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Spagna, stop del tribunale a padre che cerca di salvare la figlia dall’eutanasia

il timone paola belletti Mar 20, 2025

di Paola Belletti

Difficilmente un padre si arrende davanti alla possibilità anche remota di salvare la vita di un figlio, se ne frega di urbanità e neo diritti spiegati in punta di fioretto. Sa che il figlio, in questo caso la figlia, soffre e che il suo vedere nella morte un sollievo è addirittura conferma dello stato di grave sofferenza in cui versa e resta deciso ad aiutarla, persino contro l’attuale – lui dice alterata- volontà della giovane. È quanto sta accadendo in Catalogna e a scontrarsi sono un padre, sostenuto dagli Abogados Cristianos, e il tribunale che assicura sia tutto regolare e si debba dare seguito alle volontà chiaramente manifestate dalla ventiquattrenne da due anni paraplegica. Come riporta ndtv il tribunale di Barcellona ha respinto l’appello del padre che chiedeva di sospendere la procedura di eutanasia richiesta dalla figlia. La lunga battaglia legale, che è il campo di scontro sul quale è stato trascinato l’amore lucido e protettivo di un papà per sua figlia, aveva già ottenuto di rimandare l’esecuzione del protocollo di morte assistita che sarebbe dovuta avvenire ad agosto scorso- e l’ambiguità del termine esecuzione è quanto mai opportuna.

La commissione per l’eutanasia, un organo previsto dalla legge spagnola entrata in vigore a marzo del 2021, aveva infatti approvato la richiesta della donna. «Il processo è stato sospeso all’ultimo minuto dopo che il padre ha presentato un’obiezione legale con il sostegno del gruppo conservatore Abogados Cristianos (“Avvocati cristiani”)». La tesi del padre poggiava sulla convinzione che la giovane soffrisse di disturbi mentali che “potevano influenzare la sua capacità di prendere una decisione libera e consapevole”, come richiesto dalla legge. Un argomento che è tristemente confermato dallo stato in cui si trova la figlia divenuta paraplegica proprio a causa di un tentato suicidio che aveva messo in atto gettandosi dal quinto piano di un edificio. Non siamo tutti più sensibilizzati sul tema salute mentale, capaci di superarne lo stigma sociale in stile XX secolo, in grado di cogliere segnali di rischio suicidario e magari di intervenire per cercare di scongiurarlo?

In che rapporto stanno il diritto alla cura e questa estensione forzosa della libertà personale chiamata autodeterminazione se gli stessi Stati permettono, normano e finanziano le procedure di morte su richiesta di chi si trova nella disperazione? A seguire la ratio di questa e simili leggi, sarebbe stato meglio per la donna riuscire nel suo intento, con il classico (ma così volgare) suicidio fai da te. Non era evidente, allora, la sua volontà di porre fine alla propria vita, sebbene integra nel corpo? No, ora secondo il giudice non v’è dubbio alcuno e le condizioni sono tutte rispettate: la sofferenza è intensa, lo stato di disabilità causato dalla caduta è irreversibile, la giovane si è espressa chiaramente, che possa morire in tragica compostezza, con la dovuta assistenza.

La vicenda non è ancora conclusa: «Gli avvocati cristiani hanno dichiarato che faranno ricorso contro la sentenza, sostenendo che vi sono “irregolarità” commesse da chi ha autorizzato l’eutanasia, che causerebbero “la nullità dell’intera procedura”. Il gruppo di attivisti Right to Die with Dignity ha celebrato una decisione che, ha affermato, “riafferma l’importanza di rispettare la volontà e l’indipendenza delle persone nella fase finale della loro vita, senza indebite interferenze”». “Eutanasia” nasce come termine che descrive una buona e bella morte e inizialmente la bontà del trapasso era in stretta correlazione con il destino ultraterreno, con la vita eterna oltre quella terrena, poteva essere sinonimo di morte in stato di Grazia.

Ora che la parola è entrata di prepotenza nel linguaggio comune per tutt’altre vie, non fa che rispecchiare una visione dell’esistenza totalmente nichilista per la quale ha perfettamente senso togliere il dolore togliendo la vita (e il disturbo di persone che non producono ma sono di peso). Questo perché della vita si è persa la percezione condivisa che sia un bene supremo, indisponibile persino al destinatario, pegno e promessa di un compimento che può dare senso anche alla sofferenza più intensa.

Un orizzonte di significati, questo, che il pensiero progressista estremo ci sta facendo barattare con questioni di una tristezza abissale: la copertura finanziaria, il rispetto delle procedure e la garanzia della privacy. Così si conclude la parte introduttiva del testo della “ley organica” 3/2021: «La legge specifica che l’aiuto a morire sarà interamente coperto dal sistema sanitario nazionale e l’accesso alla procedura dovrà essere garantito a tutti, nel rispetto della privacy e della riservatezza; consente, infine, ai medici l’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza, specificando che questo non dovrà mai pregiudicare l’accesso e la qualità dell’assistenza». Resta l’intensa impressione di un tragico déjavu: tutte cose già viste con le leggi su aborto e divorzio. Siccome la burocrazia non piace a nessuno, alla fine si farà un po’ come viene, e sarà thana(tos) libera tutti. (Foto: Imagoeconomica)

FONTE : IL TIMONE

 

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