del potere dell’uomo sull’altro ciò che si descrive qui, sebbene sia ora mediato da un mezzo asettico e soltanto in apparenza neutrale come la tecnologia. L’apparente innocenza della tecnologia inganna i più e rovescia il rapporto di schiavitù, (la schiavitù si pone ora dal basso verso l’alto).

Finché tale radice del potere influenzerà la sfera politica, appare superficiale, se non addirittura illusorio, credere di poter riformare il potere a partire dall’economico, dato che l’economico è soggetto al politico al punto da poterne essere succube. L’ordine economico soggiace a regole gerarchicamente maggiori, indi per cui lo stesso sistema economico può modificarsi in un sistema puramente ricattatorio e oppressivo, “braccio disarmato” del potere, ma “affamatore” ove necessario.

Il sistema economico in tale visione non si pone, dunque, come freno o limite al potere totalizzante dei sistemi biopolitici, ma contribuisce, de facto, alla riproduzione dei rapporti di potere esistenti, sempre più ineguali e squilibrati. Ogni possibilità di modifica radicale del sistema politico può essere impedita dal sistema economico, perpetuando così lo status quo. A ciò si aggiunga che una lunga marcia infernale verso il progresso è il fine dei sistemi biopolitici odierni e futuri.

«Quello che a noi viene presentato come un progresso è, in realtà, una marcia verso il nichilismo, un’avanzata verso il nulla, un movimento verso la distruzione» ~ Michel Onfray, Teoria della dittatura.

Il fine del progresso, difatti, non è il progresso dell’uomo, bensì il consolidarsi del potere dominante, che conduce poi alla sottomissione economica. Un’estensione sempre maggiore del potere biopolitico ne incrementa la sua influenza, mentre acquista sempre più centralità l’ordine economico, che espropria forze vitali e tempo agli uomini incatenandoli al sistema di bramosia generalizzato che il mercato istituisce.

Il capitale, nella fase calante postmoderna dell’uomo, coincidente con l’epoca del potere biopolitico, si salda profondamente al nuovo potere dominante che, non avendo più bisogno del concetto di “umano”, vuole superarlo fino a negarlo. Per schiavizzare meglio ciò che di umano ancora resiste, si intende.

Alessio Canini

(Foto:Torre di Babele, Pieter Bruegel il Vecchio, from Google Art Project., Pubblico dominio)

 

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