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Testimone della Speranza, venticinque anni dopo

catholic world report george weigel il blog di sabino paciolla sabino paciolla san giovanni paolo ii Sep 07, 2024

di Sabino Paciolla

Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog l’articolo scritto da George Weigel, pubblicato su Catholic World Report. Ecco l’articolo nella traduzione da me curata. 

Un quarto di secolo fa mi tremavano le mani mentre trasportavo la pesante scatola dalla porta d’ingresso della nostra casa al mio studio. Dentro c’erano le copie d’autore di Testimone della Speranza, il primo volume della mia biografia di Papa Giovanni Paolo II, e la mia mente correva: Gli editori hanno notato le ultime correzioni che ho inviato? L’errore di numerazione delle note in un capitolo è stato risolto? Ci sono errori di battitura che hanno creato confusione?


Nel tentativo di aprire la scatola senza incidere le bellissime copertine di un’opera che aveva assorbito tre anni della mia vita, mi è venuto in mente un pensiero di gratitudine: molto di ciò che era accaduto negli ultimi quarantotto anni era stato una preparazione per questo momento. Così, dopo una preghiera di ringraziamento che mi calmò i nervi, riuscii ad aprire la scatola senza danneggiare il contenuto.

Ed eccolo lì. Con il sostegno della mia famiglia, dei miei colleghi del Centro di Etica e Politica Pubblica, di una serie di nuovi amici incontrati a Roma, in Polonia e altrove, e di una superba squadra editoriale di HarperCollins, avevo mantenuto la promessa fatta a Giovanni Paolo II nel 1996: avrei finito la sua biografia in tempo per il Grande Giubileo del 2000.
Quella sera ho bevuto un Martini Beefeater molto secco.

Restava ora da consegnare il libro al suo soggetto. Il che divenne un’altra avventura, coronata da un momento indimenticabile.

Il vescovo Stanislaw Ryłko, un cracoviano in servizio come segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, mi era stato di immenso aiuto nell’attraversare gli scogli e le secche del Vaticano mentre preparavo Testimone della Speranza. Fu Ryłko a chiamarmi a Roma il 23 settembre 1999, dicendomi che lui e io avremmo cenato con Giovanni Paolo II a Castel Gandolfo la sera seguente alle 19.30, quando avrei potuto consegnare al Papa il libro.

Il buon vescovo e io lasciammo l’ufficio di Ryłko a Palazzo San Callisto alle 18 in punto. Ahimè, il traffico sulla Via Appia verso i Castelli Romani procedeva a passo di lumaca, sollevando l’imbarazzante possibilità di arrivare in ritardo alla tavola papale. Ma mentre attraversavamo l’ingresso posteriore della proprietà papale e superavamo le graziose mucche papali (che vivevano in tranquillità con diverse decine di galline papali), un poliziotto vaticano ci ha fermato mentre un’altra auto sfrecciava sulla strada per la villa papale: era Giovanni Paolo II, di ritorno da una nuotata serale nella piscina che aveva fatto costruire. (Alcuni dei tradizionali gestori dei papi avevano discusso sul suo costo; Giovanni Paolo rispose che doveva fare un po’ di esercizio fisico e che una piscina costava meno di un altro conclave).

Avevo con me tre copie di Testimone della Speranza in una valigetta, una per il Papa e le altre per i suoi segretari. Ma quando mi sono seduto a tavola, dopo la tipica rapida preghiera in latino di Giovanni Paolo prima dei pasti, mi è venuta in mente una domanda non ancora meditata: Che cosa dice un biografo al suo soggetto quando gli dà, per così dire, la vita? Non essendoci una soluzione elegante a questo dilemma, ho girato intorno al tavolo, ho dato il libro al Papa, ho detto qualcosa di anodino, come “Beh, eccolo qui”, e poi ho offerto delle copie al vescovo Stanisław Dziwisz e a Mons. Mieczysław Mokrzycki. Vorrei raccontare che ne seguì un’intensa conversazione, ma tutti si rivolsero immediatamente alla sezione fotografica del libro, e ci furono molti battibecchi sulle foto del vescovo Dziwisz, ormai calvo, con una testa piena di capelli ricci.

Lasciando la sala da pranzo alla fine del pasto, abbiamo attraversato la cappella della villa, per le cui pareti laterali Papa Pio XI (rappresentante della Santa Sede in Polonia nella sua vita pre-papale) aveva commissionato affreschi di due drammi polacchi: la difesa del monastero della Madonna Nera di Jasna Góra contro l’invasione svedese del 1655 e la difesa di Varsavia contro l’Armata Rossa di Trotsky nel 1920. Prima di sistemarsi nel suo prie-dieu per la preghiera, Giovanni Paolo II mi attirò in un abbraccio che durò almeno un minuto e mezzo. Non ci siamo parlati, ma ho sentito il vescovo Dziwisz dire a bassa voce al vescovo Ryłko: “Un grande lavoro”, al quale Ryłko ha risposto: “Un lavoro d’amore”.

A distanza di un quarto di secolo, il ricordo di quell’abbraccio silenzioso rimane. Così come la mia gratitudine per il fatto che Testimone della Speranza continui a rafforzare la fede dei cattolici e a condurre i cercatori a Cristo e alla sua Chiesa.

George Weigel

FONTE : Il Blog di Sabino Paciolla

 

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