Non fatene un santo di Emanuele Gavi
Jun 28, 2023Egregio Direttore,
nei giorni immediatamente successivi alla morte di Silvio Berlusconi, avvenuta il 12 giugno scorso, lo abbiamo sentito esaltare o denigrare, come sempre è stato dalla sua celebre “discesa in campo” nel lontano 1994, e forse ancora prima. Nemmeno dopo la scomparsa del loro campione, o nemico, le opposte tifoserie accennano a deporre le armi e a sviluppare qualche ragionamento più pacato e meno ideologico, valutando l’ingombrante (o imprescindibile) figura del Cavaliere (o Caimano) sine ira et studio, come insegnava lo storico Tacito, cioè “senza animosità e parzialità”.
Quel che mi ha colpito negativamente, in particolare, è stata la tendenza di alcune testate cattoliche a dipingere il Silvio nazionale come un uomo se non di fede, almeno rispettoso e interessato alla spiritualità cristiana. Anche in passato ci fu chi riferì che don Giussani, fondatore di Comunione e liberazione, lo aveva definito “uomo mandato dalla Provvidenza”. E chi fu il testimone di tale affermazione? Berlusconi stesso, ovviamente. Un’autocanonizzazione che non sorprende, per uno dei personaggi più sicuri di sé, per dirla bene, della storia d’Italia. Se d’Annunzio fosse vissuto oggi, dicevano i miei professori, sarebbe sempre in televisione. Bene: Berlusconi era sempre in televisione, anzi, era la televisione. Almeno metà della televisione era lui, perché metà delle reti erano di sua proprietà.
E proprio sulla televisione, e quindi sulla cultura, vorrei muovere una critica a quel che è stato Berlusconi e, ancora più importante, a quanto ha rappresentato per il nostro paese. Che fosse un personaggio discutibile non vale la pena di dimostrarlo: è evidente a tutti, sodali compresi. Ma una delle sue responsabilità più gravi è stata la degenerazione della produzione culturale di massa, favorita dalle sue tivù private. Se la sinistra in Italia ha corrotto la cultura alta, quella delle università e delle arti, con il suo materialismo (dietro cui si cela un profondo nichilismo), Berlusconi ha stravolto la cultura bassa, popolare. Le diverse forme di intrattenimento e di svago, dalla musica leggera al cinema, dai fumetti ai videogiochi, non si devono considerare attività e prodotti di serie B. Hanno la loro importanza, rivestono anzi un ruolo fondamentale in una società del benessere quale è la nostra. Ebbene, in Italia ha vinto lo stile della tivù berlusconiana, dominata dalla pubblicità, vera protagonista delle televisioni commerciali, alternata a trasmissioni trash, spettacoli volgari se non osceni, finti dibattiti in cui si gioca a chi grida di più. Il costante ricorso al turpiloquio, al doppio senso, alla nudità femminile ha contribuito in modo determinante all’attuale degrado della cultura di massa, per poi contagiare le reti Rai, ormai indistinguibili dalle cugine Mediaset.
Provi, caro Direttore, ad accendere il televisore in Austria, e a saltabeccare da un canale all’altro: troverà solo gente vestita (ben vestita: niente Achille Lauro) e beneducata, impegnata in discussioni pacate e, immagino (non capisco il tedesco), costruttive. Una buona televisione può arricchire enormemente lo spettatore, e non solo con trasmissioni dichiaratamente culturali, ma con le emozioni che uno spettacolo vero, realmente artistico, regala a chi vi assiste. Perché in Italia tutto ciò non è possibile? Perché, a chi voglia evitare l’istupidimento, non resta che tenere il televisore perennemente spento? Ecco, gran parte della responsabilità (anche se non tutta, evidentemente) va attribuita a Silvio Berlusconi e ai suoi dipendenti e collaboratori, come Maurizio Costanzo, Antonio Ricci etc.
Sarebbe ipocrita scandalizzarsi per il bunga bunga e poi apprezzare le donnine discinte di Drive In. Le cene eleganti non sono altro che il corrispettivo privato, domestico, per il sovrano, del sollazzo becero che da decenni viene ammannito al popolino. E sarebbe altrettanto ridicolo inorridire per il gallismo di Berlusconi e poi scendere in piazza assieme ai sadomaso con le natiche al vento: il bunga bunga e il Gay Pride sono due facce della stessa medaglia. Il Gay Pride è la versione “impegnata”, politicizzata, del burlesque di Arcore o di Canale 5. Entrambi concorrono all’attuale decadenza dei costumi. Portare i bambini al Gay Pride, come fanno molte famiglie oggi, o lasciarli davanti allo schermo dal quale ammiccano Tinì Cansino e Moana Pozzi, come poteva succedere negli anni Ottanta, è ugualmente deleterio. Se questi sono i modelli…
Non stupisce dunque che alcuni esponenti di Forza Italia sposino le istanze del mondo Lgbt: semmai è una conferma. Paradigmatica la foto che ritrae l’incontro di Silvio Berlusconi, Vladimir Luxuria e Francesca Pascale, quest’ultima divenuta celebre come fidanzata del Cav e ora unita civilmente con una donna, la cantante Paola Turci. No comment.
Che Berlusconi abbia avuto dei meriti è innegabile. In politica, oltre a tante signorine chiacchierate, ha supportato anche dei galantuomini, come Marcello Pera e Carlo Giovanardi. Ha denunciato la deriva ideologica di una magistratura politicizzata, le cui gravi responsabilità oggi sono sotto gli occhi di tutti, con ancora maggiore evidenza nell’era Covid, in cui sono state sospese le libertà costituzionali. Ha lavorato per fare gli interessi degli italiani, non solo i suoi interessi (delle sue aziende, della sua famiglia), almeno fino al 2011, come spiega bene l’avvocato Marco Mori. In politica estera è stato “amico di tutti”, come si definiva, e fu mediatore tra Mosca e Washington nel 2002, nello storico incontro tra Bush Jr e Putin a Pratica di Mare, e nella crisi georgiana del 2008. Negli ultimi giorni di vita stava scrivendo un appello per la pace in Ucraina, come titolava in prima pagina persino il Fatto Quotidiano dell’arcinemico Travaglio. Ma non fatene un santo.
E fermate il tifo da stadio. Anche se, a ricordare i tempi in cui gli italiani si dividevano in berlusconiani e antiberlusconiani, e a confrontarli con gli ultimi anni di tensioni tra chi è contrario al Lasciapassare Verde e al totalitarismo arcobaleno, e chi è favorevole al nuovo fascismo del controllo e del transumano (ah no, Direttore, mi correggo: “fascisti” sono i primi, come un tempo erano “fascisti” coloro che votavano Forza Italia), beh, bisogna riconoscere che ha ragione Povia, quando canta Era meglio Berlusconi.
Cordiali saluti
Emanuele Gavi
FONTE: https://lettereanessungiornale.com/2023/06/23/non-fatene-un-santo/
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