Mio fratello Jimmy, down e autistico, mi ha insegnato cosa sono la vita e l’amore.
Oct 19, 2023L to R: Register staff writer Lauretta Brown’s sister Kateri spends time with their brother Jimmy and Jimmy enjoys the water. (photo: Courtesy of Brown family)
di Lauretta Brown
Chiunque abbia visto me e le mie sorelle cantare a squarciagola Someone Like You di Adele potrebbe pensare che recentemente abbiamo affrontato qualche delusione d’amore. La canzone è un inno nostalgico rivolto a un amore perduto ma, per la mia famiglia, è uno dei mezzi privilegiati per poter comunicare con mio fratello Jimmy che, sebbene non parli per la maggior parte del tempo, inspiegabilmente adora questa canzone e a volte la canticchia.
Jimmy è nato con dei profondi occhi blu, uno sguardo gentile, e un cromosoma extra. È stato difficile per me all’età di 6 anni capire completamente cosa significasse la sindrome di Down, ma percepivo la preoccupazione nella voce dei miei genitori quando cercavano di spiegarlo a me e ai miei fratelli. Hanno affrontato questa sfida con fede, dicendoci che Jimmy era una benedizione per la nostra famiglia e confidando in Dio per accettare le sfide sconosciute che si sarebbero presentate.
Non potevamo capire in anticipo le vie attraverso cui Jimmy avrebbe cambiato il nostro modo di pensare riguardo al mondo, alla vita e all’amore.
Jimmy era molto fragile all’inizio. Arrivò a casa con due buchi nel cuore e preoccupanti problemi di respirazione. Il nostro parroco lo battezzò a casa e la nostra comunità parrocchiale pregò per la sua guarigione. Quando i buchi nel suo cuore si chiusero senza bisogno di intervento chirurgico, ho toccato con mano il potere della preghiera e il sostegno che ci circondava. Quel Natale mi sembrò particolarmente appropriato, con il mio fratellino miracolato che impersonava Gesù nel presepe vivente della parrocchia.
C’erano ancora tante incognite mentre Jimmy lentamente cresceva. Incontrammo altre famiglie con figli affetti dalla sindrome di Down. Inizialmente pensai che Jimmy sarebbe diventato come uno di quei bambini, che sfoggiavano enormi sorrisi e parlavano a lungo dei loro interessi. Si sentivano liberi di abbracciare e fare battute, potevano svolgere un lavoro e addirittura frequentare il college.
Col passare del tempo ci siamo resi conto che Jimmy era molto diverso da questi bambini. Nonostante il grande impiego di schede didattiche e libri, Jimmy non ha mai imparato a ripetere le parole in modo da comunicare con noi tramite frasi compiute. Abbiamo cominciato a notare comportamenti ripetitivi accompagnati da forti suoni ripetuti. Alla fine, divenne chiaro che Jimmy faceva parte di quel 16% di bambini aventi una doppia diagnosi di sindrome di Down e autismo.
Questa diagnosi viene riportata come uno dei casi peggiori. Helga Sol Olafsdottir, consulente genetica in Islanda, dove praticamente la totalità dei bambini con diagnosi prenatale di sindrome di Down vengono abortiti, dichiarò alla CBS nel 2017 che «la sindrome di Down ha diversi livelli: ci sono bimbi carini che hanno la sindrome di Down e nessun altro problema e poi ci sono bambini che hanno la sindrome di Down insieme ad altre complicazioni».
Lei si riferiva alla doppia diagnosi come a un avvertimento per incoraggiare l’aborto in questi casi. Mentre parlava, la CBS mostrava filmati di una bimba con sindrome di Down che parlava sorridendo, a confronto con il fratello più grande, serio e taciturno, che invece era affetto dalla doppia diagnosi.
Olafsdottir, che fiduciosamente raccomanda di uccidere quelli come mio fratello per prevenire «sofferenze del bambino e della famiglia», si rivolge a quanti nella società odierna vogliono non solo evitare di avere figli con sindrome di Down, ma proprio non vogliono mettere al mondo figli.
La verità è che la vita di Jimmy è stata un dono per la mia famiglia, e c’è stata tanta bellezza nonostante le sfide.
Nel corso degli anni, abbiamo spostato il nostro obiettivo da cercare di cambiare Jimmy seguendo un’idea di normalità a incontrarlo lì dove era, amandolo così com’è, cercando di essere creativi nella nostra comunicazione con lui. Mentre cercavamo di insegnare e di coinvolgerlo, abbiamo notato che Jimmy semplicemente apprezza il tempo che passiamo con lui anche se non sempre riesce a imparare le cose nella maniera in cui speriamo.
La personalità di Jimmy riesce ad emergere insieme ai tratti tipicamente autistici. Ama la musica e canta insieme agli altri membri della famiglia. Prova una profonda empatia e piange insieme a qualcuno, anche se è una persona che piange in un programma TV. Apprezza che gli vengano lette delle storie, anche se sembra distratto. Lo so per esperienza perché se mi interrompo mentre leggo, lui picchia sul libro con la mano, chiedendomi di continuare.
Ci sono stati momenti in cui abbiamo capito come interiorizzi e capisca le cose in maniera molto più profonda di quanto pensassimo.
Ogni sera, mia madre gli traccia il segno della croce sulla fronte come parte delle preghiere serali. Una volta, anni fa, durante la Messa, Jimmy si allungò con insistenza dalla sua panca per tracciare solennemente il segno della croce sulla fronte del prete mentre stava uscendo. Il prete, sbalordito, si limitò a guardare Jimmy e lo ringraziò.
Momenti belli come quelli sono stati pochi e rari, però, e la vera lotta è stata l’accettazione dei momenti di crisi quotidiani, del rumore e delle barriere comunicative. Abbiamo appreso che viene messo a disagio dalla folla, dai rumori forti, da situazioni sconosciute e dalle interruzioni della routine. Il comportamento di Jimmy spesso comportava l’abbandono anticipato di una riunione o momenti di imbarazzo o confusione quando si sentiva a disagio e doveva essere portato via dalla Messa.
In particolar modo la Messa era diventata un problema a mano a mano che Jimmy cresceva e la famiglia dovette iniziare a fare i turni per partecipare perché Jimmy proprio non voleva rimanere durante la liturgia. Dio ha concesso una grazia speciale attraverso questa sfida, perché i miei genitori hanno scoperto che Jimmy stava seduto tranquillo durante la Messa in rito antico perché è meno confusionaria e non lo disturbava. Da allora partecipa regolarmente alla Messa in rito antico.
Sebbene affrontare la vita con la sensibilità di Jimmy significasse vivere momenti di isolamento e difficoltà, ci sono stati anche momenti in cui le persone hanno fatto di tutto per aiutare la nostra famiglia con Jimmy. Al recente matrimonio di una delle mie sorelle, vari membri della famiglia allargata hanno camminato a turno con Jimmy nel giardino dopo che era stato sopraffatto dalla grande folla presente. Lo hanno fatto in modo che i miei genitori potessero essere pienamente partecipi durante tutto il ricevimento di nozze della loro figlia.
I miei genitori sono sempre al fianco di Jimmy, mentre il resto dei figli è cresciuto e si è trasferito. Mia mamma mi dice che vede come Jimmy per lei e papà sia la strada verso la santità e come lo sia stato per me e per ciascuno dei miei quattro fratelli. Ha formato ciascuno di noi chiamandoci a servirlo nel corso degli anni in modo sottile ma neanche troppo.
Spesso trovo che, quando la vita sembra complicata e negativa, vengo rigenerata dall’amore e dalla gratitudine di Jimmy per qualcosa di semplice come guardare uno spettacolo con lui mentre condividiamo un mandarino, o facciamo una passeggiata.
Jimmy mi ricorda della bellezza e dell’amore racchiusi in ciò che non posso perfettamente pianificare e controllare. Chiama la mia famiglia a un amore radicale in grado di crescere e incontrare l’inaspettato, la confusione e la difficoltà. Più volte mi sono tirata indietro in questa chiamata, ma mio fratello mi ha mostrato che il vero amore è saper vedere la persona al di là della loro fragilità umana, abbracciandoli, sforzandosi di comprenderle, e sacrificandosi per il loro bene.
San Giovanni Paolo II una volta ha detto che «l’umanità ferita dei disabili ci sfida a riconoscere, accettare e promuovere in ciascuno di questi nostri fratelli e sorelle l’incomparabile valore dell’essere umano creato da Dio a essere figlio nel Figlio». Ha definito le persone disabili «testimoni privilegiati dell’umanità» perché «loro possono insegnare a tutti in merito all’amore che ci salva».
Questo mese di ottobre di sensibilizzazione sulla sindrome di Down è un’opportunità per raggiungere con amore una famiglia che affronta le sfide spesso invisibili di crescere un bambino con sindrome di Down e autismo. Considerate la possibilità di offrire assistenza, invitare la famiglia a un incontro in cui il bambino abbia spazio per fare rumore o semplicemente rassicurarli che loro e il bambino sono una parte apprezzata della comunità parrocchiale.
Il mio miracoloso fratellino è diventato ora un adulto che non sa parlare ed è rumoroso ma ha uno sguardo curioso e rimane una benedizione per la mia famiglia, una fonte della nostra crescita nella santità e un essere umano intrinsecamente prezioso creato a immagine e somiglianza di Dio.
FONTE: National Catholic Register (consultato il 7/10/2023)
Traduzione ed adattamento a cura di Universitari Per La Vita
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