Sfila il dramma delle vittime Covid, processo alla vigile attesa
Oct 10, 2024di Andrea Zambrano
In Commissione Covid e sotto gli occhi di Conte hanno parlato i comitati delle vittime: famigliari di pazienti curati tardi e male per colpa del protocollo Paracetamolo e Vigile attesa, principale accusato sul banco degli imputati. Il ricordo di De Donno: «Il plasma avrebbe salvato 200mila persone».
Quella di ieri in Commissione Covid è stata la giornata delle vittime del covid. Nel corso delle due audizioni che si sono svolte a Palazzo San Macuto hanno potuto parlare i rappresentanti di diversi comitati di parenti di vittime del Covid. A cominciare dal Comitato Nazionale famigliari vittime Covid e poi il Comitato vittime Covid Moscati di Taranto, il Comitato L'Altra verità e nel corso della sessione serale hanno infine preso la parola i delegati dell’associazione Sereni e sempre uniti, l’Associazione italiana vittime Covid (A.I.Vi.C) e il sindacato Anaao Assomed.
È stata una seduta emotivamente coinvolgente, a tratti drammatica, nel corso della quale gli auditi hanno più volte ceduto alle lacrime nel ricordare la morte in ospedale dei propri cari.
Sabrina Gualini, presidente del Comitato nazionale familiari vittime Covid ha preso la parola dopo l’introduzione del presidente della Bicamerale Marco Lisei (FdI) per illustrare il dramma vissuto dai membri del Comitato: «Il nostro comitato racconta una realtà vissuta, lontana anni luce da quello consigliato dal comitato nazionale di bioetica che raccomandava una umanizzazione del malato – ha spiegato Gualini, che durante la pandemia ha perso il padre -. Non facciamo di tutt’erba un fascio, ma abbiamo chat tra i nostri parenti ricoverati e chi era a casa che hanno del surreale: pazienti lasciati nella precarietà di strutture e di assistenza, che scrivevano “non lasciarmi morire, non posso neanche suonare il campanello per chiedere aiuto”». Un racconto teso a presentare una realtà ben diversa da quella che la narrazione dominante ci consegnava durante la prima e la seconda ondata pandemica: «Ci chiediamo a che cosa sia servito l’incremento tariffario sulle degenze se poi i diritti del malato non sono stati rispettati per carenza di personale medico».
Ma il focus dell’intervento, come di tutti gli altri, è stato proprio sulle mancate cure domiciliari, che hanno costretto i pazienti a presentarsi in ospedale quando purtroppo per loro era troppo tardi. «Le Usca dovevano servire ad alleggerire il medico di famiglia, che ha cessato di colpo di essere il medico di famiglia perché il consiglio che gli veniva dato era quello di non fare visita ai pazienti».
E poi il grande “imputato” sul banco degli accusati: l’ormai tristemente noto protocollo “Paracetamolo e vigile attesa”. «Perché è stata ostracizzata la terapia al plasma iperimmune, che a Mantova (coi professori De Donno e Franchini) e a Pavia (col primario del San Matteo, Perotti, che la Bussola intervistò nel maggio 2020) stava dando dei risultati eccellenti in termini di guarigione? In tanti si sono visti negare questa terapia, che veniva derisa e non veniva proposta. Eppure - notizia dell’agosto 2024 – è stato dimostrato che un largo uso del plasma iperimmune avrebbe evitato 200mila ospedalizzazioni». A questo proposito, il comitato ha chiesto alla Commissione di portare in audizione «il professor Massimo Franchini, direttore dell’immunoematologia del Carlo Poma di Mantova (e collega dello scomparso professor De Donno ndr.) che potrà ben documentare quanto sia importante il plasma iperimmune nella cura del Covid. Invece i nostri cari – prosegue la donna con la voce rotta dal pianto - è stato precluso l’uso del plasma iperimmune, ma anche gli anticorpi monoclonali. In tutte le cartelle cliniche che possiamo documentare si è fatto uso di Midazolam (un sedativo ndr) e morfina». Oggi le storie dei famigliari delle vittime Covid sono raccolte nel libro “Volevo solo tornare a casa”, che vede la prefazione anche di monsignor Giovanni d’Ercole, citato anch’egli durante l’audizione e che ha pagato con l’ostracismo la sua contrarietà all’atteggiamento fideistico della Chiesa di fronte ai tanto contestati Dpcm di Giuseppe Conte.
E proprio l’ex premier, presente tra le polemiche tra i commissari della bicamerale, è intervenuto alla fine dei racconti delle vittime per esprimere solidarietà ai parenti delle vittime. Ciononostante, ha respinto alcune affermazioni «del tutto opinabili come il fatto che sia responsabile la Chiesa» ed è intervenuto per difendere i sanitari degli ospedali, accusati durante l’audizione di trascorrere il tempo facendo balletti nei reparti: «Ricordo che da quando è iniziato il Covid, oltre 100mila medici sono stati contagiati e alcuni sono anche morti per cercare di curare anche i suoi famigliari», ha risposto a Elisabetta Stellabotte del Comitato L’Altra verità. Conte, vestiti i panni dell'avvocato del popolo, ha poi battibeccato con Consuelo Locati, portavoce dell'associazione Sereni e sempre uniti che rappresenta le vittime covid della Val Seriana in provincia di Bergamo, sull'affermazione che la zona rossa non venne istituita per ragioni economiche e commerciali. Una frase che ha provocato l'indignazione dell'ex premier, ricevendo poi il rimbrotto del presidente Lisei perché in quanto commissario non è tenuto a commentare ogni dichiarazione fatta dagli auditi, ma solo registrare e fare domande.
Tornando al libro: in esso si possono trovare anche richieste concrete come il riconoscimento dello stato di Vittime da covid per i famigliari deceduti.
All’intervento della presidente Gualini ha fatto seguito una domanda del senatore Claudio Borghi della Lega che ha chiesto di raccontare alcune storie di morti in corsia a causa delle cure tardive: «Ci è stato vietato di indossare la doppia tuta – ha replicato -, non abbiamo neppure potuto vestire i nostri cari che sono stati messi in sacchi numerati».
Successivamente ha preso la parola Eleonora Coletta, avvocato, vicepresidente del Comitato nazionale vittime Covid, ma anche presidente del Comitato vittime Covid Moscati di Taranto.
Anche per lei si è trattato di un’audizione segnata dall’emozione e dalla commozione nel rammentare la morte del marito Dario di 56 anni e del padre settantaquattrenne, ma classificato nella cartella clinica di 84 anni. «Mio padre mi scriveva: “Aiutami, non viene nessuno”. Infatti, nel suo caso non è mai stata fatta una Tac non sono state somministrate terapie, hanno rifiutato di fargli il plasma. Invece mio marito, da cartella clinica, veniva definito “non in grado di attendere agli atti quotidiani”, ma era falso. Per tutte e due le loro morti si è trattato di morti non per Covid, ma per mancata assistenza e terapie: quando chiamavo per sapere che terapie facevano mi dicevano che mio padre era vecchio e non potevano fare più nulla, ma aveva appena 74 anni e andava in palestra tre volte alla settimana».
Storie comuni a tanti altri i cui nomi ieri sono finalmente risuonati in un organismo parlamentare dopo anni di oblio e censure. «I miei cari sono morti a marzo 2021, la gente ha continuato a morire nel silenzio, ma le cure c’erano. Mio fratello si offrì per donare il sangue, ma gli venne risposto dai medici che “loro non credevano al plasma”. E quindi credevano alla Vigile attesa?».
Sono sfilate così le storie di pazienti arrivati in ospedale troppo tardi «abbandonati per giorni, scoperti morti dopo due giorni, ragazzi infettati nel cuore degli anni, donne entrate in buone condizioni in ospedale e lasciate morire perché era stato conculcato che per il Covid non c’era cura e che l’unica soluzione era andare in ospedale. Ma con quale criterio si è stabilito che si dovesse puntare sugli ospedali? Lo chiedo a Speranza e a Conte, che è seduto qui vicino a me».
C’è stato spazio – ma su questo la Commissione tornerà nelle prossime sedute – per parlare dei medici che ostinatamente hanno curato a domicilio, sfidando il protocollo Tachipirina e vigile attesa e ne hanno pagato le conseguenze: «Perché i medici che curavano sono stati derisi, bannati e in alcuni casi anche radiati? Questa contraddizione deve trovare una risposta, noi siamo stati abbandonati dalla sanità, nessuno ha chiesto scusa. I medici legali del nostro comitato hanno analizzato tante cartelle cliniche e gli errori sono sempre gli stessi: nessuna terapia, nessuna umanità».
Il deputato leghista Alberto Bagnai le chiede se ha notato un cambiamento dopo l’aggiornamento del protocollo Tachipirina e vigile attesa che dal 26 aprile 2021 prevedeva nella sua versione aggiornata anche l’utilizzo dei FANS, che si sono dimostrati una chiave vincente per affrontare il Covid precocemente: «No, anche chi si è ammalto successivamente ha ricevuto la stessa indicazione di sempre: paracetamolo e vigile attesa», la risposta che è perfettamente in linea con quanto documentato dalla Bussola in questi anni (leggi QUI il dossier Covid at home).
FONTE : La Nuova Bussola Quotidiana
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