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TRUTH

OGNUNO AL PROPRIO POSTO

andrea di napoli Jan 16, 2025

di Andrea Di Napoli

OGNUNO AL PROPRIO POSTO. Questa neustica esortazione, nel 2025, potrebbe a molti risultare anacronistica e “politicamente scorretta”. Essa, tuttavia, si attesta autorevolmente come regola ragionevole, tradizionale e partecipante di quella più sana strutturazione socio-politico-familiare.

Il tracotante [e per questo, involutivo] percorso della rivoluzione [Umanesimo-Rivoluzione francese- Comunismo, Sessantotto] ha cercato, purtroppo in parte riuscendoci, di alterare quella spontanea naturalità che è insita proprio in ogni cosa, in ogni fenomeno.

Naturalità che, oltre ad essere spontanea ed autentica, è soprattutto gerarchica [dal greco, ἱεραρχία “principio sacro”]. Dio Padre ha pensato, quindi creato, una natura ordinata, che si articolasse secondo giusti princìpi e che si sarebbe repentinamente ribellata ad un’eventuale bramosia riformatrice dell’uomo stesso.

L’uomo non ha facoltà alcuna di poter riformare [ovvero, dare nuova forma] ciò che si è costituito pur senza il suo stesso intervento. L’essere umano è esclusivamente chiamato a cercare di comprendere un disegno divino e, così, interiorizzarlo nella propria esperienza esistenziale.

Che la natura sia logica [ovvero, non caotica, non ordinata] lo si evince da plurali aspetti: aspetti temporali, spaziali, fattuali e spirituali. La natura, dunque, è garantita naturalmente [ovvero, anche senza il suo placet] da un ordine trascendente; ordine che, avendo in sé questa sua peculiare ontologia, non può che superarla [metafisica, oltre la natura stessa].

L’essere umano viene così a trovarsi in un quadro metafisicamente gerarchizzato [verticalizzato], nel quale egli stesso è giustamente compreso, insieme ai suoi affetti ed alle sue potenziali operazioni. L’uomo, insomma, agisce necessariamente in strutture gerarchiche, si relaziona necessariamente mediante esse.

L’inganno irragionevole, invece, della rivoluzione [Umanesimo-Rivoluzione francese, Comunismo-Sessantotto] è stato quello di far credere possibile [anzi, naturale] una realtà del tutto orizzontalizzata, inibente, in radice, ogni sua stessa autoregolazione ordinante [l’ordine naturalmente prevede passaggi, gradi, livelli, differenze].

Così, questo riformato ed illegittimo scenario tende purtroppo ad appiattire la società, a svuotare la famiglia [la famiglia è una sola: Dio-uomo-donna], a confondere i ruoli, a terrestrizzare la metafisica, ad annichilare la legittima autorità [non est potestas nisi a Deo], a divinizzare l’uomo e ad idoleggiare vizi ed errori.

Gli assai contingenti emotivismi di “liberté, egalité, fraternité” hanno finito per cagionare soltanto disordine, disobbedienza e violenza. Ma, soprattutto, avversione e disprezzo per l’Autorità, per la Gerarchia, per Dio.

Volendo analizzare qualche casistica concreta, l’ermeneutica rivoluzionaria oggi ritiene che padre e figlio ricoprano ruoli paritetici, cosicché tra i due non siano più giustificati quel pudore, quel rispetto e quella subordinazione che, invece, naturalmente insistono [e devono insistere] in un rapporto di tal genere.

Ancora. La prospettiva rivoluzionaria si batte perché maestro ed allievo si compiacciano a vicenda, in compromessi paradossali ed assurdi: l’allievo orienta capricciosamente l’azione educativa ed il maestro, spaventato da una possibile ripercussione eterodiretta, accetta di lasciarsi trascinare [“sono ciechi e guide di ciechi” – San Matteo evangelista, 15:14].

Seguitando. Laici che arrogantemente presumono di poter supplire sacerdoti e vescovi e, così, amministrare il Corpo Mistico di Nostro Signore Gesù Cristo [ovvero, Santa Madre Chiesa].

E ancora. Uomini che si prodigano soltanto per ciò che è materiale, ignorando di possedere, primariamente [ecco l’inversione rivoluzionaria], un’anima immortale.

Questo è il disastro della rivoluzione, che oggi dobbiamo tutti combattere.

In prima linea c’è Platone [428 a.C. – 348 a.C.], uomo evidentemente non cristiano, ma sicuramente personalità obbediente ai rimandi incontrovertibili della natura. Egli si spese perché la società [fatta anche di insipienti, purtroppo] accettasse un sentimento naturale e razionale come quello dell’οἰκειοπραγία [oikeiopraghìa]; sentimento che, interiorizzato, deonticamente predica “ognuno faccia ciò che gli competeognuno stia al proprio posto”.

FONTE : Virtute e Canoscenza

 

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