La saggezza dei poveri
Sep 29, 2022di Silvana De Mari
Scripta manent, proverbi, modi di dire e superstizione, la cultura dei poveri germogliata spontanea come i fiori selvatici tra i sassi delle strade. Oltre agli scritti ci sono rimasti anche oggetti, il cornetto rosso per esempio.
Il nostro cervello ha due emisferi, apparentemente simmetrici in realtà diversissimi. Entrambi hanno lo scopo di raggiungere la conoscenza della realtà, di intuire le possibilità di modificarla a proprio favore, permettendo così la sopravvivenza L’emisfero sinistro, che controlla la parte destra, è pragmatico e razionale, usa la logica quello destro usa la metafora e l’analogia, è cioè analogico. Dall’interconnessione dei due emisferi nasce la nostra vita, la cultura, l’arte, la musica e, soprattutto, la capacità di raccontare storie e trarne significati.
Per comprendere la Storia possiamo studiare saggi, ricostruire le date, leggere diari, epistolari oppure bollettini di guerra, i proverbi e i detti, o anche analizzare i miti, le fiabe, le regole scaramantiche. Dalla nostra capacità analogica nasce il mito, la fiaba e anche la superstizione, che è la versione pezzente dell’arte della divinazione, dall’oroscopo ai tarocchi, peraltro altrettanto illogica.
La superstizione è il regno dell’impotenza, la fuga degli impotenti verso l’inutile. Essere impotenti è tragico, meglio fare qualcosa di assurdo che non fare nulla, l’assurdità ci da un’illusione di avere un qualche controllo sulla realtà e questo evita la paralisi. La superstizione è quindi un mezzo povero ma potente per illudersi di avere potere, una qualche capacità di conoscere la realtà e modificarla. Questa illusione è fondamentale per evitare la disperazione, il dolore totale. È interessante notare come la nostra epoca di apparente amore per la scienza si stiano moltiplicando in maniera vertiginosa le pratiche divinatorie.
Anche la superstizione germoglia quindi dalla capacità analogica dell’ emisfero di destra e può considerarsi quindi una parte della letteratura fantastica. La letteratura fantastica, superstizione inclusa, è il luogo dove teniamo i mostri. Quando qualcosa è troppo atroce per guardarlo in faccia perché ci brucerebbe gli occhi per l’orrore lo nascondiamo nelle volute d’oro e d’argento della fiaba, dove, protetto da lieto fine e dall’ambientazione fantastica, diventa raccontabile.
Nelle grandi fiabe classiche è contenuta la persecuzione di bambini, assassinati, Biancaneve, massacrati di lavoro Cenerentola, a rischio di incesto, Pelle d’asino, a rischio di essere mangiati: Hansel e Gretel e Pollicino ci ricordano l’esistenza del cannibalismo. Nelle grandi carestie, nella Germania della guerra dei trent’anni, come anche secoli dopo nell’ Ucraina di Stalin, si arriva sempre al cannibalismo. Dopo che ci siamo mangiati morti però non osiamo più guardarci in faccia, quindi il cannibalismo è stato negato, non è stato raccontato, ma è rimasto incastonato nelle fiabe.
Il cornetto rosso portafortuna, paradigma della superstizione, è in realtà un simbolo fallico. L’eruzione di Pompei ci ha consegnato il reperto straordinario di una città romana, con le sue strade, i suoi mercati, le sue ville, i suoi affreschi. I falli sono ovunque, enormi, dipinti o scolpiti, non solo nei postriboli, dove onestamente la loro presenza è prevedibile, ma anche le case comuni. L’impero romano è morto di denatalità. La liberalità dei costumi sessuali, il diritto dei padroni di far subire alle schiave, ma anche agli schiavi, qualsiasi atto erotico, ha scatenato una diffusione spaventosa di malattie, una serie infinita di prostatiti e annessiti senza contare la tragedia della gonorrea, con conseguente malattia e morte e soprattutto sterilità.
A questo si aggiunge la vanità femminile. Un incarnato perfetto veniva raggiunto grazie alla biacca, a base di piombo, mentre le labbra vermiglie venivano ottenute con un composto a base di mercurio. Analizzando i denti degli scheletri rinvenuti a Pompei sono evidenti i depositi di metalli pesanti soprattutto piombo, ben più gravi delle donne. Il primo sintomo dell’intossicazione da metalli pesanti è l’aspetto avvizzito della pelle, motivo per cui aumentavano l’uso della biacca, il secondo è l’infertilità. I romani vedevano in faccia la propria morte, l’estinzione. Non riuscivano più a mettere al mondo abbastanza bambini, e i bambini sono il futuro di un popolo, sono la bellezza di un popolo, sono la speranza di un popolo.
Disperati e impotenti si sono rifugiati nella superstizione, che è la scappatoia verso l’ inutile. Hanno riempito le loro case di inutili falli. Privato dei suoi figli l’impero romano non ha più avuto abbastanza uomini per il suo esercito. Ha usato quindi i figli di altri popoli, i barbari, che poi, ovviamente, hanno rovesciato dal trono di imperatore incipriati bambolotti per sostituirli con i loro generali. Nessun popolo è in grado di sopravvivere alla perdita della morale sessuale. Solo la castità, la fedeltà e la bellezza naturale avrebbero garantito la sopravvivenza di un impero che è avvizzito su se stesso, lasciandoci magnifici vestigia ed inutili falli, ingentiliti poi nel cornetto rosso portafortuna.
Un altro esempio di catastrofe storica finita nella superstizione è il detto: Né di Venere né di Marte, non si sposa non si parte, né si dà principio all’arte. Venerdì è il giorno della crocifissione di Cristo. Martedì cosa avrebbe di disastroso? Venerdì e martedì sono i due giorni in cui si recita il Rosario dei Misteri Dolorosi, teoricamente dovrebbero anche essere i due giorni di digiuno se non proprio di magro. Tutto questo però non giustifica per il martedì un giudizio così severo, evitare il matrimonio, le partenze, addirittura l’inizio di una qualsiasi attività. In realtà questa specie di filastrocca ricorda una delle grandissime tragedie europee. Martedì 29 maggio 1453 cade Costantinopoli, città cristiana che oggi si chiama Istanbul. Costantinopoli era la terza città santa della cristianità. In questo incredibile e cosmico piagnisteo, in questa trionfale mistica della penitenza tutti mostrano le proprie inconsolabili cicatrici su quanto la storia li ha presi a calci pretendendo che la storia sia riscritta. Qualcuno ha chiesto giustizia per Costantinopoli?
Istanbul quando si chiamava Costantinopoli era una città magnifica, capitale di un impero fiorente di arte, cultura, scienza e filosofia. Era la terza città santa della cristianità, il luogo dove la cristianità, grazie a Costantino, era uscita dal buio catacombale dell’illegalità per cominciare il suo trionfo. Qualcuno si è inginocchiato per Costantinopoli? I racconti cristiani della caduta sono atroci, ma anche quelli turchi lo sono.
Quando per il favore divino la fortezza fu espugnata, il nemico perdette ogni forza e fu incapace di reagire. Il popolo fedele non incontrò più ostacoli e pose mano al saccheggio in piena sicurezza. Si potrebbe dire che la vista della possibilità di poter fare bottino di ragazzi e belle donne devastasse i loro cuori e i loro animi. Trassero fuori da tutti i palazzi, che uguagliavano il palazzo di Salomone e si avvicinavano alla sfera del cielo, trassero nelle strade strappandole dai letti d’oro, dalle tende tempestate di pietre preziose, le belle dai morbidi capelli, uguali alle chiome degli idoli, appartenenti alle razze più diverse, e i giovinetti che suscitavano turbamento, incontri paradisiaci.
Questa è la descrizione della presa di Costantinopoli da parte di Maometto II. Il brano è tratto da Storia del signore della conquista di Tarsun Beg Kemal, vale a dire che è il racconto ufficiale, quello su cui i bambini turchi studiano la storia. Hanno signorilmente sorvolato sui bambini decapitati nella Chiesa di Santa Sofia insieme alle loro madri, su tutti i crocifissi e gli impalati, e si sono limitati a “abbiamo stuprato le donne e i ragazzini”. La storia della Turchia comincia con: abbiamo stuprato le donne e i ragazzini, e lo abbiamo scritto serenamente perché nella nostra religione questo è permesso.
La Cristianità già spazzata via dal nord Africa, dalla Siria , dal Medio Oriente, si è trovata accerchiata su questo scoglio che è l’Europa. Il Mediterraneo è diventato un mare islamico, abbiamo abbandonato le coste per non finire schiavi. Poi abbiamo dato la spallata. Caterina d’Aragona ha riconquistato la Spagna. Il Mediterraneo era islamico, abbiamo conquistato l’Atlantico. E poi ci sono state le due vittorie di Lepanto e Vienna. Quindi, non abbiate paura. Quando vi mettono con le spalle al muro lasciate perdere superstizione, quello che vi salverà è il coraggio.
L’immagine della foto riguarda il genocidio degli armeni, l’ultimo atto del massacro di cristiani cominciato a Costantinopoli.
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