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Trump, ci riprovano

il blog di sabino paciolla mattia spanò Jul 25, 2024

di Mattia Spanò

Le notizie alle quali prestare attenzione sono due. La prima, è la notizia del ritiro di Joe Biden dalla corsa alla Casa Bianca. Apprendiamo che questa circostanza ha fatto considerare al presidente l’abbandono della competizione elettorale a vantaggio della sua vice, Kamala Harris. Il passo indietro di Biden si perfeziona con una lettera pubblicata su X intorno alle 19.45 italiane di domenica 21 luglio.

Per una sorta di bizzarro galateo, da Clinton che appoggiò Gore passando per Obama che appoggiò Biden, sembra che sponsorizzare il proprio vice sia un clichè: in realtà dovrebbe essere il congresso del partito a stabilire quali candidati proporre. Questa sommessa usanza tribale ha sedimentato la dinastizzazione del potere U.S.A.: dai Kennedy ai Bush, dai Clinton ai Biden anche se con strategie diverse. Nostalgia della monarchia britannica dalla quale si sono liberati?

Non vorrei limitarmi alla battuta, perché la questione è seria. Come vediamo in queste ore in cui la mediocre Ursula Von der Leyen è stata riconfermata da candidata unica – fatterello ignorato da tutti, tranne che dal sempre attento Maurizio Blondet – alla guida della Commissione UE, gli attuali assetti occidentali avvertono tutto il peso e i limiti della democrazia. Per usare un eufemismo.

La borghesia compradora, speculatrice e parassitaria riscopre il valore e il respiro delle monarchie secolari o addirittura millenarie, le quali con tutti i loro limiti garantiscono la continuità indispensabile alla realizzazione dei loro progetti egemonici. Restringendo l’orizzonte, garantiscono ai guitti in commedia sia il mantenimento di laute prebende – speech di Clinton e Obama pagati milioni: fosse nato oggi, Demostene sarebbe l’uomo più ricco della storia umana – e soprattutto il mantenimento dell’immunità, leggasi impunibilità, per loro più sacra dell’ossigeno.

L’altra pratica caratteristica delle monarchie ereditarie è l’esecuzione più o meno pubblica del rivale alla successione, o più prosaicamente di coloro che minacciano il regnante.

Il che ci porta dritti dritti alla seconda notizia: il presunto complotto, scoperto dalla join-venture Cia-Mossad, per assassinare Trump ordito dall’Iran. Guarda caso la stessa premiata ditta dietro il barbaro assassinio del generale iraniano Soleimani. Questa capacità di addossare alle vittime le colpe delle proprie malefatte, complice un sistema mediatico anencefalico, è quasi comica.

Fallito l’attentato di Butler, è possibile che il Deep State stia dissodando il terreno preparando un secondo attentato a Trump, magari questa volta usando dell’esplosivo – più in linea sia con le usanze mediorientali, sia col fatto che Soleimani è stato ucciso con un bombardamento mirato sul suo corteo. Oltretutto, ottenendo l’apprezzabile risultato di aprire un nuovo fronte di guerra “storico”: quello con l’Iran.

Una cosa, infatti, dev’essere chiara in questo turbine guerrafondaio: il sistema ha bisogno, per sopravvivere, di un conflitto “vero”, alla pari, con una superpotenza nemica. Le guerre passate sono state sì terribili ma, con l’eccezione del tragico fallimento in Vietnam, hanno coinvolto paesi molto più piccoli e più deboli. Questo giochino ha diversi limiti, soprattutto è invecchiato male.

La questione va molto oltre la demonizzazione di Trump, e l’eventuale rogo della strega rappresentato dalla sua morte violenta. Serve un casus belli che legittimi sul piano spirituale questo scontro vitale per l’Occidente moribondo. Il plesso euro-americano deve tassativamente vincere l’ultima delle battaglie contro un avversario degno, anzi la propria nemesi. Che si chiami Russia, Cina o Iran è secondario. Allo scopo, non c’è nulla di meglio che l’assassinio della propria nemesi interna, che consentirebbe di ricucire una società, quella americana, profondamente lacerata e sull’orlo di una seconda guerra civile americana.

Trump deve morire, ma forse Dio ha altri progetti.

FONTE : Il Blog di Sabino Paciolla

 

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