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TRUTH

L’occidente che odia se stesso e l’umanità

marcello veneziani rémi brague Dec 04, 2024

di Marcello Veneziani

Io uomo maschio bianco, cristiano ed europeo, o se preferite occidentale, mi odio con tutto il cuore e la mente fin nel profondo.
Odio con tutto me stesso il mio corpo e il mio sesso, la mia identità, la mia civiltà, la mia nazione e la mia natura, odio la mia umanità e la storia da cui provengo. Conforta leggere uno dei rari pensatori viventi, un filosofo cristiano e uno storico delle idee, come si definisce Rémi Brague, che in una lectio magistralis tenuta a Madrid nei giorni scorsi, e pubblicata da Il Foglio, spiega “perché l’uomo occidentale odia se stesso”. Fa piacere leggere riflessioni a cui ci dedichiamo da anni, condivise da un’intelligenza libera e appassionata; analoga gratitudine dobbiamo a Pascal Bruckner e Alain Fienkelkraut, solo per citare altre due voci libere sullo stesso tema.
Brague, che ha studiato il pensiero antico e medievale e la filosofia araba, si sofferma su cinque punti nodali: l’immigrazione e la storia dell’occidente concepita solo come una serie di crimini verso l’umanità e il mondo; l’odio delle élite occidentali verso il cristianesimo e le istituzioni secolari della sua civiltà, che si allarga poi alla natura; l’odio nei confronti dell’uomo, considerato come il peggiore degli esseri viventi, il predatore più pericoloso. Queste forme di odio convergono, secondo il pensatore francese, nell’odio radicale verso se stessi, che è poi l’odio verso l’essere, la vita, il mondo secondo gli umani. E non inganni, avverte Brague, l’eccessivo amore verso se stessi di un’epoca che individualista ed egoista, narcisista ed egocentrica. Quel che chiamiamo amore è solo interesse e morbosità, pretesa di autodeterminazione radicale, presunzione di essere autocreato. Ma sotto questa buccia cova la malattia della sostituzione dell’umanità con la pianta, il robot, la creatura transgenica. L’uomo occidentale secondo il pensatore ha preso a odiare “i genitori e l’ambiente sociale, il suo paese con la sua lingua, la sua cultura e la sua storia”; il suo sesso, la sua età, È una forma particolare e perversa d’invidia, peccato diabolico, avverte Brague, e il diavolo è nemico dell’uomo. I presupposti teorici di questa propensione sono l’evoluzionismo e la teoria del caso, che è il contrario della libertà e della scelta, ma anche del destino e della provvidenza. Siamo quel che siamo per un frutto della lotteria combinato all’evoluzione della specie. I successi dell’uomo occidentale sono inaccettabili e immeritati perché fortuiti, frutto solo del caso. il filosofo respinge questa tesi, reputa che dietro i successi europei vi sia stato un lavoro profondo, un impegno di generazioni, una lunga e faticosa educazione e trasmissione di saperi. Invece prevale la convinzione opposta e la sua conclusione necessaria è il suicidio dell’uomo occidentale per espiare la colpa di aver colonizzato il mondo; e potremmo aggiungere del cristiano, di aver preteso con le missioni di volerlo convertire; e del maschio bianco di aver esercitato il suo ruolo, mortificando e sottoponendo non solo altri popoli ma anche il genere femminile. L’idea sottostante a questo spirito suicida che odia se stesso è in una serie di domande che sono poi negazioni: “Perché l’occidente prima di altre culture? Perché l’uomo prima di altri esseri viventi? E, all’orizzonte ultima domanda: Perché l’Essere piuttosto che il Nulla?”. Da qui nasce l’attesa e l’auspicio della morte dell’uomo che porta a compimento la morte di Dio. Dalla morte di Dio si arriva alla morte dell’uomo. Per uscire da questo pericolo mortale, propone Brague, dobbiamo recuperare una visione positiva del nostro essere al mondo, mostrare gratitudine e non vergogna per quel che siamo, fino a recuperare la fede in un amore provvidenziale. O detto in altri termini, bisogna aver fede e amore nella creazione; la fede non è una sovrastruttura nebulosa, dice, ma il fondamento della nostra esistenza. Citando il Deuteronomio, Brague conclude: “Ho posto davanti a te la vita e la morte, a te spetta scegliere la vita”.
Quando scrissi L’amore necessario, lo figurai in nove gradi ma sostenni che prima di ogni altra forma di amore, viene l’amore per la vita, il piacere di essere al mondo e di essere quel che siamo, insomma la gratitudine di essere vivi. L’odio verso se stessi porta a morire prima di morire, a detestare la vita reale nel nome di una vita possibile, che si rivela impossibile, comunque irreale. Non sono possibili altri amori senza l’amore per la vita e per l’essere.
Tornando a Brague, e scendendo per strada, vedo ovunque manifestarsi questa ideologia/odiologia fondata sull’autodisprezzo, sulla negazione della realtà, della vita, della natura e poi della storia, della cultura, della tradizione, della civiltà. Sia che si parli di ambiente e di pianeta da salvare (dall’uomo), sia che si parli di civiltà, di storia e di religione da cancellare, sia che si parli di immigrati da accogliere e di connazionali da colpevolizzare; sia che si parli di maschi da sradicare e punire, riducendo il maschile a maschilista, la famiglia a patriarcato, l’amore a violenza, il legame a sopruso; qualunque argomento si affronti c’è sempre questo atto preliminare di contrizione e di autodisprezzo, di abdicazione e sostituzione del noi con loro, del sé con l’altro, dell’umano e del naturale con l’inumano o l’artificiale. L’autocritica può giovare ma l’autolesionismo fa solo male.
Posta la questione e impostata la risposta, resta naturalmente la domanda una e trina di sempre su come si risponde, da dove si comincia, e con chi. A una mentalità culturale così diffusa come si reagisce, con un’altra mentalità di segno opposto? Ma dov’è, qual è, chi la esprime e la diffonde? Nell’attesa speranzosa di risposte adeguate, accontentiamoci di porre le basi preliminari: aver coscienza della situazione, denunciare la distorsione, avviare il primo grado di risposta a livello personale. E per cominciare, ritrovare un po’ di dignità per essere all’altezza della nostre eredità.

La Verità – 1 dicembre 2024

 
 

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