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Una chiesa da nulla

il blog di sabino paciolla leonardo lugaresi sabino paciolla Mar 13, 2025

FONTE : Il Blog di Sabino Paciolla

Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog l’articolo scritto dal prof. Leonardo Lugaresi, pubblicato sul suo blog.

Leggo, dapprima con una certa inquietudine, questo «Comunicato di don Mimmo Battaglia a margine della Giornata Internazionale della Donna», riferito a un fatto, accaduto nella città di Napoli, che viene descritto all’inizio del testo. (Qui il riferimento)

La dichiarazione è intitolata: «Libertà di espressione nella verità e nella carità» e comincia così: «In questi giorni, un’immagine utilizzata in una manifestazione pubblica celebrativa della Giornata Internazionale della Donna, ha suscitato turbamento in molti. La rappresentazione della Vergine Maria alla quale è stato sostituito il cuore con una pillola abortiva è stata infatti percepita da tanti come un’offesa alla fede e ai valori più profondi che animano la vita di milioni di persone. Viviamo in una società democratica, in cui la libertà di espressione è un diritto fondamentale e inviolabile. È giusto e doveroso che ciascuno possa manifestare le proprie idee, anche quando queste riguardano temi delicati e divisivi. Tuttavia, ogni diritto porta con sé anche una responsabilità: quella di esprimersi senza ledere la sensibilità degli altri, senza ferire ciò che per molti è sacro, senza trasformare il dibattito in uno scontro che alimenta soltanto divisione e risentimento».

L’estensore è molto chiaro nel definire qual è il punto che gli sta a cuore e che motiva la presa di posizione pubblica: il «turbamento di molti» provocato da un’immagine che «è stata percepita da tanti come un’offesa alla fede e ai valori». Questo, dunque, sarebbe il problema: i nostri sentimenti, le nostre percezioni. In definitiva, ciò che importa siamo noi (o più esattamente “tanti di noi”). Saremmo noi la parte offesa. Questa concentrazione su noi stessi e sui nostri sentimenti (che qualcuno potrebbe anche tacciare di autoreferenzialità!) non deve stupirci troppo perché possiamo annoverarla tra i frutti di quella svolta antropologica di cui buona parte della chiesa contemporanea mena gran vanto: se metti al centro l’uomo (e non Dio), non c’è da meravigliarsi se poi gli uomini, anche gli uomini di chiesa, si concentrano sul proprio ombelico. Comunque, nel loro genere le parole di «don Mimmo» sono belle parole, non c’è che dire; ma che cosa manca? Manca il riconoscimento della oggettiva bestemmia contro la Madonna e contro Gesù. E visto che si parla di «verità» a me pare che questa sia la prima e più importante Verità da dire. Quell’immagine della Madonna che porta nel cuore non il Figlio ma una pillola abortiva è oggettivamente una bestemmia, a prescindere dalle nostre reazioni emotive. C’è il dovere di dirlo, e non per “difendere” la Santa Vergine e Gesù Cristo, che non hanno alcun bisogno di essere difesi da noi (questa è l’ossessione di tutti i fanatici e l’angoscia dei “pelagiani”), ma perché la Verità va detta, a beneficio di tutti («quello che ascoltate all’orecchio gridatelo sui tetti», disse una volta Nostro Signore).

Ma soprattutto manca la Carità. La prima, fondamentale carità è quella verso le poverine che hanno bestemmiato, e che forse non sono neanche colpevoli perché chissà se hanno la “piena avvertenza” e il “deliberato consenso” necessari per fare un peccato mortale, ma di certo nella loro miseria sono bisognosissime di ricevere atti di misericordia spirituale; il primo dei quali è appunto spiegare loro che cos’è una bestemmia e perché quel loro cartello lo è. Chi ci pensa a loro, se anche i cristiani si preoccupano più che altro di proteggere le proprie animucce offese e di evitare gli scontri che «alimenta[no] soltanto divisione e risentimento»? Il male della bestemmia va riconosciuto, denunciato e spiegato, per devozione a Dio e per carità verso chi lo offende, non per altro.

Poi «don Mimmo» passa a trattare l’argomento sottostante, «il tema dell’aborto» che «è complesso e doloroso. Dinanzi ad esso» egli dice, «come Chiesa, avvertiamo il dovere di annunciare il Vangelo della Vita con parole chiare oltre che con gesti concreti di vicinanza a chi è nella difficoltà: non solo accompagnando chi è tentato da questa scelta estrema a contemplare altre possibilità, aiutandola a salvaguardare la vita, ma anche accogliendo e prendendoci cura delle ferite che la scelta dell’aborto lascia in tantissime donne, anche dopo lunghi anni». Anche queste son belle parole, non vi è dubbio, ma che cosa manca perché siano anche «parole chiare», come lui promette? Manca la prima vittima dell’aborto: l’abortito, il figlio che viene ucciso. Se si parla solo delle ferite di chi abortisce e non della morte di chi viene abortito, di nuovo non si dice la verità tutta intera. E ci si accoda, magari senza esserne consapevoli (speriamo), ad una concezione della vita in cui alcuni esseri umani hanno di per se stessi maggior valore e più alta dignità di altri esseri umani (così deboli e marginali da non averne alcuna agli occhi del mondo).

Nella terza parte del breve comunicato, infine, «don Mimmo» indica quello che, nelle presenti circostanze, considera il compito precipuo della chiesa che rappresenta: «Riteniamo anche una missione fondamentale dialogare con coloro che la pensano diversamente da noi, ma nella consapevolezza che la libertà di espressione non può mai diventare un pretesto per il dileggio o per il disprezzo della fede e dei valori altrui. La strada non può essere mai quella della provocazione, ma del dialogo; non quella della contrapposizione sterile, ma dell’incontro sincero, nella verità e nella carità. A tutti, credenti e non credenti, rivolgo una disponibilità: la Chiesa partenopea è disposta sempre ad incontrare e dialogare con tutti, ma l’incontro e il dialogo non si nutrono di ferite e contrapposizioni, ma di ascolto e rispetto. Solo così potremo crescere come società, cercando insieme ciò che è vero, giusto e buono per tutti». Sia reso grazie all’articolo indeterminativo, che gli consente di dire che «dialogare con coloro che la pensano diversamente da noi» è «una missione fondamentale» della chiesa! Se no, avrebbe dovuto scrivere che il dialogo è «missione fondamentale della chiesa», e non si sarebbe capito se ce ne sono altre. Però resta il fatto che lui qui nomina solo quella. Le altre, se ci sono, non vengono neanche prospettate agli “esterni” (come se fossero “cose nostre”, da tenere in sacrestia e non “mettere in piazza”). Al mondo il messaggio che si manda è: “siamo qui per dialogare, e l’essenziale è il galateo, le buone maniere: niente dileggio, per favore”. Lo scopo? Ma è ovvio: «crescere come società, cercando insieme ciò che è vero, giusto e buono per tutti»!

A me invece hanno insegnato che «ciò che è vero, giusto e buono per tutti» non lo dobbiamo cercare perché ci è già venuto incontro nella persona di Gesù Cristo e la missione della Chiesa è cercare di comprendere sempre più profondamente tutta quella Bellezza, Giustizia e Bontà, testimoniarla a ogni uomo e offrire a tutti la possibilità di farne esperienza. La Chiesa esiste unicamente per questo, e questo è ciò che ha per aiutare il mondo. Se fa altro, è una chiesa da nulla, che non serve a nessuno, neanche al mondo che ambirebbe servire.

Post scriptum (“un po’ per celia e un po’ per non morire”). Quanto sopra esposto è il motivo per cui, leggendo il comunicato della «Chiesa di Napoli» – (così sta scritto nell’intestazione della pagina web su cui l’ho trovato: si vede che “Arcidiocesi di Napoli” suonava brutto, e “Chiesa che è a Napoli”, che almeno sarebbe paolino, non ci stava) – ho provato sul momento un certo senso di inquietudine e per così dire di spaesamento, come uno che non si sente a casa propria. Poi mi è passato, quando ho capito che «don Mimmo» parla a nome della «Chiesa partenopea». Ecco perché! Io sono di Cesena e appartengo alla Chiesa Cattolica …

Leonardo Lugaresi

 

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