E’ l’espressione usata dalle mie parti per indicare chi ottiene un beneficio senza dare nulla in cambio. 

Di solito si affibbia questa accusa all’impiegato statale che ritiene esaurito il suo compito una volta timbrato (o fatto timbrare) il cartellino. 

Spesso questa accusa è falsa, perché ci sono dipendenti che si dannano l’anima per sopperire all’indolenza dei loro colleghi. 

La differenza la noti chiaramente quando vedi che davanti ad uno sportello postale c’è una fila interminabile di persone e davanti a quello accanto non c’è nessuno, senza peraltro che ì due colleghi di lavoro sentano la necessità di ridistribuire i loro compiti per ridurre le attese, anziché  rispettare le competenze prestabilite a tavolino. 

Ma c’è di più e di peggio. 

Sono anni che giro il mondo ed osservo i prodotti alimentari in vendita nei vari supermercati. 

E sono anni che tra essi noto articoli prodotti localmente ma presentati come se fossero di provenienza italiana, dato il prestigio di cui gode il nostro Paese in materia alimentare. 

Tipico il caso del formaggio Parmesan avvolto in carta tricolore. 

La cosa mi ha sempre turbato, ma particolare irritazione mi ha procurato la risposta che il Trade Commissioner italiano competente per territorio diede un giorno ad un noto giornalista italiano (e che questi incassò senza battere ciglio), quando l’intervistatore gli chiese cosa stesse facendo per contrastare la sleale concorrenza che avveniva nei supermercati sotto il suo ufficio. 

(Per chi non lo sapesse, i Trade Commissioner, come si fanno pomposamente chiamare, sono i funzionari dell’Istituto Commercio Estero sparsi per il mondo allo scopo di promuovere i prodotti italiani. Essi godono di trattamento diplomatico ed i loro prestigiosi uffici sono spesso allestiti all’interno delle nostre Ambasciate o Consolati). 

Ebbene, la risposta che quel funzionario diede al giornalista in quell’occasione fu che purtroppo non poteva fare nulla perché Roma non gli mandava i mezzi necessari. 

Proprio così: Roma gli mandava solo i soldi necessari per pagare l’affitto di quel prestigioso ufficio e, beninteso, il suo lauto stipendio. 

L’intervistatore non commentò, ma a me ribolliva il sangue: 

Era evidente che, se i fondi forniti da Roma non consentivano al funzionario di espletare il suo mandato, era perfettamente inutile tenere aperto quell’ufficio e pagare quello stipendio. 

Erano spese totalmente superflue che si potevano risparmiare, dato che lo scopo dell’ICE è di difendere e promuovere il così detto Made in Italy, non di assicurare un posto di lavoro in più! 

Quel signore stava semplicemente mangiando il pane a tradimento! 

Altro motivo di irritazione è quando vedo che, per una ragione o per l’altra, i dirigenti statali non hanno la dignità di dimettersi (e quindi mangiano il pane a tradimento), quando le strutture che dirigono non funzionano come dovrebbero. 

E non è un caso che, quando un giornalista cerca di intervistarli o non si fanno trovare (sono sempre in riunione) oppure rispondono di non disporre dei mezzi necessari a far funzionare le loro strutture. 

Dimenticando che il loro dovere non è coprire una casella dell’organico, ma fornire un servizio alla comunità. 

Parlo soprattutto dei funzionari statali che occupano posizioni apicali. 

Per i dipendenti di basso rango siamo tutti disposti a chiudere un occhio, perché ci rendiamo conto che è impossibile innamorarsi del proprio lavoro quando questo si riduce nel semplice rilascio di documenti anagrafici. 

Lo sa anche lo Stato. E non per nulla, in questi casi, esso pone al dipendente dei minimi prestazionali. 

Peccato che spesso si tratti di minimi ridicolmente bassi: tipo sfornare 30 passaporti al giorno, invece di 300, o 5 radiografie invece di 50, consegnare 50 kg di posta al posto di 500. 

Sicchè anche chi potrebbe produrre di più, non potendo contare su una maggiore retribuzione, tende ad adeguarsi ai minimi imposti. 

Con le conseguenze negative che conosciamo: scontento dei cittadini, aumento sproporzionato dei dipendenti statali, sfondamento dei bilanci. 

2. Libero Aborto 

La Sinistra lamenta che le mamme vanno ai centri legalmente autorizzati a compiere aborti, ma non trovano i medici disposti a praticarli perché sono tutti obbiettori di coscienza. 

Possibile che ai rappresentanti della sinistra non venga in mente che, se questa è la situazione, forse sono loro che hanno perso consapevolezza di come la pensa il popolo (di cui i medici sono espressione) e che bastasse un loro editto perché le mamme corressero ad abortire? 

Fortunatamente c’è ancora gente la quale ritiene che abortire costituisca un reato ed un reato grave. Ed i medici non sono dammeno.