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La strategia della Luca Coscioni otterrà l’omicidio di Stato?

associazione luca coscioni universitari per la vita Feb 28, 2025

di Universitari per la Vita

Il 10 febbraio scorso, in seguito all’approvazione della legge regionale toscana, si è instaurato un imponente dibattito sul tema del “suicidio assistito”. L’Associazione Luca Coscioni, capofila nella battaglia per la liberalizzazione di questo crimine, sta adottando una strategia molto efficace: in seguito alla legalizzazione dell’eutanasia passiva (i.e., omissione di trattamenti di sostegno vitale) con la promulgazione della legge 219/2017 sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT) i fautori della “buona morte” sapevano di non poter ottenere a breve termine anche una legislazione nazionale mirante alla legalizzazione dell’eutanasia attiva (i.e., condotta volta direttamente alla soppressione del paziente, tramite somministrazione di un farmaco letale) e del suicidio assistito. Di conseguenza, per obbligare il Parlamento a procedere in tal senso, si è deciso di instaurare una situazione di liberalizzazione se non de iure, quantomeno de facto di eutanasia e suicidio assistito. Ciò mediante due principali linee operative.

Disobbedienza civile sull’istigazione al suicidio

I radicali hanno saputo sfruttare a proprio vantaggio singoli casi pietosi di persone con situazioni gravemente compromesse, agevolando il loro proposito suicidario e costituendosi poi alle autorità competenti per creare “il caso”, rilanciato dai media. Il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, si è speso in prima persona nell’accompagnare in una clinica svizzera Fabiano Antoniani, alias Dj Fabo, morto il 27 febbraio 2017, facendosi in seguito processare per il reato di istigazione al suicidio e dando massima risonanza mediatica al fatto. Tutto ciò ha portato, nel 2019, alla gravissima sentenza n. 242 della Corte costituzionale che ha sancito, in base alla stessa legge 219, la parziale illegittimità costituzionale dell’articolo 580 del Codice Penale escludendo così la punibilità di coloro che agevolano «l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente» (tondi nostri). Questo ha permesso a diverse persone di ottenere, dalla propria ASL di appartenenza, l’autorizzazione al suicidio assistito.

La proposta regionale di iniziativa popolare “Liberi subito”

Nel frattempo, cavalcando l’onda di tale sentenza e dei diversi casi, opportunamente pubblicizzati, di persone che hanno ricorso al suicidio assistito, l’associazione si è alacremente adoperata per raccogliere firme su tutto il territorio per ottenere l’approvazione di singole leggi regionali per il suicidio assistito. La proposta di legge, denominata “Liberi subito”, è stata già depositata in 18 regioni e approvata dalla giunta regionale toscana. Attualmente, si trova in discussione anche in altre regioni, in stadi più o meno avanzati (qui l’Associazione Coscioni riporta lo “Stato avanzamento lavori”). Lo scopo è chiaro: fare pressioni sul Governo circondandolo di “casi” a mo’ di città assediata da un esercito.

Tale strategia, ha già ottenuto i suoi tristi effetti spingendo allo scoperto ben due ministri in carica. Dapprima, il Ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, il quale ha pubblicato il 14 febbraio scorso un post sui propri canali social chiedendo: «Sarebbe giusto, secondo te, che il Parlamento approvasse una legge sul “fine vita”, per stabilire criteri, modi e tempi per permettere ai malati terminali di decidere, in piena coscienza, di porre fine alla propria esistenza?». Al di là del risultato, scontato, di una semplice domanda, bisognerebbe chiedersi se una maggioranza, fosse anche assoluta, abbia il potere di sancire che è legittimo uccidere e uccidersi. 

A seguire, il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, preoccupato per le “fughe in avanti” delle regioni, si è pronunciato il 21 febbraio scorso a favore di una “sintesi”, di hegeliana memoria: «si tratta di un argomento complesso, ma al di là delle diverse sensibilità politiche credo sia importante trovare una sintesi, i tempi sono giusti e maturi per una legge buona per tutti». I tempi sembrano sempre maturi per trasgredire la legge morale ma mai abbastanza per rendersi conto delle mostruose conseguenze che questo comporta.

La soluzione non sta in una inverosimile “impugnazione” dei progetti di legge da parte del governo. Piuttosto, contrastare le leggi ingiuste significa respingere le idee erronee su cui si fondano. Come ben spiegato dal prof. Mario Palmaro (1968-2014) nella rivista trimestrale Quaderni di San Raffaele (n. 1, febbraio 2009), «il fondamento dell’eutanasia legale è sempre un giudizio sulla qualità della vita della persona che soffre. E questo è il punto debole principale di ogni tentazione eutanasica: alla fine, i liberali ultra-tolleranti e il nazismo sadico e totalitario vanno a braccetto intorno a un giudizio di valore: la vita dell’uomo vale soltanto a certe condizioni» (p. 37). Il dibattito sull’eutanasia è viziato da una domanda sbagliata: «la questione non è: è meglio stare bene o stare male? Essere sani o precipitare nel coma? Perché è ovvio che, messe le cose in questi termini, chiunque risponderà: molto meglio vivere nella pienezza delle proprie facoltà e funzioni. Ci mancherebbe. La vera domanda è un’altra. Che cosa è lecito fare all’uomo di fronte a una malattia grave, a una menomazione, a un handicap, e a qualsiasi situazione di grave compromissione della salute? Si può uccidere per pietà? Questa è la domanda giusta» (p. 32).

Oggi, l’intero dibattito sul tema sembra fondarsi proprio sul mito dell’autodeterminazione. Eppure, normalmente, l’istanza eutanasica prevede la presenza di un “comitato etico” che decida se il paziente versi o meno nelle condizioni per ottenere il suicidio assistito. Ma questo, sottolineava con perspicacia Palmaro, va proprio a discapito di quel famoso principio del consenso o dell’autodeterminazione del paziente, facendo sì che prevalgano ben altri argomenti. Fino ad arrivare al cosiddetto “pendio scivoloso” «che viene imboccato ogni volta che si supera il confine di un principio etico assoluto». Infatti, tra uccidere e non uccidere «c’è una linea di demarcazione molto netta. Ma una volta che si legalizza l’omicidio per motivi pietosi, anche se con molte limitazioni e condizioni, il “Rubicone morale” è stato superato una volta per tutte, e nulla può più frenare una sciagurata caduta verso il basso, che è nella natura delle cose».

In realtà, «saremo in ogni caso vittime dell’arbitrio. A definire i parametri meritevoli di vita, e meritevoli di morte, potrà essere chiamata una commissione di medici; un comitato etico; un collegio di giudici; o chi volete voi. Ma in ogni caso saranno parametri stabiliti da uomini a danno di altri uomini […]. Se il fondamento della dolce morte fosse davvero il principio di autonomia, un giovane sano che chiedesse la buona morte, per ciò stesso, dovrebbe essere accontentato. Il nostro diverso giudizio sul malato terminale e sul giovane sano dipende da un paradigma implicito: quello della “qualità della vita” […] (pp. 36-38). 

Non è vero che “resteranno liberi quelli che non vogliono l’eutanasia”, «perché per il solo fatto di renderla possibile, si trasforma automaticamente in una scelta problematica quella del vivere, del continuare a lottare contro una malattia, del curare con impegno […]. Di più, con l’eutanasia per legge si provoca anche un effetto disincentivante sull’attività medica: si introduce una cultura che preferisce la rimozione dei problemi, invece che lo sforzo della loro risoluzione».

Confidiamo che tali considerazioni costituiscano utile spunto di riflessione per l’on. Schillaci il quale, ancor prima che ministro, è un esperto medico.

Fonte: CR

 

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