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La morale cattolica e le ideologie omosessualista e del gender nel magistero di J. Ratzinger /Benedetto XVI

il blog di sabino paciolla lucia comelli Jun 13, 2023

“Maschio e femmina Egli li creò” (Gen 1,27). A. Rodin, la Mano di Dio.

 

di Lucia Comelli 

In questi ultimi anni, mi sono trovata spesso impegnata a contrastare l’avanzata delle teorie gender e dell’omosessualismo a scuola, ultimamente affiancandomi – in qualità di addetta stampa dell’Associazione Non si tocca la Famiglia – ad alcuni genitori presi in contropiede da discutibilissime iniziative che, loro malgrado, coinvolgono i figli. Siccome capita che a sostenere progetti di tal fatta, o a minimizzarne l’impatto su adolescenti e bambini, siano anche persone che si proclamano cristiane, mi ha fatto piacere ascoltare online la lezione del prof. Livio Melina, già Preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, sul tema dei rapporti tra queste ideologie e l’antropologia cattolica nel pensiero di J. Ratzinger/Benedetto XVI[1]

Storicamente, le prime nascono nel contesto della rivoluzione sessuale, cioè all’interno di quella che il filosofo Augusto Del Noce ha definito come la più grande crisi metafisico, etico e religiosa che l’Occidente abbia mai affrontato nella sua storia. Un’eversione della morale tradizionale giudaico-cristiana che si basa sulla negazione scientista del finalismo in natura e considera la sessualità come fondata semplicemente sugli istinti. Questa visione materialistica dell’essere umano, nata dal rifiuto del puritanesimo protestante, si è successivamente rovesciata in un permissivismo che trae alimento anche dalla contestazione freudiana della repressione degli istinti, considerata la principale fonte di disagio nelle società civili.

La rivoluzione sessuale porta ad una serie di rotture:

  • del legame naturale tra sesso e procreazione, attraverso la pratica della contraccezione e la procreazione artificiale;
  • tra sessualità e matrimonio;
  • tra il sesso e la differenza sessuale, con la conseguente normalizzazione dell’omosessualità.

Queste fratture portano ad una decostruzione dello stesso concetto di famiglia – fondato sul legame indissolubile tra un uomo e una donna – cui si sostituisce quello di ‘famiglie’, cioè di una pluralità di modelli, tutti egualmente degni di legittimazione sociale e giuridica.

Marx nell’Ideologia tedesca (1946) ha definito l’ideologia come: la giustificazione teorica che maschera un interesse inconfessabile. Quale sarebbe tale interesse nel nostro caso? Hebert Marcuse, grande protagonista della rivoluzione sessuale del 1968, ha osservato come nella prima fase del capitalismo fosse necessaria una morale che disciplinasse in modo rigido i costumi sessuali, come è accaduto con il puritanesimo protestante. Successivamente, è invece diventata vantaggiosa per il capitalismo la liquidazione della famiglia [cioè di ogni forma solida di appartenenza e identità]. Questo comporta:

  • la fine del matrimonio inteso come legame indissolubile tra un uomo e una donna;
  • la dissoluzione dell’autorità paterna;
  • la negazione della procreazione come fine della sessualità e il misconoscimento che quest’ultima si fonda sulla differenza sessuale [come suggerisce la stessa parola sesso = dal latino secare/tagliare ovvero, in senso figurato, distinguere].

Il grande teologo Joseph Ratzinger, a lungo Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, divenuto papa con il nome di Benedetto XVI, ha tenuto il 21 dicembre 2012 un importante discorso di fronte alla curia romana, sostenendo che il gender rappresenta un grave attentato non solo all’autentica forma della famiglia, ma all’essere umano in quanto tale: L’uomo contesta di avere una natura precostituita dalla sua corporeità, e decide di crearsela lui stesso [del resto la teoria della fluidità di genere concorre ampiamente all’affermarsi del cosiddetto transumanesimo]:

“Secondo il racconto biblico della creazione, appartiene all’essenza della creatura umana di essere stata creata da Dio come maschio e come femmina. Questa dualità ora viene contestata. […]. L’uomo contesta la propria natura. Egli è ormai solo spirito e volontà. La manipolazione della natura, che oggi deploriamo per quanto riguarda l’ambiente, diventa qui la scelta di fondo dell’uomo nei confronti di se stesso. […]  Se, però, non esiste la dualità di maschio e femmina, allora non esiste neppure più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione. Ma in tal caso anche la prole ha perso il luogo che finora le spettava e la particolare dignità che le è propria: essa, da soggetto giuridico a sé stante, diventa ora necessariamente un oggetto, a cui si ha diritto e che ci si può procurare. Dove la libertà del fare diventa libertà di farsi da sé, si giunge necessariamente a negare il Creatore stesso e con ciò, infine, anche l’uomo quale immagine di Dio viene avvilito nell’essenza del suo essere. Nella lotta per la famiglia è in gioco l’uomo stesso[2]”.

La nuova filosofia della sessualità espressa nell’ideologia gender distingue quindi la sessualità (che è un dato naturale) dal genere, cioè dall’identità sessuale vissuta: essa va intesa come il frutto di una scelta che può prescindere dal dato naturale, coltivando l’illusione che la corporeità – grazie agli ormoni, alla chirurgia e all’abbigliamento – possa realmente adeguarsi alle percezioni soggettive. Questa ideologia mette in discussione non solo la famiglia, come forma sociale; ma l’essere umano stesso nelle sue relazioni costitutive (l’essere padre, madre, figlio, sorella…). Essa concepisce l’essere umano come un individuo isolato, che ha il potere di crearsi un’identità a prescindere dalla natura e dalle relazioni con gli altri.

Dio nella tradizione giudaico – cristiana ha scelto di comunicarsi all’uomo attraverso un linguaggio familiare, per cui nell’Antico Testamento Egli si è presentato al Suo popolo come lo sposo di Israele. Nel Nuovo Testamento Cristo ha rivelato Dio come il Padre di cui Egli è il figlio unigenito: gli esseri umani stessi con il Battesimo diventano figli adottivi di Dio e quindi tra loro fratelli. Se questo linguaggio familiare non ha più in Occidente una base esperienziale, visto che le persone sovente non fanno più esperienza della fraternità (o della paternità/maternità), si perde la capacità di comprendere il Dio cristiano. La questione dell’omosessualismo e del gender non sono semplicemente questioni di morale individuale, ma riguardano anche la morale sociale, l’antropologia e, ultimamente, la stessa teologia: è in gioco la visione stessa dell’uomo, fatto ad immagine e somiglianza di Dio e chiamato al dono di sé, così come la possibilità di comunicare ragionevolmente la fede cristiana.

La prima questione è quindi antropologica: si tratta della libertà e del suo legame con il corpo. Secondo J. Ratzinger, nell’epoca moderna la libertà è considerata il bene più alto, ma si è affermata un’interpretazione radicale [e nichilista] della stessa che la contrappone alla verità: il percorso filosofico moderno – da Cartesio a Rousseau, Kant e infine a Sartre – le ha del tutto separate, teorizzando l’emancipazione umana da qualsiasi riferimento ad una natura che preceda e orienti la sua libertà. Un’idea radicale dell’esistenza che – negando il presupposto creaturale – si costruisce autonomamente imponendosi sull’essere e considera lo stesso corpo come una sorta di materiale infinitamente plasmabile. Questa concezione è ultimamente disperante: non ci sono principi, non ci sono presupposti, il volere è totalmente anarchico e ogni esito dell’agire umano è egualmente votato allo scacco[3]. Nella concezione cristiana la libertà, per essere autentica, deve invece essere legata ad un senso e ad una Verità che la precede. Ratzinger ha dato un contributo fondamentale alla teologia riconoscendo come provvidenziale l’incontro tra la metafisica greca e la Rivelazione biblica, cioè tra il grande pensiero del Logos e la fede nel Verbo che si è fatto carne in Cristo. Esiste una legge naturale che non è una legge fisica/biologica, constatabile empiricamente dalle scienze naturali, ma è piuttosto la legge del Logos che si esprime nell’ordine della creazione. Il corpo dell’uomo non è come per Cartesio una semplice res extensa, cioè materia inerte contrapposta al pensiero. Esso – si leggano le formidabili catechesi sul corpo di San Giovanni Paolo II – è sacramento della persona: è infatti nell’unità di anima e del corpo, che l’uomo si pone come soggetto dei propri atti morali. Cioè, il corpo non è una materia priva di significato, manipolabile a piacimento dalla volontà umana, ma ha un suo linguaggio, una verità da esprimere che si radica nell’ordine stesso della creazione. Il primo gennaio 2007 – nella Messa celebrata in occasione della XL Giornata mondiale per la pace – Papa Benedetto XVI, citando Papa Wojtyla, ha osservato come nel corpo sia iscritta una sorta di grammatica che ci comunica verità essenziali: la differenza sessuale tra l’uomo e la donna, cioè la loro complementarità, ci mostra che essi sono fatti per amarsi (significato sponsale del corpo) e per comunicare la vita (suo valore procreativo). Successivamente, 13 maggio 2011, in uno splendido discorso[4], il pontefice ha sottolineato un terzo elemento: il nostro è un corpo ricevuto, filiale, che porta in sé le tracce di un padre e di una madre:

[…]  Il corpo ci parla di un’origine che noi non abbiamo conferito a noi stessi. “Mi hai tessuto nel seno di mia madre”, dice il Salmista al Signore (Sal 139,13). Possiamo affermare che il corpo, nel rivelarci l’Origine, porta in sé un significato filiale, perché ci ricorda la nostra generazione, che attinge, tramite i nostri genitori che ci hanno trasmesso la vita, a Dio Creatore. Solo quando riconosce l’amore originario che gli ha dato la vita, l’uomo può accettare se stesso, può riconciliarsi con la natura e con il mondo.

Nell’ambito di questa antropologia radicata nel corpo umano, sorgente di relazioni costitutive per la persona e per la società, come si pone la questione del nostro agire?

Nel 1986 il cardinale Ratzinger, in una Lettera ai vescovi sulla cura pastorale delle persone omosessuali, ha affrontato – in qualità di Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede – il problema dell’omosessualità sviluppando quattro punti fondamentali:

 

  • Il valore unico e irripetibile di ogni persona, creata a immagine e somiglianza di Dio, precede e supera ogni valutazione morale, così come precede e supera la tendenza sessuale, pur costitutiva e importante. L’Enciclica Gaudium et Spes (24) afferma che l’uomo è l’unica creatura nel mondo visibile che Dio abbia voluto per se stessa: essa ha ai Suoi occhi un valore infinito ed è chiamata ad esprimere nella comunione delle persone, specie in quella tra l’uomo e la donna, la somiglianza con le persone della S.S. Trinità. Invece per l’ideologia omosessualista la persona coincide essenzialmente con il suo orientamento sessuale[5].
  • Che giudizio dare degli atti omosessuali, espressione di scelte della libertà umana? Il principio fondamentale della morale sessuale cattolica è che solo nel matrimonio legittimo tra un uomo e una donna la sessualità trova il suo vero senso: infatti, solo all’interno della relazione coniugale l’atto sessuale mantiene integro il suo valore di dono di sé all’altro (carattere unitivo) e l’apertura alla vita (carattere generativo). Senza questo contesto, la sessualità manca dei criteri oggettivi che la rendono pienamente umana, secondo l’ordine voluto da Dio. L’atto omosessuale non realizza una vera unità tra le persone (mancando la complementarità sessuale) e non genera altra vita: diventa un atto che tende a ripiegarsi su se stesso, narcisistico. Naturalmente, un conto è il giudizio sull’atto, intrinsecamente disordinato, altro la responsabilità morale soggettiva, che può essere condizionata, e quindi anche fortemente attenuata, dall’età del soggetto, dalla sua storia e dall’ambiente in cui vive.
  • La scoperta e la valutazione dell’orientamento sessuale. Solo in tempi recenti si è scoperta l’esistenza di dinamiche profonde nell’identità psicosessuale delle persone – magari come esito di violenze subite  che possono incanalarle in senso omosessuale: tali tendenze, che precedono e condizionano la libertà personale, pur rimanendo intrinsecamente disordinate, possono non rappresentare una responsabilità/colpa personale (se la persona non sceglie stili di vita e pratiche omosessuali che la condizionano fino a divenirne schiava). Tutte le inclinazioni sessuali disordinate devono essere comunque plasmate e dominate, attraverso l’esercizio della castità: una virtù a cui ogni credente è chiamato. La cultura gay – in cui si inseriscono l’omosessualismo come ideologia e la teoria del Gender – rivendicando il matrimonio egualitario, cerca una legittimazione sociale e giuridica ad atti e stili di vita fino a una totale equiparazione dell’omosessualità e di ogni altra pratica sessuale con l’eterosessualità. Si tratta di un cambiamento fortissimo del senso comune e della stessa dottrina della Chiesa, anche attraverso una nuova esegesi, modernistica, delle Sacre Scritture[6].
  • Un ultimo aspetto riguarda la questione pastorale, cioè quella di un accompagnamento delle persone orientate in senso omosessuale a vivere l’amore – che è la vocazione scritta nel carattere creaturale delle persone e nella stessa grammatica del corpo – nella forma di un’amicizia. L’esperienza dell’associazione americana Courage fondata da padre John F. Harvey[7], poi diffusasi a livello internazionale, mostra come sia possibile concretamente accompagnare le persone che sperimentano un’attrazione per lo stesso sesso in un percorso di fede[8].

In questa dinamica si è tuttavia inserita con forza una prospettiva teologica modernista [un “nuovo paradigma” come l’ha definito il card. Kaspers] che pretende di cambiare la dottrina morale della Chiesa: in nome di un personalismo equivoco e di un primato della coscienza soggettiva essa nega la possibilità che si diano nella vita morale degli assoluti, cioè atti oggettivamente incompatibili con il bene della persona (come ha invece ribadito l’enciclica Veritatis splendor di san Giovanni Paolo II). In questo modo questi orientamenti teologici rigettano l’invito a vivere quella chiamata la santità che vale per ogni battezzato secondo una dignità che viene prima dell’inclinazione e dell’identificazione sessuale di ciascuno.

Note: 

[1] L’incontro, il decimo di un corso di lezioni dedicate al magistero sociale di Benedetto XVI, è stato organizzato dalla rivista La nuova Bussola Quotidiana insieme all’Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân sulla DSC. Questo articolo si fonda per la maggior parte sulla lezione di mons. Melina (cioè sugli appunti che ho preso durante l’incontro, non rivisti dal relatore) e sulla lettura dei testi che egli ci ha segnalato e che si trovano agevolmente online. Le affermazioni tra parentesi quadre e le frasi in grassetto sono opera mia.

[2] Cfr. www.vatican.va (tutti i discorsi citati si trovano pubblicati integralmente in questo sito online).

[3] “Tutte le attività umane sono equivalenti […], tutte sono votate per principio allo scacco. È la stessa cosa, in fondo, ubriacarsi in solitudine o condurre i popoli”. Cfr. Sartre, Essere e nulla (1943).

[4] Ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II.

[5] La persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, non può essere definita in modo adeguato con un riduttivo riferimento solo al suo orientamento sessuale […] La Chiesa offre quel contesto del quale oggi si sente una estrema esigenza per la cura della persona umana, proprio quando rifiuta di considerare la persona puramente come un «eterosessuale» o un «omosessuale» e sottolinea che ognuno ha la stessa identità fondamentale: essere creatura e, per grazia, figlio di Dio, erede della vita eterna. Ratzinger, Lettera ai vescovi , op. cit. (16).

[6] Secondo queste interpretazioni, gravemente erronee e fuorvianti, la Bibbia: “non avrebbe niente da dire sul problema dell’omosessualità, o addirittura ne darebbe in qualche modo una tacita approvazione, oppure infine offrirebbe prescrizioni morali così culturalmente e storicamente condizionate che non potrebbero più essere applicate alla vita contemporanea”.  Se la letteratura biblica appare: “debitrice verso le varie epoche, nelle quali fu scritta, di gran parte dei suoi modelli di pensiero e di espressione” nel contesto di tale notevole diversità, mostra al proprio interno un’evidente coerenza sul comportamento omosessuale. Perciò la dottrina della Chiesa su questo punto è basata sul solido fondamento di una costante testimonianza biblica. Ivi, 4,5.

[7] Cfr. J.F. Harvey, Attrazione per lo stesso sesso. Accompagnare la persona, Edizioni Studio Domenicano 2016.

[8] “Come accade per ogni altro disordine morale, l’attività omosessuale impedisce la propria realizzazione e felicità perché è contraria alla sapienza creatrice di Dio. Quando respinge le dottrine erronee riguardanti l’omosessualità, la Chiesa non limita, ma piuttosto difende la libertà e la dignità della persona, intese in modo realistico e autentico”. Ivi,7.

 

FONTE : Il Blog di Sabino Paciolla

 

 

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