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Legalizzare il suicidio assistito riduce davvero il suicidio?

eutanasia universitari per la vita Jan 13, 2023

da universitariperlavita.org

In continuazione si ripete, come già successo a suo tempo per l’aborto, che il suicidio assistito diminuirebbe i tassi di suicidio. Per usare una terminologia cara ai fautori della 194, “socializzerebbe il fenomeno” e preverrebbe i “suicidi clandestini”. Come se un atto cattivo non fosse per sua natura clandestino e nascosto proprio perché cattivo. Ma le cose stanno davvero così? Guardiamo all’esperienza di altri paesi dove le leggi inique che legalizzano questi atti intrinsecamente malvagi sono già realtà.

Legalizzare il suicidio assistito e l’eutanasia aumenta il rischio di suicidio, secondo una recente ricerca dell’Anscombe Bioethics Centre del Regno Unito.

Ciò contraddice l’idea di fondo alla base delle giurisdizioni in cui l’eutanasia o il suicidio assistito sono stati legalizzati. L’organizzazione svizzera di suicidio assistito Dignitas, ad esempio, ha affermato che:

L’opzione di un suicidio assistito/accompagnato senza dover affrontare i gravi rischi inerenti ai tentativi di suicidio comunemente noti è uno dei metodi migliori per prevenire tentativi di suicidio e suicidio. Può sembrare paradossale: per prevenire tentativi di suicidio bisogna dire “sì” al suicidio”.

Tuttavia, l’evidenza sperimentale porta a conclusioni diametralmente opposte. Il professor David Albert Jones, direttore dell’Anscombe Bioethics Centre, nella ricerca citata precedentemente, ha esaminato diversi studi in Europa, Canada e Stati Uniti in riviste peer reviewed. Alcune evidenze:

  • I tassi di eutanasia o suicidio assistito aumentano in modo significativo
  • I tassi di suicidio (sia assistito sia non assistito) aumentano in modo significativo
  • L’aumento dei suicidi è sproporzionatamente alto nelle donne

Le prove disponibili puntano tutte nella stessa direzione: in relazione agli sforzi della società per scoraggiare il suicidio, la legalizzazione dell’eutanasia o del suicidio assistito, a conti fatti, fa male non bene.

Scrive il prof. Jones (grassetto nostro ndr.):

Non si tratta di negare che alcune persone potrebbero scoprire che la presenza di forme di suicidio assistito le fa sentire più sicure e meno inclini al suicidio, ma ci saranno anche persone che scopriranno che la presenza di tali possibilità le fa sentire meno sicure come se dovessero giustificare la loro continua esistenza”.

L’introduzione dell’eutanasia nella legge e nella pratica medica rappresenta quindi una minaccia alla prevenzione del suicidio.

Scrive ancora il prof. Jones (grassetto nostro ndr.):

“Se l’eutanasia è riconosciuta come una forma di suicidio, sebbene in genere meno violento o impulsivo rispetto a molte altre forme di suicidio, l’imperativo di prevenire il suicidio si applica anche al modo in cui vengono segnalati i casi di eutanasia. Queste morti non dovrebbero essere presentate come necessarie o inevitabili e non dovrebbero essere romanzate. Anche laddove sia legale, l’eutanasia non dovrebbe essere pubblicizzata o incoraggiata. Soprattutto, non dovrebbe essere affermato né esplicitamente né implicitamente che si debba provare vergogna nel vivere con una disabilità o una malattia o nel ricevere aiuto e sostegno. Non si deve mai dare per scontato che la dignità umana possa essere recuperata solo con un suicidio.”

Il male, così come il bene, è diffusivo, e non viene combattuto compiendo atti di “male minore”, perché anche questi di fatto contribuiscono alla diffusione del male. Il male può essere contrastato solamente con un bene integrale, che per ciò stesso si oppone radicalmente ad esso. La scelta del bene e del male chiama in causa il libero arbitrio e la responsabilità personale di ciascuno, nelle occasioni che ogni giorno ci si presentano. Ma ciò non significa legittimità morale di fare egualmente il bene e il male. Risuona attuale il monito di San Paolo nella lettera ai Galati:

“Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri. Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso. Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! […]. E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo. Poiché dunque ne abbiamo l’occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede.” 1

Non serve fare cose straordinarie, basta cominciare a valutare quale è il vero bene in gioco, e compierlo. Stare vicini a una persona che soffre, spiegare le ragioni delle nostre posizioni, sono tutte occasioni per fare il bene, per esercitare la carità che servono, oltre che per la nostra crescita personale, anche per stimolare gli altri.

Con le dovute proporzioni, credo si possa considerare valido per la nostra missione questo enunciato di Vittorio Messori, che ricorda anche l’importanza di affidarsi a Cristo, di non contare solamente sulle nostre forze:

“Con le sue sole forze nessuno può dare agli altri la fede in Dio; tutti, però, possono impegnarsi per incrinare la fede nei tanti feticci e idoli dell’oggi” 2

 

Riferimenti

[1] Gal 5, 13-15; 6, 9 -10

[2] Messori V., Scommessa sulla morte – La proposta cristiana: illusione o speranza?, SEI, 1982, p. 21

 

 

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