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San Giuseppe, un vero modello per l’uomo oggi sotto attacco

giuliano guzzo il timone Mar 11, 2025

di Giuliano Guzzo

C’è un solo modo, per l’uomo messo oggi sotto processo dalla cultura dominante – quella che fa della lotta al patriarcato il suo mantra -, per uscire dall’angolo: è quello di scegliersi un modello. Non c’è infatti, per lui – per noi -, avvocato migliore di chi possa con il proprio esempio tracciare una strada, incarnando azioni e atteggiamenti in grado di scacciare la nube di stereotipi che si addensa sul maschio, bianco, etero e cattolico. Che si trova culturalmente nel mirino per ragioni essenzialmente anticristiane. E proprio questo, a ben vedere, porta dritti sulle tracce di colui che, avendo dato esemplare protezione a suo tempo a Gesù – il vero imputato -, e a Sua Madre, ha senza dubbio dato prova di saperci fare, incarnando una virilità degna di questo nome e, appunto, d’esser presa a modello. Stiamo naturalmente parlando di san Giuseppe.

Si tratta di una figura spesso poco considerata e non sempre per ragioni di pregiudizio. Il padre putativo di Gesù ha infatti un che di misterioso. In tutto il Vangelo non parla mai.  Proprio così: non dice una parola. Certo, si può ribatte re che neppure le parole di Maria siano poi molte, dato che nei Vangeli solo in sedici versetti la si sente parlare in modo esplicito, per un totale di appena 154 parole greche (compresi gli articoli, i pronomi, le particelle), delle quali ben 102 occupate dall’inno del Magnificat. Però il caso di Giuseppe è diverso. Lui è davvero nella penombra, dato che non ci viene riferito alcunché di quanto abbia detto, non una sillaba, nulla di nulla.

Ciò nonostante, egli può essere ritenuto un esempio, anzi per gli uomini l’esempio. Per quale motivo? Semplice: per ciò che ha fatto. Come si accennava poc’anzi, ha saputo mettere in salvo la sua famiglia, crescendo peraltro un figlio eccezionale. In questo senso, non è azzardato affermare che certamente nel carattere e nel temperamento di Gesù si scorge il riflesso di qualcosa, anzi, di più di qualcosa, di san Giuseppe. Che proprio per il suo modo di fare, in totale compensazione al suo evangelico non parlare, è patrono dei lavoratori. Ha ben colto questo profilo del falegname più famoso di tutti i tempi Roberto Marchesini, psicologo, psicoterapeuta e scrittore, che ne ha così condensato un efficace identikit:

«San Giuseppe è noto per alcune caratteristiche che lo rendono un archetipo di uomo e di padre. Innanzitutto, san Giuseppe… tace. Come ogni uomo tradizionale che si rispetti e a scorno delle femministe, che vorrebbero gli uomini ciarlieri e piagnucolanti, san Giuseppe, in tutto il Vangelo, non pronuncia una sola parola. Però agisce: caspita, se agisce. Avvertito in sogno che la sua famiglia era in pericolo, fa i bagagli ed emigra in Egitto. Già, perché un padre accudisce e protegge, esattamente come fa Giuseppe. Ed è suo l’incarico di sostentare la famiglia («Col sudore della fronte», impone Dio all’uomo, «ti guadagnerai il pane»). Infatti san Giuseppe è un lavoratore».

Oltre che laborioso e protettivo, il padre putativo di Gesù doveva essere estremamente saggio e più maturo della sua età. Ciò spiega anche il fatto che egli venga e sia venuto spesso raffigurato, rispetto a Maria, come particolarmente avanti negli anni, quasi anziano, quando invece probabilmente tale non era, anzi. Molti studiosi e storici biblici pensano che quando Gesù venne al mondo Maria doveva avere circa se dici anni e Giuseppe diciotto, dato che «questa era la norma per i novelli sposi ebrei dell’epoca». Dunque l’età avanzata con cui è tradizionalmente ritratto lo sposo di Maria – derivante dal racconto apocrifo del Protovangelo di Giacomo e utile pure a esaltare la perpetua verginità mariana -, può davvero essere anche un modo per esaltarne la saggezza.

Una sottolineatura in più, poi, merita il richiamato impegno di concreta ed efficace protezione che san Giuseppe riserva sia alla sua sposa, sia a Gesù, nell’ambito di una narrazione evangelica nel quale egli, si diceva, non proferisce parola. Da capofamiglia – peraltro pure di stirpe reale, essendo discendente del re Davide -, il falegname di Nazareth si atteggia dunque a suo primo servitore. Tutto ciò accentua ancora di più l’eccezionalità di questo padre e marito che avrebbe potuto benissimo assumere ben altro atteggiamento, dato che, «come ogni ebreo capofamiglia, Giuseppe non è soltanto il capo indiscusso e l’amministratore della casa, ma anche il “padrone” della moglie e dei figli. Inoltre, è il diretto rap presentante di Dio; il sacerdote domestico». La trascurata figura del falegname di Nazareth può essere considerata pionieristica nel superamento dell’onnipotente pater familias dell’antichità.

Tutto questo vale non solo verso Gesù ma anche verso Maria, che – ascoltando, secondo i Vangeli, l’Angelo inviato a lui da Dio – decide di non ripudiare dopo averla scoperta in cinta di un figlio biologicamente non suo. Giuseppe matura questa scelta, attenzione, dopo comunque aver immaginato di provare a ripudiare Maria in segreto, senza cioè pubblicizzarlo troppo, evitando così ogni umiliazione della sua sposa all’insegna d’una giustizia il più equa possibile. A dispetto di quella che sarebbe stata, per i canoni del tempo, una decisione comunque legittima e giusta, Giuseppe ascolta Dio e opta, dimostrando tutta la sua grandezza, per la decisione più giusta e amorevole per la sua sposa, non ripudiandola e decidendo di tenerla con sé, proteggendola. La sana virilità e la devozione incarnate esemplarmente da questo sposo sono qualcosa di oggettivamente enorme; eppure la sua condotta – altra caratteristica di Giuseppe – si compie con assoluta discrezione, avvolta nella penombra che è a sua volta prova della statura di quest’uomo che alle parole preferisce i fatti (Foto: screenshot, Gesù di Nazareth, La Brezza di Elia, YouTube)

FONTE : IL TIMONE

 

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