PER UNA COMPRENSIONE DEL PONTIFICATO DI PAPA BENEDETTO XVI (PARTE PRIMA)
Mar 18, 2025
di Emanuele Sinese
Introibo
Il 19 Aprile 2005 alle ore 17.56 l’allora Cardinale Joseph Ratzinger Prefetto per la Congregazione per la Dottrina della Fede viene eletto successore di Pietro. Un’elezione da parte di alcuni inaspettata, in quanto si attendeva un Pontefice simile a Giovanni Paolo II, senza tenere conto che ad agire nel Conclave è lo Spirito Santo e non l’esclusiva volontà del soggetto.
Joseph Ratzinger un umile lavoratore nella Vigna del Signore
Nel discorso di presentazione alla gente convenuta in Piazza San Pietro, Benedetto XVI prima di impartire la benedizione Urbi et Orbi, dedica parole di stima verso il suo predecessore, che per ventisette anni ha svolto il gravoso incarico di vicario di Cristo. Egli chiosa così:
Cari fratelli e sorelle, dopo il grande papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice ed umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare ed agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere. Nella gioia del Signore risorto, fiduciosi nel suo aiuto permanente, andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà e Maria sua Santissima Madre, starà dalla nostra parte. Grazie
Da suddette parole si evince un tratto saliente della persona di Joseph Ratzinger: l’umiltà. Fin da giovane sacerdote della Baviera è stato un uomo di ascolto, confronto e attenzione verso il prossimo, caratteristica che ha tenuto anche nel delicato impegno di Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede, quindi quell’organo della Curia Romana istituito da papa Paolo III con la funzione di proteggere la fede da scismi ed eresie. Ogni persona che lo ha conosciuto denota questo elemento. Joseph Ratzinger aveva la capacità di porre l’altro in condizione di tranquillità; chi da lui veniva ricevuto in Congregazione, fosse anche un laico per realtà concernenti la fede oppure di altra tematica, trovava un uditore che mai faceva risaltare la sua posizione di porporato.
Significato della scelta del nome
Nella prima udienza generale tenuta il 27 aprile 2005 in Piazza San Pietro, il Sommo Pontefice indicò le motivazioni che lo indussero a scegliere il nome Benedetto XVI. La prima fu la riconoscenza del venerato papa Benedetto XV, il quale guidò la Chiesa in un contesto storico travagliato; si combatteva infatti il primo conflitto bellico mondiale e Benedetto XV fu coraggioso e autentico profeta di pace: egli tentò di dissuadere i capi politici dall’inutile strage. È doveroso in tale frangente approfondire l’atteggiamento di papa Benedetto XV, per mettere sempre più in evidenza che la madre Chiesa ha sempre condannato la guerra, a differenza di alcuni storici, giornalisti e sociologi che sostengono il versante opposto. Benedetto XV promulgò il 1 novembre 1914 l’enciclica Ad Beatissimi Apostolorum quale appello ai governanti delle nazioni di far tacere le armi e porre fine allo spargimento di tanto sangue umano. Egli però non si limitò alla sola dimensione orante, ma attuò anche aiuti concreti verso i rifugiati, gli orfani di guerra e feriti. Si pensi che istituì in Vaticano l’ufficio Opera dei prigionieri, con il fine di ricongiungere i prigionieri di guerra con i familiari. Che cosa ha proposto Benedetto XV per risanare la guerra? Egli mise in evidenza che c’è bisogno di fede, quindi di Gesù Cristo quale buon samaritano che con le sue mani fascia le ferite dell’umanità. Papa Joseph Ratzinger, seguendo le orme di Benedetto XV, ribadì l’armonia tra i popoli e l’importanza della pace, quale valore indiscutibile.
La seconda motivazione fu la considerazione di San Benedetto da Norcia, monaco e compatrono d’Europa insieme ai Santi Cirillo, Metodio, Brigida di Svezia, Caterina da Siena ed Edith Stein. Lo sviluppo dell’ordine benedettino ha esercitato un notevole influsso per l’accrescimento del Cristianesimo in Occidente. Benedetto da Norcia è inoltre venerato in Germania, in particolare nella Baviera terra di origine di Joseph Ratzinger. In correlazione alla scelta del nome è anche opportuno citare il motto che lui, Sommo Pontefice ha scelto per il pontificato: Cooperatoris Veritatis. Egli riprendendo la Terza lettera di Giovanni vuole mettere in risalto la figura del presbitero Giovanni. Si evince che papa Benedetto XVI negli anni al soglio Petrino ha sempre avuto cura della figura sacerdotale, affinché essi rifacendosi costantemente agli insegnamenti degli Apostoli possano divenire reali servitori della verità, facendo così trasparire il Logos incarnato. Sempre in riferimento a tale tematica il 24 aprile 2005 in Piazza San Pietro in occasione della celebrazione Eucaristica per l’inizio del Ministero Petrino, chiosava così:
Ed ora, in questo momento, io debole servitore di Dio devo assumere questo compito inaudito, che realmente supera ogni capacità umana. Come posso fare questo? Come sarò in grado di farlo? Voi tutti, cari amici, avete appena invocato l’intera schiera dei santi, rappresentata da alcuni dei grandi nomi della storia di Dio con gli uomini. In tal modo, anche in me si ravviva questa consapevolezza: non sono solo. Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta. E la Vostra preghiera, cari amici, la Vostra indulgenza, il Vostro amore, la Vostra fede e la Vostra speranza mi accompagnano.
Papa Benedetto XVI non considera il Ministero Petrino come luogo di dominio e appariscenza, non è il tiranno come taluni lo hanno definito. Egli vive la chiamata con la consapevolezza del servizio alla Chiesa di Cristo, mediante la preghiera, la liturgia e il sostegno di ogni battezzato affinché traspaia in toto la verità e non l’esclusiva volontà umana, la quale non sempre è in circolarità con la volontà divina. Egli avverte l’oneroso carico; chiede l’ausilio e l’intercessione dei Santi, quindi di coloro che in svariate modalità hanno reso gloria e onore al Corpo Mistico di Cristo. Papa Benedetto XVI li ha infatti imitati e in virtù di tale emulazione è stato dal mondo condannato, perché reale servo umile della vigna del Signore, che è la Chiesa. Si può affermare che Cristo a Joseph Ratzinger abbia rivolto le stesse parole che proferì a San Francesco: “Va e ripara la mia Chiesa!” Benedetto XVI ha proprio riparato la Chiesa di Dio; si pensi al contrasto al relativismo, agli abusi liturgici, all’equiparazione di realtà affettive irregolari con il matrimonio cristiano, alla lotta alla pedofilia. In lui realmente traspare Cristo. In lui veramente era presente il germe di Santità.
Il Magistero di papa Benedetto XVI
Negli otto anni di pontificato, Benedetto XVI ha redatto tre encicliche e ha ripristinato l’attenzione alle riforme apportate dal Concilio Ecumenico Vaticano II (espliciterò nella seconda parte dell’articolo) sempre in relazione alla Tradizione, ossia al Magistero della Chiesa, anche antecedente al Vaticano II giacché esso non è scisso dagli insegnamenti dei Pontefici antecedenti. Papa Benedetto XVI lungo il ministero di successore di Pietro ha sempre seguito le direttive dei suoi predecessori, soprattutto in materia morale; si pensi alla difesa della vita, della famiglia formatasi secondo la legge naturale e di molti altri valori che la società post contemporanea mette in discussione e sovverte. Per far riferimento a quanto sopra redatto il Santo Padre, ha promulgato tre lettere encicliche:
1) Deus Caritas est
2) Spe Salvi
3) Caritas in veritate
La Deus Caritas est è la prima enciclica del suo pontificato. Essa è stata emanata nel 2006. Il contenuto di suddetto documento tratta del rapporto che l’uomo, quale creatura di Dio ha in relazione al suo creatore. Joseph Ratzinger pone una particolare e attenta riflessione all’agape. Che cosa è l’agape? Agape è un termine greco, la cui etimologia è la seguente: amore disinteressato! Esso era già presente nei racconti veterotestamentari, prima ancora che nei Vangeli e nelle lettere paoline. Da un punto di vista teologico l’agape è l’amore immenso che Dio offre mediante l’incarnazione del Figlio. Tale dono disinteressato lo si constata nell’evento delle croce, ove l’intera ipostasi di Cristo si presenta all’umanità. L’amore di Dio pertanto è cristologico e pneumatico. Cristologico perché Dio assume sembianza umana infatti nel Verbo incarnato si rivela mediante l’atto proprio dell’uomo che è la parola, mediante la quale ha creato l’intero essere reale, che nel Salvatore in forma ultima e definitiva assurge a Lui. Pneumatico perché lo Spirito Santo ha concesso, anzitempo al popolo eletto di conoscere i voleri di Dio che nel Figlio sono stati esplicitati. In Gesù sempre ha agito il Padre e lo Spirito; lo stesso evento della morte è trinitario, in quanto la dimensione divina pativa l’indifferenza umana al dono della reale gloria. Ovviamente anche la natura umana di Cristo ha spasimato quanto subiva sul calvario. L’agape divino richiama l’uomo tutto, perché viva la sua vocazione. In riferimento papa Benedetto XVI cita tra i molti, un modello più vicino all’uomo di oggi, Madre Teresa di Calcutta donna che in aspetti succinti ha dato reale testimonianza dell’amore di Dio sia sul fronte spirituale che antropologico. Quest’ultimo sottoposto alla fede e non al di sopra di essa, tale da creare un dio illuminista, che apporta giovamenti esclusivamente terreni.
Spe Salvi è la seconda enciclica del suo pontificato. E’ stata pubblicata nel 2007. Avendo già redatto in merito, mi limito a far memoria che la speranza cristiana è una virtù attiva. Attiva dacché il credente si pone in azione verso la grazia che Cristo dona, mediante la sua sposa: la Chiesa. L’attività del credente è agente, perché esso dotato di coscienza decide se accettare oppure rifiutare la Rivelazione di Cristo. Il credente è in conseguenza un soggetto escatologico, perché in relazione all’agire, al pensiero e all’habitus di vita si pone nella condizione di pervenire alla salvezza o in caso contrario alla dannazione. Non è Dio che condanna, ma l’uomo da se! Dio non può condannare, dal momento che alla creatura più sublime(l’uomo) ha donato l’Unigenito. Se si attribuisce a Dio la pena eterna si sminuisce l’evento cristologico, il cui culmine è il calvario. Se il Padre non avesse voluto risanare l’umanità non si sarebbe relazionato nemmeno ai profeti e in successione non avrebbe concesso a mani pagane di martirizzare il Cristo. . Tra gli attributi comunicabili di Dio vi è infatti la misericordia, sempre in circolarità alla volontà del soggetto. L’inferno è di conseguenza il rispetto che Dio ha verso le sue creature, tale da concedere loro anche di perdersi.
Nel 2009 viene pubblicata l’enciclica Caritas in veritate, in occasione della solennità dei Santi Pietro e Paolo. Il Santo Padre Benedetto XVI in tale documento si è occupato della tematica della giustizia sociale, sempre in relazione agli insegnamenti del Magistero. Ratzinger ha ribadito che gli eccessi capitalistici, hanno creato asimmetrie sociali, esortando così i cristiani tutti, ma anzitempo i leader politici a creare situazioni di prosperità, affinché gli elementi primari che consentono una vita dignitosa siano a tutti garantiti(in un articolo a se, spiegherò tale enciclica).
FONTE : Libertà e Persona
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