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“Perché chiediamo che venga il regno dei cieli, se continua a piacerci la prigionia della terra?”

costanza miriano il blog di costanza miriano Dec 19, 2024

di Costanza Miriano

Sono in diverse chat e gruppi su WhatsApp e, a parte il tunnel di quelle scolastiche, dal quale se tutto va bene dovrei uscire fra qualche mese, e quello del condominio, fine pena mai, quelle che si basano su una comunione di fede sono spesso ricche di spunti, notizie interessanti, promemoria di ricorrenze e devozioni. Tutto bello. Però io con quelle ho anche un problema. Le richieste di preghiere. Innanzitutto è difficile ricordarsi di tutti, però è anche brutto, orrendo direi, dire “prego per te” e poi non farlo. Bisogna stare attenti, non dire balle a Dio, e non nominarlo invano. Quindi quando si promettono preghiere poi bisogna mantenere. Ma soprattutto c’è un problema ancora più sostanziale, che trascende l’ambito delle chat, e rivela un problema serio per noi credenti.

È un continuo chiedere preghiere per la nonna malata, l’amico in fin di vita, o magari per sé stessi, per l’esito della tac o la recidiva di un tumore. È chiaro ed è inevitabile che quando ci si trova di fronte a un serio pericolo di vita cambiare assetto possa richiedere qualche momento di assestamento. Magari uno è tutto concentrato su una scadenza, su un problema di un figlio, e si trova chiamato a portare lo sguardo sull’eternità, e la cosa penso non avvenga immediatamente. Però se viviamo come diciamo, o come speriamo, nell’attesa di incontrare Dio, non dovremmo quasi anelare quel momento? Che significato ha pregare più e più volte al giorno ”venga il tuo regno”?

Come diceva san Cipriano nell’ufficio delle letture di qualche giorno fa:

Ma è una contraddizione pregare che si faccia la volontà di Dio, e poi, quando egli ci chiama e ci invita ad uscire da questo mondo, mostrarsi riluttanti ad obbedire al comando della sua volontà! Ci impuntiamo e ci tiriamo indietro come servitori caparbi. Siamo presi da paura e dolore al pensiero di dover comparire davanti al volto di Dio. E alla fine usciamo da questa vita non di buon grado, ma perché costretti e a forza. Pretendiamo più onori e premi da Dio dopo che lo incontriamo tanto di malavoglia! Ma allora, domando io, perché preghiamo e chiediamo che venga il regno dei cieli, se continua a piacerci la prigionia della terra?” … “Piuttosto, fratelli carissimi, con mente serena, fede incrollabile e animo grande, siamo pronti a fare la volontà di Dio. Cacciamo la paura della morte, pensiamo all’immortalità che essa inaugura. Mostriamo con i fatti ciò che crediamo di essere”. … “La nostra patria non è che il paradiso. Là ci attende un gran numero di nostri cari, ci desiderano i nostri genitori, i fratelli, i figli in festosa e gioconda compagnia, sicuri ormai della propria felicità, ma ancora trepidanti per la nostra salvezza. Vederli, abbracciarli tutti: che gioia comune per loro e per noi! Che delizia in quel regno celeste non temere mai più la morte; e che felicità vivere in eterno!”

San Filippo non vedeva l’ora di fare l’incontro decisivo, santa Teresa d’Ávila salutava ogni rintocco di ora come un’ora in meno che la separava dal vedere Dio. Ora, io capisco che non tutti siamo sempre in quella disposizione di animo, in quello stato di grazia. Capisco che dobbiamo chiederlo, che non è scontato, però non possiamo neanche dimenticare che quella dovrebbe essere la postura di un cristiano davanti alla vita.

Che le chat si trasformino in una sorta di elenco di sfighe e relative preghiere (non è che lo pensi io, eh, è che per chi pensa che la morte sia la fine di tutto la malattia è una sfiga) è una cosa che ha sì a che fare con la fede, perché anche Gesù guariva le malattie, ma non è la cosa più importante. Era una specie di effetto collaterale della sua presenza, non il cuore.

FONTE : Il Blog di Costanza Miriano

 

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