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Minori e uso di internet

centro studi livatino chiara airoma internet minori Feb 01, 2025

FONTE : Centro Studi Livatino

La presenza dei minori nel mondo di internet: dati, rischi e proposte legislative.

1. Uso di internet da parte dei minori: dati, differenze di età ed effetti 

Dispositivi elettronici si, dispositivi elettronici no? È un grande dibattito attuale di notevole importanza soprattutto per chi oggi riveste il ruolo di genitore.

In media stat virtus dicevano gli antichi, ma di certo non intendevano gli odierni media.

Oggi, purtroppo è sempre più diffuso l’utilizzo di dispositivi elettronici da parte dei minori, utilizzo che molto spesso comincia già in tenera età.

La tematica in questione è sicuramente molto delicata e merita di essere affrontata sotto vari aspetti.

In primis, da un punto di vista medico, molte organizzazioni internazionali (OMS, American Pediatrics Organization, American Heart Association, Società italiana di Pediatria) si sono espresse circa l’impiego dei dispositivi elettronici da parte di soggetti minorenni, operando una necessaria differenziazione in base all’età. Esse ritengono che il loro utilizzo debba essere totalmente escluso nella fascia di età fino ai 2 anni; aumentato a un’ora al giorno dai 2 ai 4 anni; poi un’ora e mezza/due ore al giorno fino a 10 anni; massimo 2 ore al giorno di attività ricreativa fino a 14 anni (escluso l’utilizzo scolastico). In ogni caso, però, è sicuramente sconsigliato l’utilizzo dei dispositivi sia durante i pasti che prima di andare a dormire, in quanto in questo modo verrebbe erroneamente traslato sul dispositivo un effetto calmante o distrattore, sostituendosi alla figura genitoriale.

Il divieto, poi, diviene particolarmente stringente nella fascia più delicata (0-2 anni), dove lo sviluppo cerebrale è tutto in fieri. L’impiego dei device, infatti, può avere un notevole impatto sullo sviluppo celebrale del neonato. Alla nascita sono presenti circa 100 miliardi di neuroni (cellule nervose) i quali sono in grado, sin dalle prime ore, di stabilire un’enorme quantità di connessioni tra loro e di produrre un numero di sinapsi (collegamenti tra neuroni), fondamentali per lo sviluppo di tutte le capacità intellettive e motorie. Tuttavia, queste connessioni possono realizzarsi solo se le attività cerebrali del neonato vengono correttamente stimolate, al contrario, le sinapsi che non vengono usate regrediscono e i neuroni in eccesso muoiono.

I rischi di un’esposizione prolungata ai dispositivi possono essere di vario tipo: a livello fisico/fisiologico (sedentarietà, riduzione del sonno, secchezza degli occhi, posture errate), cognitivo (iperstimolazione, problemi di attenzione) e anche psicologico-relazionale (dipendenza, isolamento sociale, difficoltà nell’intrattenere una conversazione faccia a faccia).

Un’esposizione precoce ai device, soprattutto se inizia in una fase critica per la crescita (2-3 anni), può avere un impatto negativo sullo sviluppo del bambino, influenzando il suo modo di organizzare la conoscenza. I dispostivi elettronici, infatti, rispondono ad un modello cd. stimolo-risposta, dove in relazione ad uno specifico stimolo ricevuto, si avverte la necessità di agire immediatamente. Ciò finisce per modificare la strutturazione della massa bianca del cervello, con possibili alterazioni in aree fondamentali per lo sviluppo del linguaggio, delle capacità di alfabetizzazione e delle funzioni esecutive. Si influisce negativamente anche sulla capacità di lettura che, obbligando il soggetto a convertire le parole in un concetto, richiede un processo di astrazione che il tablet non prevede.

Si riducono, inoltre, sia la capacità di concentrazione che di attendere, in quanto anche le pause nella vita di un bambino sono importanti, aiutandolo a comprendere il valore del tempo e delle cose, imparando sin da piccoli l’importanza dell’attesa e del prendersi del tempo per sé stessi, che non per forza deve essere colmato con qualcosa; ma se non si offre al bambino anche la possibilità di vivere serenamente i momenti di pausa, questi verranno avvertiti dal bambino come momenti di vuoto, causandogli sofferenza che non riuscirà a spiegarsi.

Negli ultimi anni – complice anche il Covid – si è registrato un aumento delle diagnosi di disturbo da deficit di attenzione e iperattività per bambini e adolescenti, causato da un utilizzo costante dei dispositivi elettronici, che attivano le aree posteriori del cervello destinate all’immagazzinamento delle immagini a scapito della parte frontale, che invece lavora con gli stimoli verbali. Non è un caso, inoltre, se si stanno registrando molte segnalazioni da parte dei docenti delle elementari circa l’aumento del numero dei casi di dislessia, e in generale di problemi del linguaggio e nella lettura.

Un ultimo aspetto da sottolineare è quello della dipendenza.

La dopamina fa parte del circuito cerebrale della ricompensa, abbinando la sensazione di piacere e appagamento a tutti quei comportamenti che sono utili a soddisfare i bisogni, come la fame e la sete. Ora anche attività come i videogiochi hanno come effetto quello di implementare il circuito della dopamina, generando il bisogno di una continua e spasmodica ricerca delle sensazioni di benessere sperimentate. Tuttavia, se questa ricerca non viene assecondata, si sviluppano i sintomi da astinenza. Il cervello dei bambini è molto sensibile alla dopamina e, se questo circuito viene sollecitato troppo durante i primi anni di vita, si ipersensibilizza, potendo sviluppare in futuro più facilmente comportamenti dipendenti (scommesse online, giochi e relazioni virtuali).

2. Rischi della presenza online dei minori: pedopornografia, adescamento, cyberbullismo e altri

Negli ultimi dieci anni il rischio online per i soggetti minorenni si è ampliato, comprendendo svariate manifestazioni cibernetiche[1].

Lo sfruttamento sessuale online ricomprende diversi fenomeni di aggressione ai minori che, sfruttando la tecnologia, riesce ad inserirsi nei vari contesti sociali.

I soggetti che nutrono un interesse sessuale verso i minori hanno imparato a sfruttare la familiarità dei più giovani con i social network, i servizi di rete e le app di gioco per avvicinarli ed interagire con loro, costruendo un legame “pseudo affettivo” con le vittime, anche usando un linguaggio fatto di emoticons, stickers, per creare una confidenza crescente, fino alle richieste esplicite di immagini sessuali, induzioni ad atti di autoerotismo ed incontri reali.

Nel 2024 sono stati registrati 2809 casi di pedopornografia e adescamento online (+6% rispetto al 2023), portando all’arresto di 144 persone. In particolare, relativamente ai casi di adescamento di minori, questi interessano soprattutto la fascia d’età 10-13 anni, ma nel 2024 si è assistito ad un aumento del 22% rispetto al 2023 relativamente ai ragazzi compresi tra i 14 e 16 anni.

Un altro preoccupante fenomeno in crescita è quello della Sextortion, che ha interessato centinaia di adolescenti, soprattutto maschi (di età compresa tra i 15 e i 17 anni), i quali vengono agganciati sui socialnetwork da profili di apparenti coetanee, che li inducono fraudolentemente a compiere azioni sessuali in webcam, fotografandosi nudi, con il fine di estorcere loro denaro attraverso la minaccia di diffusione di tale materiale.

Altre minacce sono costituite, poi, dal cyberbullismo (dove in questo caso le aggressioni e le diffamazioni online provengono da altri ragazzi che sfruttano le fragilità dei loro coetanei) e le social challenge, consistenti in presunte sfide e prove di coraggio che si tramutano in concreti rischi per i ragazzi. Ad esempio, il “Black out game” – una delle declinazioni di questo fenomeno – consiste nel mettere in atto procedure (con l’aiuto anche di coetanei) per indursi un progressivo stato di asfissia, sfiorando lo svenimento per poi sperimentare l’euforia conseguente al ripristino della respirazione normale, riprendendosi e caricando i video su circuiti di videosharing. Altre pratiche sono il binge drinking (bere molto alcol in poco tempo sino a perdere il controllo), il knockout (colpire con un pugno uno sconosciuto senza motivo) e il rooftopping, una pratica che induce giovani ad arrampicarsi su palazzi per immortalarsi in pose pericolose su palazzi pubblici o seduti su cornicioni alti di strutture pericolanti.

3. Sharenting e nuove proposte di legge

Proprio al fine di tutelare e limitare la presenza dei minori sui social sono state avanzate varie proposte di legge[2], non solo per preservarli dagli effetti negativi derivanti dall’uso di internet ma anche per disciplinare due preoccupanti fenomeni: lo sharenting e lo sfruttamento economico dei baby influencer.

Il fenomeno dello sharenting – consistente nella pubblicazione online di immagini dei minori da parte dei genitori, già dall’età di due anni, prevalentemente su Facebook (non solo sulla bacheca della propria pagina personale, ma anche in gruppi aperti e pubblici), Instagram e Twitter – interessa soprattutto i bambini dagli zero ai tre anni, ma in realtà molti genitori pubblicano foto dei figli anche dopo il quarto anno di vita. Questo significa che al raggiungimento dell’età per il consenso digitale (in Italia fissato a 14 anni, anche se quasi tutti i social prevedono come età minima richiesta per iscriversi 13 anni, mentre il GDPR parla di 16 anni) un adolescente medio avrà già una notevole presenza social.

In Francia, ad esempio, si è cercato di arginare questo fenomeno introducendo delle leggi volte a sanzionare i genitori per la pubblicazione non autorizzata di immagini dei propri figli.

Le citate proposte di legge si muovono lungo le seguenti direttrici:

– introduzione di un obbligo per i genitori di informare l’AGCOM circa la condivisione mediatica tramite una dichiarazione firmata da entrambi;

– regolazione del fenomeno cd. dei baby influencer (bambini che prestano la propria immagine per promuovere prodotti e servizi attraverso le grandi piattaforme di condivisione video e di social network). Si vuole in tal modo evitare il rischio di sfruttamento commerciale dei minori, prevedendo che eventuali guadagni ottenuti dalla loro immagine sui social network debbano essere depositati in un conto corrente intestato al minore, a lui accessibile solo al raggiungimento della maggiore età, se non per motivazioni eccezionali, garantendo così una tutela finanziaria dei diritti del minore;

– diritto all’oblio: il minore al compimento del 14º anno di età può richiedere la rimozione dal web di tutti i contenuti che li vede protagonista, a tutela della sua privacy e del suo diritto all’autodeterminazione.

4. Possibili rimedi in un mondo tecnologico

In conclusione, è bene precisare che indubbiamente in un mondo tecnologico come il nostro non è sempre possibile tenere i bambini lontani dai dispostivi elettronici, né ovviamente ha senso demonizzare il loro uso, però è fondamentale che si tenga conto, prima di tutto, dei limiti di età, evitando un approccio prematuro (in questo senso è opportuno seguire le indicazioni citate sopra, fornite dalle Associazioni pediatriche).

In secondo luogo, è indispensabile stabilire dei limiti di tempo e scandire precisamente quali momenti della giornata possono essere dedicati all’impiego dei device. Ciò sarà importante, non solo per tutti gli aspetti di cui si è detto, ma anche per consentire di comprendere sin da piccoli l’importanza del rispetto delle regole e dell’uso sapiente del tempo. Infine, è senz’altro cruciale garantire un utilizzo controllato, impostando i necessari blocchi a siti o app (soprattutto quelli che consentono l’accesso in rete e di comunicare con estranei) con le dovute autorizzazioni, escludendo totalmente l’accesso al mondo dei social.

Chiara Airoma


[1] Nel 2023 sono state 3444 le denunce sporte agli Uffici della Specialità della Polizia di Stato.

Il Centro Nazionale per il Contrasto alla Pedopornografia online (CNCPO) nel 2024 ha analizzato 42.000 siti web, di cui 2.775 sono inseriti nella black list per contenuti pedopornografici.

Fonte: Report 2024 della Polizia Postale e per la sicurezza cibernetica

[2] n. 1771/2024; n. 1800/2024; n. 1863/2024; n. 1217/2024

 

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