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Porno, favorisca i documenti. Crescono i paesi con crisi da rigetto

la nuova bussola quotidiana tommaso scandroglio May 11, 2023

di Tommaso Scandroglio 

Nel Regno Unito si discute un disegno di legge che obbliga i siti a verificare l'identità dei fruitori di pornografia per scongiurare l'accesso dei minorenni che ormai sta diventando una piaga. Anche Australia e molti Stati Usa si stanno muovendo. E i risultati portano all'oscuramento delle piattaforme. Una speranza per una crisi di rigetto salutare.

Qualcosa si muove. Nel Regno Unito si sta discutendo un disegno di legge che, se passeranno le modifiche chieste dall’ala dei conservatori, obbligherà tutti i siti pornografici a verificare l’età dei fruitori in modo simile a quello utilizzato per il gioco d’azzardo on line, ossia caricando i dati della carta d’identità o di credito. Anche in Australia si valutando una soluzione simile.

Pure negli Usa qualcosa si muove. Sedici stati hanno dichiarato la pornografia una crisi di salute pubblica. Tra questi ricordiamo: Arkansas, Arizona, Florida, Idaho, Kansas, Kentucky, Louisiana, Missouri, Montana, Oklahoma, Pennsylvania, South Dakota, Tennessee, Utah e Virginia. In Lousiana, Arkansas e Utah i siti porno dovranno anch’essi verificare l’età del visitatore e i genitori potrebbero far causa alle piattaforme se queste non rispetteranno le regole. Addirittura la stessa liberal California, insieme ad Arkansas, Utah, Minnesota, Tennessee, sta valutando una “moderazione di contenuti” dei siti. Il senatore Mike Lee ha poi proposto un disegno di legge che vorrebbe ridefinire il concetto di oscenità, così come indicato dal Communications Act del 1934, ricomprendendo anche i contenuti pornografici.

Queste azioni anti-porno stanno avendo successo, almeno a guardare le reazioni dei diretti interessati. Pornhub il primo maggio ha oscurato il proprio sito nello Utah dato che in quello stato è passata la legge che obbliga alla verifica dell’età. È la prova provata che all’industria del porno non importa nulla dei danni di natura psicologica che la visione di contenuti pornografici potrebbe arrecare alla mente di ragazzi e bambini. Costoro sono solo pedine del loro fiorente business.

In Francia, in accordo con una legge del 2020, il garante per la comunicazione audiovisiva e digitale, Arcom, può sincerarsi se i siti pornografici hanno validi filtri per non far accedere alle loro piattaforme i minori. In caso di inottemperanza Arcom può rivolgersi ad un giudice. Un nuovo disegno di legge, attualmente all’esame del Parlamento, permetterebbe di rendere la procedura più snella senza passare dal tribunale comminando direttamente sanzioni fino a 500mila euro o pari al 6% del fatturato.

Nei Paesi Bassi l’Expertise Bureau for Online Child Abuse ha verificato che in dieci video di porno amatoriale della piattaforma xHamster i soggetti ripresi non avevano fornito il loro consenso per la divulgazione dei video. Il sito è stato denunciato alle autorità competenti. Se questi contenuti non verranno rimossi entro tre settimane Hammy Media, proprietaria del sito, rischia di pagare 32mila dollari al giorno.

Tutte queste notizie sono sicuramente incoraggianti, anche se la verifica dell’età per l’accesso ai siti pornografici potrebbe tutelare in qualche modo i minori, ma in nessun modo gli adulti i quali comunque sono anch’essi insieme vittime e complici dell’industria a luci rosse. Sono buone notizie anche perché, al di là del merito specifico, potrebbero indicare una certa tendenza sociale che potremmo definire “crisi di rigetto”. Negli Usa, come la Bussola ha di recente documentato, l’insofferenza verso la cultura woke sta crescendo sempre più soprattutto tra gli elettori del partito repubblicano. Il Washington Post e la Kaiser Family Foundation hanno realizzato un sondaggio in cui si evince che il 57% degli americani rifiuta il transessualismo, ossia rifiuta l’idea che una persona possa percepirsi come appartenente ad un sesso diverso da quello riconosciuto alla nascita.

Questi segnali di insofferenza potrebbero essere incoraggianti. La cultura progressista è portata a spingere sempre più l’acceleratore della rivoluzione ideologica, ma può essere un autogol se il popolino stenta a starle dietro. Il processo di assimilazione dei “nuovi diritti” deve essere graduale, pena la ribellione dell’organismo sociale che sarà portato a rifiutare alcuni cambiamenti perché giudicati troppo radicali. Se dunque l’ideologia rivoluzionaria vuole più aborti, più morti per eutanasia, più fecondazioni artificiali, più sperimentazioni sugli embrioni, più divorzi, più “nozze” gay e tutto questo in sempre minor tempo e in modo sempre più facile, ad un certo punto potrebbe capitare – ma è una mera eventualità – che qualcuno sbotti: “Adesso basta! È troppo!”. Il cavallo se troppo frustato alla fine scalcia.

Se ciò accadesse si potrebbe innescare una censura a questi fenomeni sociali di carattere radicale, ossia si potrebbe arrivare a criticare i fondamenti di aborto, eutanasia, etc. e dunque non solo i loro aspetti più devianti, ma la loro stessa origine genetica. Una critica quindi che non toccherebbe solo gli elementi accessori, accidentali, ma la stessa essenza, la stessa sostanza di certe condotte contrarie alla dignità della persona.

Ci rendiamo conto che più che una previsione è una mera speranza. Ma la speranza rimane pur sempre una virtù teologale.

 

 

 

 

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