Umilmente giusti: La Magistratura non persegua improprie finalità di redenzione sociale
Feb 19, 2025
FONTE : Centro Studi Livatino
Pubblichiamo il testo del brillante discorso tenuto dal Procuratore Generale della Corte di Cassazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario, grati per la profondità ed il coraggio delle riflessioni svolte dal dr. Luigi Salvato. Lo facciamo inserendo tale intervento nell’ambito della rubrica sulla deontologia, nella consapevolezza che, prima ancora che discutere di riforme dell’assetto ordinamentale della magistratura, occorre ripartire dalla condivisione del modello stesso di magistrato. Lo facciamo anche per mostrare quanto sia fallace e pericoloso dividere i magistrati in buoni e cattivi a seconda che abbiano o meno l’ardire di spingersi oltre il limite della norma, nel terreno della creazione del diritto. Come se un bravo direttore di orchestra non si dovesse giudicare sulla capacità di dare un’anima allo spartito ma piuttosto sulla sua supponenza di crearne uno nuovo, sostituendosi al compositore ed attribuendosi il compito di fondatori di una nuova etica pubblica.
Signor Presidente, nel renderLe onore anche a nome di tutti i magistrati e del personale della Procura generale, mi permetta di rivolgerLe un sentito ringraziamento per l’attenzione riservata ai temi della giustizia.
Ringrazio e saluto i rappresentanti delle Istituzioni, gli avvocati, i magistrati, il personale, gli ospiti tutti.
Con la Costituzione la giurisdizione ha assunto i caratteri anche di servizio reso in nome del Popolo; finalità dell’odierna cerimonia è dare conto della sua efficienza, negli ultimi anni declinata soprattutto come celere celebrazione dei giudizi. Per i positivi risultati conseguiti rinvio alle statistiche e sottolineo, specie per la giustizia civile, che secondo il rapporto della Commissione europea sullo stato di diritto dello scorso luglio la questione della durata resta «una sfida seria», ma l’Italia «si sta comportando ad un livello molto elevato» («Italy is performing at a very high level»), si è rivelata lo «Stato più efficace nel ridurre l’arretrato» («making it the most effective Member State in reducing backlog»).
Il servizio giustizia consiste nell’applicare la legge all’esito di un giusto processo; il fattore tempo è essenziale, ma non l’unico rilevante per valutarne efficienza e qualità. Per quello reso dalla Procura generale, ricordo che a questa sono attribuite molte funzioni, unificate da uno stesso scopo: cooperare con la Corte di cassazione nell’elaborare principi uniformanti di interpretazione giuridica e per eliminare la sentenza ingiusta. Le funzioni sono state svolte nella consapevolezza di detto scopo e del ruolo di organo di giustizia che deve ‘chiedere il diritto’ alla Corte di cassazione, come anche alla Sezione disciplinare, mediante un’accorta fusione di prudenza e di coraggio, per contribuire alla stabilità degli orientamenti, ma anche per favorire le giuste innovazioni, ciò facendo insieme all’Avvocatura, alla quale ci unisce una comunanza ideale di intento.
Questa finalità è stata perseguita nella funzione decidente in materia di contrasti e nell’attività di orientamento prevista dall’art. 6 del d.lgs. n. 106 del 2006, per contribuire al corretto ed uniforme esercizio dell’azione penale, per evitare ingiustificate disomogeneità e fare fronte alle criticità dovute alle innovazioni normative ed organizzative. Ha ispirato l’azione nei rapporti con Eurojust, essendo altresì il Procuratore generale responsabile del funzionamento del sistema di coordinamento nazionale, e con la Procura europea, occorrendo dare soluzione, tra le altre, alla questione del coordinamento con gli uffici requirenti nazionali.
La rendicontazione è affidata al testo scritto, non è sintetizzabile nell’intervento orale (talora, purtroppo, il solo enfatizzato, con rischio di equivoci), non è semplice per un servizio reso mediante giudizi che incidono sulla vita delle persone, poiché la dovuta attenzione a singole vicende può rendere complicato coglierne il complessivo andamento.
Il testo scritto evidenzia, nel persistere di ragioni di difficoltà, elementi di valutazione positivi, ma vi sono segnali di una crisi di fiducia nella Magistratura, preoccupante perché investe uno dei capisaldi dello Stato costituzionale di diritto. La fiducia non va confusa con il consenso sul merito dei provvedimenti. Il consenso è la fonte di legittimazione delle funzioni politiche, non del potere giudiziario, che si radica nella legalità, nell’autorevolezza nello stabilire la verità giudiziaria, attestata dalla motivazione dei provvedimenti che, all’esito di un giusto processo, danno applicazione alla legge.
Compito del giudice, è scritto nell’Apologia di Socrate, non è «dispensare graziosamente i diritti, ma […] giudicare di quelli», «sentenziare secondo le leggi». Cosa ciò voglia esattamente dire è questione rimasta irrisolta, oggi complessa come mai. La Costituzione ha fissato un equilibrio tra i poteri, ha assicurato autonomia e indipendenza della Magistratura, ma ha garantito che non sia avulsa dall’ordinamento generale dello Stato, ribadendo, nell’art. 101, il primato della legge. Il potere giudiziario, come gli altri pubblici poteri, è fondato sulla sovranità popolare, di questa è espressione la legge ed il suo esercizio è quindi ad essa sottoposto.
Negli ultimi decenni sono maturati significativi cambiamenti. La Costituzione ha stabilito limiti che si impongono anche al Legislatore ordinario, più stringenti con l’apertura del nostro ordinamento alle fonti sovranazionali ed internazionali, che hanno prefigurato nuovi diritti. Sono emersi nuovi bisogni, le innovazioni tecnologiche hanno modificato le caratteristiche della società, ponendo sfide alle quali un’endemica lentezza legislativa non sempre ha dato risposte. In questo nuovo scenario sono rimaste all’apparenza inalterate le forme della giurisdizione. Un diritto delocalizzato quanto alle fonti, la prevalenza dei valori e dei principi sulle regole, la sostituzione alla certezza della prevedibilità hanno enfatizzato l’agilità della giurisdizione, che è sembrata assumere un volto nuovo, anche per la tensione a far prevalere Dike su Nomos nel convincimento, non solo interno alla Magistratura, che il giudice debba fare di tutto per dare la soluzione più ‘giusta’, anche forzando le fonti.
La fiducia si recupera realizzando l’equilibrio fissato dalla Costituzione, che esige un forte impegno della Magistratura. La centralità della giurisdizione è stata scambiata in qualche caso con l’avvento di una nuova etica pubblica e forse, purtroppo, qualche magistrato lo ha creduto, giungendo talora a forzare il principio di legalità, anche sulla scorta del consenso, con il rischio di una sorta di populismo giudiziario. La Magistratura deve dimostrarsi consapevole dell’essenzialità del proprio ruolo con umiltà, senza improprie finalità di redenzione sociale. La nozione di legge posta dall’art. 101 della Costituzione ha assunto un nuovo significato, ma di questa ne è stato confermato il primato. La scelta insita nell’interpretazione presuppone un quadro di diritto positivo che va letto nel miglior modo possibile, ma che preesiste alla decisione, non ha efficacia creativa. La Magistratura è sentinella anche del rispetto dei limiti che si impongono al Legislatore ordinario, presidiati infine dalla Corte costituzionale. Il sapere giuridico è requisito indispensabile, ma non sufficiente per l’esercizio della giurisdizione. Occorre il rispetto delle massime deontologiche che si impongono a chi esercita un potere terribile, il rigore dei comportamenti, più severo che per qualunque altro titolare di pubbliche funzioni, l’etica del dubbio, la disponibilità all’ascolto, il dovere di ragionevole mantenimento della soluzione ragionevolmente conseguita.
La fiducia non si recupera senza l’opera del Parlamento, al quale spetta attuare i diritti costituzionalmente garantiti, dare tempestive risposte ai bisogni della società, nei confini fissati dalla Carta, mediante leggi ragionevoli, chiare ed inequivoche e perciò vincolanti nei confronti della Magistratura. L’equilibrio fissato dalla Costituzione impone che i poteri si riconoscano reciprocamente, senza infingimenti legati al contingente, con uno sguardo lungo sul bene delle Istituzioni, senza denunciarne la contraffazione quando inesistente, senza indirette rivalse che sgretolino l’indipendenza della giurisdizione; mai può giovare all’equilibrio tra poteri una Magistratura inutilmente sfregiata, agli occhi dei cittadini, dell’indispensabile autorevolezza della giurisdizione.
Per recuperare la fiducia, occorre che i cittadini siano consapevoli che al diritto penale spetta sanzionare i fenomeni devianti, che vanno anzitutto prevenuti, con il concorso di tutti, ricollocando al centro accanto ai diritti i doveri, facendo prevalere la solidarietà sull’egoismo. Lo Stato siamo noi, chiediamoci cosa dare, non solo cosa ottenere. Il contrasto delle discriminazioni di genere e della violenza sulle donne, la sicurezza sul lavoro, la tutela dell’ambiente non possono essere affidati soltanto ad accorte politiche legislative e ad un’adeguata azione della Magistratura, che pure vi sono state, ma esigono condivisione dei valori costituzionali da parte di tutti. Per scongiurare i rischi del processo mediatico non bastano le leggi. Deve maturare la collettiva consapevolezza che la libera manifestazione del pensiero, anche attraverso i nuovi media, da esercitare nei confini stabiliti dalla Costituzione, non va confusa con l’informazione professionale; entrambe non possono surrogare il giusto processo di legge. Solo attraverso questo, nella dialettica tra magistrati ed avvocati, garanzia delle nostre libertà, va stabilita la verità giudiziaria, evitando scorciatoie, oggi anche le sirene dell’Intelligenza artificiale che con la seduzione della velocità, della comodità, se non governata, può sconvolgere le basi della civile ed umana convivenza.
Per recuperare la fiducia, l’azione della Magistratura deve essere guidata da rigorose regole deontologiche, distinte da quelle disciplinari. Queste ultime stabiliscono, in attuazione del principio di tipicità, le condotte devianti che, per una scelta riservata al Legislatore, sono sanzionate disciplinarmente, con effetti soltanto sul rapporto di impiego. Il relativo procedimento non è strumento di garanzia dell’esattezza delle decisioni e di rivalutazione delle stesse. La giustizia disciplinare, affidata alle iniziative del Ministro della giustizia e del Procuratore generale, esercitate nel quadro di una leale collaborazione, con talune diversità di vedute proprie di una fisiologica dialettica, anche lo scorso anno è stata rigorosa. Lo evidenzia il testo scritto, purché i dati siano valutati, come necessario, comparandoli con quelli della giustizia disciplinare delle altre Magistrature, anche dei Paesi a noi più vicini, con oggettività, senza pregiudizi, fermo che deontologia e professionalità non sono, non possono essere affidate alla sola giustizia disciplinare.
Recuperare la fiducia è necessario per giovarsi della grandezza del diritto che, ha scritto Hannah Arendt, è tale perché «ci costringe tutti a focalizzare la nostra attenzione sull’individuo, sulla persona, anche nell’epoca della società di massa, un’epoca in cui tutti si considerano più o meno come ingranaggi di una grande macchina – sia questa la macchina ben oliata di qualche gigantesco apparato burocratico, sociale, politico o professionale, o la macchina caotica e rattoppata delle semplici circostanze fortuite in cui sono intrappolate le nostre vite».
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