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Pensierini...

giglio reduzzi Mar 02, 2024

di Giglio Reduzzi

1. I cambiamenti climatici 

Io appartengo al piccolo gruppo di coloro che, pensate un po’, preferiscono dar retta a scienziati tipo Antonino Zichichi e Carlo Rubbia, piuttosto che a Greta Thunberg, la ragazzina svedese. 

(A proposito: è un po’ che non se ne sente parlare. Non sarà che, crescendo, abbia cambiato idea?). 

Com’è noto, la giovane Greta sosteneva che i cambiamenti climatici erano frutto dell’attività umana e che, pertanto, se volevamo salvare il pianeta, occorreva modificare i nostri stili di vita e farlo in fretta. 

Mentre Rubbia e Zichichi ed altri scienziati hanno sempre sostenuto, e continuano a sostenere, che detti cambiamenti ci sono sempre stati e non dipendono, se non nella misura dello zero virgola, dall’inquinamento industriale. 

La cosa incredibile è che la ragazzina svedese abbia avuto di gran lunga più estimatori di questi scienziati. 

E che tra i suoi followers (come si direbbe oggi) compaia persino la massima istituzione del nostro Continente: la Commissione Europea. 

Donde la sua politica “green” che tanto ha irritato e continua ad irritare gli agricoltori di tutti Europa. 

A tale politica si è subito allineata una buona parte della nostra Sinistra, anche se è molto probabile che l’abbia fatto più per contrastare il governo in carica che per intima convinzione. 

Ossia più per esprimere il suo odio per la Meloni che dimostrare il suo amore per la Natura calpestata e vilipesa. 

Sta di fatto che le parole di Greta hanno letteralmente sfondato le porte di Bruxelles, che ne ha fatto il suo core business. 

Al punto che il nostro Presidente della Repubblica, prima di promulgare una legge, si sente in dovere di valutare se per caso essa non sia in contrasto con le direttive “green” dell’U.E. 

Come ho già avuto modo di sostenere in una precedente riflessione, io rimango del parere che il Capo dello Stato, avendo giurato sul rispetto della Costituzione italiana, debba limitarsi a vagliare la compatibilità dei provvedimenti governativi con la nostra vecchia legge fondamentale e non con le direttive europee, che oggi ci sono e domani potrebbero non esserci più. 

Tanto più che le elezioni europee sono alla porta e tutti i sondaggi lasciano intravvedere che il loro risultato porterà ad una radicale revisione della politica europea proprio nel senso auspicato dal nostro governo. 

Con la conseguenza che ciò renderà inutile, da parte del Presidente, ogni ulteriore azione di controllo. 

Se è vero, come osservano gli opinionisti più maligni, che l’attuale Capo dello Stato continua nel suo secondo mandato (di cui avrebbe fatto volentieri a meno) proprio per esercitare questo controllo, nulla esclude che, ad allineamento conseguito, egli possa decidere di porre termine ad un’esperienza che il prossimo anno sarà di ben dieci anni, cioè decisamente insolita per uno Stato repubblicano. 

In realtà i suddetti opinionisti critici sostengono che il Presidente della Repubblica continui imperterrito a ricoprire la sua carica anche per una seconda ragione: quella di difendere le ragioni di una Sinistra che non c’è. 

Io non ci credo. Certo è che se egli dovesse rimanere al suo posto anche ad allineamento compiuto (mi riferisco all’allineamento Italia-Europa) comincerei a crederlo anch’io. 

2. Una via di fuga 

Per quanto attiene alla guerra in Medio Oriente non c’è uomo politico o semplice opinionista che non indichi nella formula “Un Territorio, Due Stati” la sola via d’uscita al problema. 

A mio avviso, più che una via d’uscita, quello slogan sembra una via di fuga. 

Un modo elegante per apparire super partes, ben sapendo che la strada indicata è scarsamente praticabile. 

Innanzitutto è chiaro che entrambe le parti vorranno Gerusalemme come capitale e già questo fatto costituisce un ostacolo scarsamente superabile. 

Poi c’è il fatto che, striscia di Gaza a parte (che è abitata da soli palestinesi), il resto del territorio è tutto un intreccio di comunità arabe e comunità israelite, sicché ciascuno Stato finirebbe per contenere diverse enclave dell’altro, salvo che si intenda procedere a forzate migrazioni di popolo per dare continuità territoriale ai due Stati. 

Ovviamente entrambe le soluzioni sono possibili, finché si rimane nella teoria, ma quando si passa alla pratica le cose cambiano. 

Alla prima versione (Stato con dentro numerose enclave dell’altro) osta il carattere innovativo della soluzione. 

E difatti noi siamo abituati a vedere Stati omogenei che al massimo contengono una o due enclave. 

Alla seconda (Stato unitario) si oppone la crudeltà di costringere intere comunità a migrare. 

E poi, non dimentichiamolo, c’è sempre il grosso ostacolo della capitale. 

Come si vede, la soluzione proposta è solo un modo liberarsi in fretta di un argomento scottante. 

E’ l’eterna differenza tra il dire ed il fare.

 

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