La Giornata della Memoria e la tenuta della democrazia odierna
Jan 27, 2022di Giorgio Canu
Sono passati 85 anni dal 1935, anno di promulgazione delle leggi razziali in Germania, e 75 anni da quel 27 gennaio 1945 in cui venne liberato il campo di concentramento di Auschwitz.
Come ogni anno celebreremo la Giornata della Memoria, per ricordare la shoah, i campi di sterminio, e prima ancora le leggi razziali, che tante ferite, dolore e morte hanno provocato innanzitutto agli ebrei, e poi a tutta la società, con il carico di odio e di discriminazione verso gli oppositori politici, deportati, o rinchiusi nelle patrie galere, come verso le persone fragili, portatori di handicap, anziani, che il progetto eugenetico del terzo Reich voleva eliminare.
Cosa abbiamo imparato dalla storia?
Oggi in Italia siamo in una situazione drammatica, non solo per la salute minacciata dal Coronavirus, non solo per l’economia che va a rotoli, ma anche e soprattutto per la tenuta della democrazia, per le discriminazioni e il clima di odio, alimentato dalla paura e dall’incertezza.
Come non fare il paragone con allora?
Proprio nella scuola, che dovrebbe essere maestra di vita, si manifesta il maggior contrasto tra ciò di cui ci viene chiesta la memoria e la realtà di cui sembra doversi tacere, tanto da sembrare che questo appuntamento del 27 gennaio stia diventando il giorno dell’ipocrisia: accettiamo una dittatura di fatto, ma ci riempiamo la bocca di retorica!
Si tengono lezioni e conferenze in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico, oltreché dei deportati militari e degli oppositori politici italiani, discriminati dal regime, vessati in ogni modo, imprigionati, uccisi; ricordiamo questo mentre molti ragazzi, subendo la più grave discriminazione dal tempo delle leggi razziali, si troveranno a seguire le celebrazioni in didattica a distanza e in quarantena, e molti loro docenti sono stati sospesi dall’insegnamento solo perché non vaccinati e perché si oppongono a leggi discriminatorie.
Si può far finta di niente?
Si può chiudere il discorso dicendo che le situazioni sono diverse o che le attuali discriminazioni in realtà non sono tali ma rispondono all’esigenza di tutela della salute (cosa dimostratasi non vera nei modi e negli strumenti) di fronte ad una malattia che ucciderebbe sempre e chiunque (anche questo tutto da dimostrare)?
Proprio per non far finta di niente e tentare una risposta a queste domande, è nata una iniziativa, che sta girando in questi giorni sui social-network e in varie chat, rivolta agli studenti e ai loro genitori in cui si invitano gli stessi ad un gesto di protesta:
Si tratta di non mandare a scuola bambini e ragazzi (non importa se vaccinati o non vaccinati), giovedì 27 gennaio e di giustificare l’assenza con una motivazione che potrebbe essere la seguente:
“Mio figlio (mia figlia) è stato assente in data 27 gennaio 2022, per protesta nei confronti dei recenti provvedimenti legislativi che creano discriminazione e odio, in modo che la Giornata della Memoria non rimanga solo vuota retorica”.
Non è una protesta contro il vaccino, o contro un nemico invisibile, ma una protesta semplice e pacifica che, se effettuata da un numero consistente di genitori, potrebbe aiutare a sollevare il velo di silenzio in cui si sta consumando l’inaccettabile discriminazione dei ragazzi nelle scuole italiane.
Chi ha lanciato l’idea la suggella con una frase di Primo Levi: “una facoltà ci è rimasta, e dobbiamo difenderla con ogni vigore perché è l’ultima: la facoltà di negare il nostro consenso”.
A questa iniziativa si potrebbe accostare la domanda rivolta ai ragazzi di guardare a quello che sta succedendo oggi, alla luce di quello che successe allora.
Per questo propongo una lettura di alcuni brevi testi su cui porre il confronto.
A partire dal 1933, la legge tedesca ridusse le attività consentite agli ebrei, che non poterono più frequentare scuole e università, ed esercitare talune attività come medico o avvocato; vennero espulsi dall’esercito, mentre i malati non vennero più ammessi negli ospedali pubblici.
Nel 1938 vennero proibiti agli ebrei i cinema, i teatri e gli impianti sportivi.
Nell’estate 1941, in tre famose prediche, il vescovo tedesco Clemens August von Galen denunciò il progetto nazista per l’eliminazione delle «vite senza valore». Ecco la lettera anonima che un ebreo, disperato ed impaurito, scrisse in risposta a quelle prediche:
“Purtroppo, quasi non si è abituati che degli uomini abbiano il coraggio di difendere la giustizia. Nella sua lettera potrebbe parlare soltanto di “persone tedesche”, contro le quali si commette un sopruso. Mi viene tolto persino il diritto di essere tedesco! Reverendo, lei saprà che il 19 settembre è previsto per noi un distintivo ebraico, così che nessuno possa più andare in strada senza il distintivo. Si viene esposti al volgo, chiunque può sputare addosso ad un altro, senza che ci si possa opporre. E -questo è sadismo- si è scelto per l’occasione l’inizio delle nostre festività più solenni. Reverendo, non direi niente se ci si mettesse tutti al muro e ci si sparasse, ma questo lento supplizio, questa umiliazione è disumana. Sono intimamente tormentato e afflitto da questa nuova miseria per migliaia di persone. Sorgerà chi ci porti aiuto?”
La casa editrice Allen & Unwin aveva trattato la pubblicazione di una traduzione in tedesco de Lo Hobbit con la Reutten & Loening di Potsdam. Quest’ultima scrisse a Tolkien per chiedergli se fosse di razza ariana (esattamente come oggi spesso ci si sente chiedere se si è vaccinati). Tolkien rispose:
Cari Signori,
grazie per la vostra lettera.[…]Temo di non aver capito chiaramente che cosa intendete per “ariano”. Io non sono di origine indo-ariana; per quanto ne so nessuno dei miei antenati parlava indostano, persiano, gitano o altri dialetti derivati. Ma se Voi volevate scoprire se sono di origine ebrea, posso solo rispondere che purtroppo non sembra che tra i miei antenati ci siano membri di quel popolo così dotato. (…) la gran parte dei miei avi è squisitamente inglese e io sono assolutamente inglese, il che dovrebbe bastare. Sono sempre stato solito, tuttavia, considerare il mio nome germanico con orgoglio (…) Non posso, tuttavia, trattenermi dall’osservare che se indagini così impertinenti e irrilevanti dovessero diventare la regola nelle questioni di letteratura, allora manca poco al giorno in cui un nome germanico non sarà più motivo di orgoglio.
La Vostra indagine è sicuramente dovuta a obblighi di legge ma (…) sarebbe scorretta anche se avesse (ma non ce l’ha) a che fare con il mio lavoro o con la sua idoneità alla pubblicazione, lavoro del quale sembravate soddisfatti anche senza sapere nulla della mia genealogia.
Confidando che troverete soddisfacente questa risposta, rimango il vostro fedele
J.R.R. Tolkien (La realtà in trasparenza, lettera 30 del 25 luglio 1938. pag 44-45- Bompiani 2001)
Dalla lettera del prof. Alessandro La Fortezza ai suoi alunni (estate 2021):
“Cari ragazzi,
forse a settembre a scuola non ci vedremo, perché sarò sospeso dall’insegnamento perché privo di green pass. Può sembrarvi strano o esagerato che non me ne voglia munire. Se però pensate a quante cose vi ho raccontato su tessere di partito senza le quali non si poteva lavorare, o sui tanti marchi di infamia che dispotismi di tutti i tempi facevano cucire sugli abiti di chi era discriminato, o ancora su una ragazzina nascosta in un retro-casa che ha riempito un suo quaderno con la sua fitta calligrafia, allora potrete capire la mia scelta.
Direte: “Ma prof.! Non è la stessa cosa!”. (*)
Lo so bene. Non è mai la stessa cosa. Magari le cose sbagliate si presentassero nella storia sempre nello stesso modo: le sapremmo riconoscere e ce ne difenderemo!
Comprendetemi, non avrei più nulla da insegnarvi se diventassi corresponsabile, seppure passivo, di uno strumento di discriminazione come il green pass.
Farò il vaccino quando e se sarò convinto che sia la cosa giusta da fare, non certo per andare al ristorante, ad un concerto o dove che sia. Nemmeno per conservare il posto di lavoro.
Inoltre, se anche un domani dovessi decidere di vaccinarmi, oppure se sentissi la necessità di sottopormi ad un tampone diagnostico, non scaricherei comunque il passaporto verde, affinché le mie scelte individuali non diventino motivo di discriminazione per chi avesse fatto scelte differenti.
Speriamo invece che vi sia un ravvedimento nelle coscienze e che si abbandoni la china pericolosa che è stata imboccata e che conduce a tristezze e infamità che credevamo superate”.
(https://www.lascuolacheaccoglie.org/2021/08/lettera-aperta-ai-miei-studenti.html)
(*) Hans Boersma, professore di teologia ascetica al Seminario Teologico Nashotah House, nipote del pastore riformato olandese Jannes van Raalte, che ha passato 3 anni nei campi di concentramento nazisti di Buchenwald e Dachau.
“Internet abbonda di paragoni tra i mandati di vaccinazione di oggi e il trattamento degli ebrei e dei dissidenti nella Germania nazista. La risposta è di solito che questi paragoni sminuiscono l’Olocausto, ed è una risposta non priva di fondamento. A differenza delle stelle gialle, i passaporti QR non sono usati per mandare le persone a morire nei campi di concentramento. Mentre l’Olocausto ha ucciso milioni di ebrei, i vaccini presumibilmente servono allo scopo opposto di proteggere i vulnerabili. La situazione di oggi non è come quella della Germania nazista.
Ma potrebbe essere che la nostra situazione sia più simile al 1932 che, diciamo, al 1943?
I recenti sviluppi, in particolare l’imposizione di mandati controllati dal QR [code], dovrebbero farci riflettere.
Alla conclusione del suo libro, nel 1946, Van Raalte, opina sulla possibilità che la storia si ripeta: “Non so se in futuro avremo di nuovo dei campi di concentramento. Speriamo di no, ma non possiamo escludere la possibilità”.
Mark Twain (l’autore di Le avventure di Tom Sawyer) scrisse un giorno: “La storia non si ripete mai, ma fa rima”.
La spinta per i vaccini, ora estesi anche ai bambini, dovrebbe spingere chiunque abbia un senso della storia a sedersi e prendere nota”.
Primo Levi:
L’olocausto “Non iniziò con le camere a gas. Non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio. Non iniziò con i 6 milioni di ebrei che persero la vita. E nemmeno con gli altri 10 milioni di persone morte, tra polacchi, ucraini, bielorussi, russi, jugoslavi, rom, disabili, dissidenti politici, prigionieri di guerra, testimoni di Geova e omosessuali.
Iniziò con i politici che dividevano le persone tra “noi” e “loro”. Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione. Iniziò con promesse e propaganda, volte solo all’aumento del consenso. Iniziò con le leggi che distinguevano le persone in base alla “razza” e al colore della pelle. Iniziò con i bambini espulsi da scuola, perché figli di persone di un’altra religione. Iniziò con le persone private dei loro beni, dei loro affetti, delle loro case, della loro dignità. Iniziò con la schedatura degli intellettuali. Iniziò con la ghettizzazione e con la deportazione. Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse “normale”.
L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della Memoria: se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.
“L’uomo è antiquato”, 1956 Günther Anders, tedesco, ebreo, marito di Hannah Arendt,
“Per soffocare in anticipo ogni rivolta, non bisogna essere violenti. Basta creare un condizionamento collettivo così potente che l’idea stessa di rivolta non verrà nemmeno più alla mente degli uomini.
L’ideale sarebbe quello di formattare gli individui fin dalla nascita limitando le loro abilità innate.
Si continuerebbe il condizionamento riducendo drasticamente l’istruzione, per riportarla ad una forma di inserimento professionale. Un individuo ignorante ha solo un orizzonte di pensiero limitato, e più il suo pensiero è limitato a preoccupazioni mediocri, meno può rivoltarsi. Bisogna fare in modo che l’accesso al sapere diventi sempre più difficile ed elitario, che vi sia il divario tra il popolo e la scienza, che l’informazione destinata al grande pubblico sia anestetizzata.
Niente filosofia. bisogna usare persuasione, si diffonderanno massicciamente attraverso la televisione divertimenti che adulano l’emotività o l’istintivo, con ciò che è futile o giocoso. È buono, in chiacchiere e musica incessante, impedire allo spirito di pensare. Metteremo la sessualità al primo posto tra gli interessi umani, come tranquillante sociale non c’è niente di meglio.
In generale si farà in modo di bandire la serietà dall’esistenza, di ridicolizzare tutto ciò che ha un valore elevato, di mantenere una costante apologia della leggerezza, in modo che l’euforia della pubblicità diventi lo standard della felicità umana e il modello della libertà.
Il condizionamento produrrà così da sé una tale integrazione, che l’unica paura sarà quella di essere esclusi dal sistema e quindi di non poter più accedere alle condizioni necessarie alla felicità.
Dalla lettera di Costantino Ceoldo al Rettore dell’Università di Padova.
“Magnifico Rettore, mi permetto rispettosamente di ricordare che nel secolo scorso l’Università di Padova ha sperimentato l’infamia per ben due volte.
Che io sappia nessun docente di questa nostra Università si è rifiutato di giurare fedeltà al Fascismo. Nessun docente di questa nostra Università si è poi speso in difesa del grande scienziato Bruno Rossi che, da ebreo, dovette lasciare il suo incarico nell’allora Istituto di Fisica, come conseguenza delle scellerate leggi razziali che il nostro Paese si era date. E il giorno in cui lasciò il suo ufficio nessun collega si presentò a salutarlo ma solo il portinaio in lacrime.
Amara ironia della sorte, anche Bruno Rossi aveva giurato fedeltà a quel Regime che lo identificò in seguito come un nemico, un parassita insalubre da eliminare. E che avrebbe accoppato lui e la sua famiglia se non fossero riusciti a fuggire in America.
Il Regime di allora applicava leggi che nessun tribunale italiano avrebbe avuto il coraggio di contestare e che molti, ahimè, ritenevano “giuste e ragionevoli”. È lo scenario che si sta concretizzando adesso.
Possiamo trarre delle lezioni da tutto questo.
Nessuno è mai al sicuro dal Potere se il Potere, per qualsiasi motivo, lo prende a bersaglio.
Molti di coloro che credevano di essere “in regola” hanno dovuto ricredersi quando sono stati braccati a causa di un commento ritenuto improprio, di una critica detta a mezza voce pensando di non essere sentiti, di non essere scattati abbastanza velocemente quando gli era stato detto di farlo.
Già adesso si legge di infermieri e medici che aspettano il ricovero di un paziente “no-vax” per prendersi la soddisfazione di “sbagliare vena dieci volte“. Se passasse questo orrido principio, cioè che i pazienti in ospedale possono essere seviziati perché sgraditi per qualche motivo al personale sanitario, allora nessuno sarebbe più al sicuro: poi sarebbe la volta di un poveretto che da ricoverato si ritrova odiato per quei problemi di obesità che non ha mai avuto la voglia di affrontare, o perché non ha mai smesso di fumare o di bere e così via. Si parla anche di “zone di contenimento” per i non vaccinati, (che già sono state create in Australia) ma una volta erano gli ammalati a finire nei lazzareti, non il contrario. Quale limite si ritiene di non poter superare?
Sarebbe bello poter sapere a priori dove sta il torto e dove la ragione ma questa è prerogativa solo di Dio. Non ci è dato scegliere i tempi in cui vivere ma io preferisco morire piuttosto che vivere strisciando. Per questo motivo e in virtù degli insegnamenti di mia madre e di mia nonna, mi rifiuto nel modo più assoluto di discriminare la carne e il sangue dei miei simili e degli Italiani in “noi e loro”. Non sono un kapò nazista e non intendo diventarlo. Costantino Ceoldo”.
Il filosofo Giorgio Agamben sul green pass
“Il green pass fa parte di quel modello politico che i politologi chiamano le libertà autorizzate. L’autorizzazione in diritto è un atto che non concede nuovi diritti, ma autorizza diritti già esistenti. Delle cose che andavano da sé, come la libertà di uscire di casa, andare al ristorante o prendere un treno, questi diritti elementari, adesso hanno bisogno per essere esercitati di un’autorizzazione.
E il green pass è questa autorizzazione. Il green pass non garantisce la libertà. La libertà autorizzata non è più una libertà, perché può essere in qualunque momento revocata o cambiata da chi ha dato l’autorizzazione. Una volta che si entra in questo modello delle libertà autorizzate qualunque atto, qualunque libertà, ora, dovrà essere autorizzata. E si può estendere all’infinito”.
Dal Blog Inchiostro Nero – Contributo di Costantino Ceoldo
“Ci sono momenti nella vita di popoli e nazioni in cui i loro governi hanno come nemico non lo straniero con cui entrano in guerra ma il loro stesso popolo, o una parte di esso.
L’esempio più tragico che viene facilmente alla mente è la persecuzione degli ebrei tedeschi da parte del governo del Terzo Reich: una persecuzione immane, in nome di un odio insensato e privo di fondamento, che culminò nel tentativo di genocidio scientifico anche di tutti gli ebrei rastrellati nei Paesi occupati dalle armate del Terzo Reich.
I campi di sterminio non apparvero immediatamente dal nulla ma furono il risultato di una progressiva discesa all’inferno che la società tedesca abbracciò con noncuranza ed indifferenza, a volte perfino con gioiosa fiducia.
Non furono gli ebrei tedeschi a morire per primi, uccisi con il gas dai nazisti, ma gli ammalati terminali, i folli, i deformi e tutti gli “indesiderabili” che si trovavano negli ospedali tedeschi. Fu il famigerato programma di eugenetica Aktion T4, anticamera dei campi di sterminio, che iniziò prima dell’avvio della Soluzione Finale e che continuò fino alla sconfitta della Germania: il giorno prima i parenti potevano vedere i loro ricoverati in ospedale, il giorno dopo non trovavano più nulla. Tutti uccisi per ordine dello Stato, con medica efficienza, da uomini e donne che avevano accantonato il loro giuramento di Ippocrate. Tutto in nome di un bene più grande.
Se l’altra volta erano i disabili, i pazzi, le minoranze dei diversi e gli ebrei ad essere additati come nemici della società, adesso sono coloro che (per qualsiasi motivo) non vogliono sottostare ai vaccini… Oggi i nemici sono tutti coloro che rifiutano un controllo sociale capillare attraverso i patentini di salute (che non proteggono nessuno perché i vaccinati si possono infettare a loro volta e possono a loro volta infettare gli altri), le voci di chi è contrario, di chi solleva dubbi sulla narrativa ufficiale e pone domande scomode.
Si dirà: non è la stessa cosa! C’è un virus in circolazione! La gente muore!
Ma è sempre così. Non è mai come l’altra volta. Ogni volta è diverso.
E anche questa volta è diverso: questa volta abbiamo un motivo.
È per un bene più grande”.
Vera Sharav, ebrea, sopravissuta a un campo di sterminio nazista
Ho sperimentato il nazismo. Lo so riconoscere quanto si manifesta.
Questa volta non ci saranno gli Alleati a salvarci. Dobbiamo contare su noi stessi.
Tutti i testi qui proposti (e da me riassunti) mi sono stati suggeriti da alcuni amici quando ho loro chiesto: “tu, in qualità di educatore, genitore o insegnante, come spiegheresti ai giovani il Giorno della Memoria, alla luce di quello che sta succedendo oggi in Italia?
Ho lasciato per ultimi questi due commenti che più di tutti lasciano aperto uno spiraglio di umanità e di speranza.
Il primo me lo ha dettato concisamente Francesco:
“Io non guardo al male che mi circonda ma al bene che rimane ancora”
..dal diario di Anna Frank
Il secondo me lo ha suggerito Daniela.
” Quello che sto vivendo io in questo momento è tremendo. Il 15 febbraio prossimo sarò sospesa dal lavoro, ma a questa condizione di profonda ingiustizia e sopraffazione si aggiunge la sofferenza per l’indifferenza, se non l’approvazione di molti miei colleghi.
Mi lascio stringere dentro le braccia di Dio, la mia ancora in questa tempesta”.
E, con riguardo alle molte persone disperate che per poter lavorare sono andate a cercarsi il contagio con cui ottenere il greenpass:
“A proposito di questa opzione, mi sembra di tentare Dio. Di non fidarmi della Sua Provvidenza, di mettere a rischio la mia salute e quella dei miei familiari per calcoli umani, dimostrando in questo modo di non fidarmi del fatto che Lui può fare per me delle meraviglie”.
Fidarsi della Provvidenza, cioè del fatto che Lui per me può fare delle meraviglie.
fonte: https://www.sabinopaciolla.com/la-giornata-della-memoria-e-la-tenuta-della-democrazia-odierna/
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