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PRESENTARE LE CREDENZIALI: DAVVERO CI QUALIFICA?

occhi aperti! Oct 04, 2024

Cari amici della Brigata, iniziamo oggi la pubblicazione degli articoli che gentilmente ci vengono proposti da Occhi Aperti ! (pseudonimo di una persona realmente esistente).

di Occhi Aperti!

Un giovedì di parecchie settimane fa, durante la celebrazione del Santo Sacrificio, il parroco – un caro amico con vero, singolarissimo dono d’eloquenza e talento per la predicazione – ha assestato un paio di santi, salvifici ceffoni a noi fedeli con le sue poche parole, sempre ispirate e così incredibilmente pratiche.

Il Vangelo proponeva un passo di San Matteo Evangelista (Mt 7, 21-29) in cui Nostro Signore avvisa: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.»

Ma Gesù non si ferma al monito – già chiarissimo - e prosegue con l’intenzione di rivelare il perché nessun automatismo è in grado di garantirci la salvezza. Smontando la logica delle “credenziali” – questo metro di giudizio, guarda caso, appartiene inequivocabilmente al mondo! – Egli anticipa e smaschera tutti quei furbetti che, mettendo le mani avanti e pensando di poter sbandierare certo modo di operare come fosse una sorta di “lasciapassare per il Paradiso”, si ammantano del loro buon agire di fronte a Dio come di fronte agli uomini [1].

Il Redentore, che per tutta la Sua vita terrena ha combattuto contro la doppiezza dei farisei e l’ipocrisia vestita da zelo, pietà e devozione, non ci sta nemmeno per un momento e falcia alla radice profezie, esorcismi e prodigi di ogni specie, senza possibilità di fraintendimenti:

«In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demoni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”. […]»

Quanta attualità in questo passo di Vangelo. Come non rileggerlo alla luce di certi odierni avvenimenti ecclesiali? Tutta la vita della Chiesa – e di ogni epoca del mondo – va letta alla luce della Parola di Dio, persino nel più piccolo dettaglio. Ormai non c’è più soltanto da temere il pensiero unico anticristico, ma quel pensiero unico proveniente da certo mainstream “cattolico” che di cattolico mantiene solo le sembianze.

Un pensiero che non concede divergenze d’opinione e che liquida ogni ragionevole e rispettosa critica come infondata, non è pervaso dal buon profumo di Cristo ma puzza di mefistofelica coercizione. Occorre, allora, quanto meno, coltivare un senso di pericolo e prudenza verso le opinioni di punta o di maggioranza. La mentalità da “branco” non solo toglie individualità ma induce a sospendere facoltà intellettive e progetti divini sul fatto unico e irripetibile che è ogni anima, chiamata dal Creatore alla vita. E a una vita di sequela e di grazia!

Ma torniamo al mio caro, fraterno amico sacerdote, il quale ha concluso la sua splendida e brevissima omelia ricordando a tutti che il primo carismatico è il demonio e che, per contro, la santità non consiste nello straordinario ma nell’ordinario: a nessun santo, diceva, è richiesto di fare cose mirabili o miracoli in vita, ma soltanto una volta passata la scena di questo mondo… Già già. Che gran roba poterci riflettere a mente sgombra. Libera da ogni preconcetto, da ogni pre-giudizio. Che gran cosa poterci riflettere con il cuore “appeso” ai dolori e alla Croce di Cristo. La Croce di Cristo (non qualunque croce o afflizione, dunque…), segno distintivo dei cristiani! Ecco il Frutto tra i frutti!

Così è ben chiaro che ciò che fa di noi potenziali santi è solo un fervoroso, sincero, perseverante esercizio di fede, speranza e carità. Queste sì, esercitate in modo “totalitario”, in Cristo, con Cristo e per Cristo!

Invece assolutizziamo gli idoli del momento – in primis idee, poi persone, comportamenti, cose e persino animali - e relativizziamo divini insegnamenti e virtù essenziali.

Fare la volontà di Dio non è evidentemente una questione di chiacchiere e neppure di “frutti” da esibire come buoni! Non l’apparenza ma la sostanza, che spesso è preclusa alla percezione dei superficiali e frettolosi. Soprattutto di quelli curiosi e giudicanti.

Ma facciamo un passo oltre. Dopo aver udito, alla Santa Messa, questo versetto proprio della Liturgia del giovedì della XII settimana del Tempo Ordinario, qualcuno potrebbe pensare a una contraddizione: “Ma come? Non è il Signore a dirci – proprio nel passo che precede questo! - che dai frutti si conosce l’albero e che se i frutti sono buoni anche l’albero è buono? E profezie, esorcismi e prodigi non sono forse quei buoni frutti dell’albero buono?”

No, non lo sono, ci dice Nostro Signore. O, meglio, non è affatto detto che lo siano! Se il tralcio non resta innestato alla Vite…

Diciamolo ancora: la nostra fede non prevede automatismi di sorta! Lo stato di grazia, finché viviamo, quand’anche lo avessimo raggiunto, possiamo perderlo; così come fino all’ultimo istante di vita il peggior peccatore può salvarsi!

Ripercorrendo l’insegnamento di Cristo, in Mt 7, 15-20 (che è appunto il passo che precede quello appena proposto nell’odierna riflessione), leggiamo:

Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere”.


Allora la domanda cruciale è: che si intende per frutti? In cosa devono consistere questi frutti?

Prendiamo in accenno il terribile caso del “falso profeta” Padre Marcial Maciel Degollado: una sorta di Re Mida religioso che seppe fondare non solo i Legionari di Cristo ma un seminario per aspiranti al sacerdozio che pullulava di vocazioni. 

Aveva improntato il suo carisma su basi moderne ma ortodosse, e anche le opere di carità evangelica non mancarono insieme alla movimentazione di cospicue ed ingenti somme per far fronte a tutto. Aveva l’approvazione del Cardinal Sodano e se ci fu una “macchia” da appurare alla volta del processo di beatificazione di San Giovanni Paolo II, fu proprio quella riguardante una certa “benevolenza” nei confronti di Degollado, a riprova che discernere non è sempre facile e che, soprattutto, resta un dono divino da chiedere incessantemente per non essere (almeno a lungo) ingannati. Fu proprio Papa Benedetto XVI, in seguito, che definì senza mezzi termini “falso profeta” il presbitero messicano pedofilo e dalla doppia vita, disseminata di ignobili delitti, morto nel 2008. 

Dunque, i frutti quali sono? Fondare ordini religiosi e seminari? Aver fama d’ortodossia? Suscitare numerose vocazioni? Far piovere denari “provvidenziali”? Radunare folle? Questi, evidentemente non sono i frutti! Se fossero i frutti, giacchè sono buoni, anche la pianta sarebbe buona. Ma sappiamo nel dettaglio che quella pianta fu cattiva e velenosa in modo eccezionale. Eccezionale come i suoi apparenti e copiosi frutti.


Naturalmente si potrebbero fare altri esempi, oltre a quello del padre Marcial Maciel, ben più attuali e calzanti. Anche riguardo a presunte apparizioni mariane, a sedicenti esorcisti che si pongono e si lasciano consultare come nuovi oracoli, a prelati che dominano il mainstream “cattolico” come star televisive, fino ad arrivare a supposti veggenti che hanno cavalcato l’onda per decenni e che, solo recentemente, sono stati elegantemente e prudenzialmente messi da parte dagli attuali vertici della Chiesa. Possiamo, invece, già concludere: I frutti sono le virtù personali, non le opere; e la persona è l’albero. Se il tralcio rimane innestato nella Vite non potrà giammai dare frutti di morte e le sue virtù nascoste agli occhi del mondo – o manifeste, a Dio piacendo – faranno di quel tralcio un Alter Christus, anche se non ne avesse l’apparenza [2], senza poter o voler esibire credenziali, perché tutto proteso a svilupparsi secondo quel particolare disvelamento del volto di Dio – voluto da Dio stesso! - necessario per seguire nella verità qualunque vocazione, tanto più se religiosa. Questo si chiama essere alla sequela del Cristo [3]!

Degollado ha realizzato grandi opere e vissuto nei vizi più turpi: un pericoloso e subdolo impostore in abiti religiosi, cuciti di tutto punto. Un sacerdote che ha abusato della sua posizione, del nome di Cristo e della Chiesa e che pur presentava ottime “referenze”, tanto da indurre in errore di discernimento gran parte dei fedeli, dei suoi confratelli e superiori. Detto ciò, credo ognuno, ora, possa tirare le giuste conclusioni da sé, attualizzando.

L’ultimo pensiero conclusivo è per i Vangeli, pascolo degli eletti. In Essi, nulla è casuale. Per comprendere passi, parabole e insegnamenti spesso occorre – oltre a una vita spirituale di vera preghiera, imprescindibile - una lettura consequenziale, attenzione ai dettagli come a una visione d’insieme. Ed è solo così che è possibile contestualizzare la Parola di Dio anche nella nostra specifica fetta di storia, per non essere facile preda di mercenari o pastori egoriferiti ed autocentrati, di ideologie e venti di false, faziose dottrine. 

Chi vive sul serio la Chiesa di Cristo, cerchi quegli umili pastori che vivono non alla ribalta ma all’ombra del Redentore e della Sua Croce; umili pastori che abbassano il capo e anche le ginocchia per passare dalla porta stretta, insegnando al prossimo a fare altrettanto senza neppur bisogno di parlare.

Quale miglior predica di una virtù esercitata in tempo di maggior prova? Quale miglior premio della virtù stessa – Dio che ci partecipa le Sue stesse caratteristiche? Quale miglior frutto?

E’ Dio stesso a chiederci di portare molto frutto! E ciò, di norma, avviene nel nascondimento e nel silenzio. O desiderandoli e cercandoli ardentemente!

Pasquale Basta, docente di Teologia biblica a Roma, scrisse: “Apparire significa non essere, l’essere invece è e non ha bisogno di apparire. Di conseguenza chi non è, ostenta.”

Abbasso le credenziali, dunque.

Note:

[1] Lc 18,9-14: «Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».

[2] Cito il Cardinal Comastri: «Nel 2009, quando il Papa Benedetto XVI in occasione del Natale visitò la mensa dei poveri a Colle Oppio, venne accolto dal saluto spontaneo di un’anziana donna che abitualmente dormiva tra i cartoni al margine della strada. La donna fu capace di dire al Papa: “Padre Santo, vi ringrazio e non so dire altro. Vorrei soltanto aggiungere: penso che anche voi abbiate tante tribolazioni, come le abbiamo noi. Non vi scoraggiate, non perdetevi d’animo”. Il Papa si commosse e dai suoi occhi uscirono due lacrime. Una povera senzatetto fu capace di un’autentica perla di delicatezza […]. Stiamo attenti a riconoscere tutti i segnali che Dio ci manda anche attraverso persone che sembrano lontane da Dio mentre invece non lo sono. […]»

[3] Gv 15, 1-8: «Io sono la vera vite e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie via; ma ogni tralcio che porta frutto, lo pota affinché ne porti ancora di più. Voi siete già mondi a motivo della parola che vi ho annunziata. Dimorate in me e io dimorerò in voi; come il tralcio non può da sé portare frutto se non dimora nella vite, così neanche voi, se non dimorate in me. Io sono la vite, voi siete i tralci; chi dimora in me e io in lui, porta molto frutto, poiché senza di me non potete far nulla. Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio e si secca; poi questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e sono bruciati. Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quel che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio, che portiate molto frutto, e così sarete miei discepoli.»

 

 

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