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Intelligenza artificiale ed eugenica: nuova alleanza a servizio della vita o della morte?

corrispondenza romana fabio fuiano intelligenza artificiale Dec 02, 2024

di Fabio Fuiano

Negli ultimi tempi si sta assistendo ad una considerevole estensione delle applicazioni in cui ci si avvale dell’Intelligenza Artificiale (IA), non esclusa l’eugenica. Come tutti gli strumenti utilizzati dall’uomo, presa in sé stessa, l’IA è moralmente indifferente ma assume una connotazione morale a seconda delle intenzioni e delle circostanze. Per citare esempi virtuosi, nel settore sanitario, essa può essere impiegata come supporto dei medici all’attività di diagnosi e cura. È notizia del 13 novembre scorso che, in ambito ostetrico, è stato validato un software IA «che potrà essere incorporato a un ecografo e “guidare” il parto, fornendo informazioni precise e in tempo reale sulla posizione della testa del bebè» suggerendo le più appropriate modalità con cui farlo nascere. Non solo, l’IA può trovare un’applicazione nell’analisi di sequenze del DNA con la conseguente predizione precoce ed accurata di malattie genetiche per fini terapeutici.

In quest’ultimo contesto, si può però intravedere il pericolo di un utilizzo per scopi moralmente illeciti. Una tale preoccupazione è confermata da due articoli dell’Ansa dello scorso luglio che hanno entusiasticamente pubblicizzato l’utilizzo di un software IA «due volte più accurato rispetto alla microscopia tradizionale» per la selezione eugenetica degli embrioni più adatti all’impianto nel contesto della fecondazione artificiale. Un ricercatore si è spinto ad affermare che «il test genetico preimpianto è il miglior indicatore di competenza embrionale; non credo sia così prossimo il momento in cui possa essere sostituito da uno strumento di IA».

Tutto ciò potrebbe rievocare gli orrori eugenetici della Germania nazista. Eppure, esiste un modo retto d’intendere l’eugenica (dal greco ευγενειν, generare bene) come «la scienza che cerca di promuovere la generazione di uomini sani e fisicamente perfetti; e ciò come mezzo per migliorare lo stato di salute del popolo. Secondo che i mezzi e le norme mirino immediatamente a causare una buona generazione o ad impedire quella che si prevede sarà cattiva, si parla di eugenetica positiva e negativa» (Dizionario di Teologia Morale Roberti-Palazzini, Edizione EffediEffe, Viterbo, 2019, p. 672).

I cardinali Roberti e Palazzini ricordano come, nel senso succitato, la Chiesa ne sia «fautrice fortissima perché considera la salute naturale come uno dei più preziosi doni del Creatore. L’uomo ha il dovere di usare i mezzi buoni e onesti per curare la salute propria e dei suoi figli. […]». Tuttavia, memori proprio delle storture ideologiche del termine, evidenziavano che «la Chiesa e la morale cattolica non approvano tutti i metodi e tutti i mezzi che nel tempo moderno sono propagati e raccomandati come utili per lo scopo eugenetico. La Chiesa condanna gli eugenisti di vista limitata che esaltano l’eugenica come supremo principio di agire. La sanità corporale è un bene di grande valore, ma non è l’unico e supremo bene dell’uomo. Perciò non basta provare che un mezzo sia utile allo scopo eugenico, per concludere che è buono sotto ogni aspetto e da applicarsi». La teologia morale insegna come mezzi eugenetici conformi alla legge naturale, in vista della sanità oltre che dell’anima, anche del corpo la moralità pubblica, la protezione dei valori contenuti nella vita cristiana, il matrimonio, la famiglia, l’educazione della prole. È poi insegnamento della Chiesa, il cui apogeo si riscontra nelle allocuzioni di papa Pio XII rivolte ai medici, che «combattere e togliere non gli effetti, ma le cause delle malattie ereditarie, è il primo e principale dovere del medico» (Ibid., p. 673).

Il 7 settembre 1953, nel Primo Congresso Internazionale di Genetica medica, papa Pacelli aveva ammonito i partecipanti che, pur essendo gli scopi pratici della genetica nobili e degni d’apprezzamento e incoraggiamento, essa deve «rimanere sempre consapevole della differenza fondamentale che intercorre tra il mondo vegetale e animale da una parte e l’uomo dall’altra. Là, i mezzi per migliorare le specie e le razze sono a sua piena disposizione; qui, invece, nel mondo dell’uomo, essa ha sempre dinanzi a sé degli esseri personali, dai diritti intangibili, degli individui che dal canto loro sono retti da norme morali inflessibili quando esercitano la loro facoltà di suscitare una vita nuova. Così il Creatore stesso ha stabilito nel campo morale limiti che nessun potere umano può togliere». Il 5 settembre 1958, al Congresso della Società Internazionale della Trasfusione del sangue, ritornò sull’argomento, mettendo in guardia dalle derive razziali dell’eugenetica, come i tentativi di genocidio cui la Chiesa si è energicamente opposta e asserendo che «Essa disapprova qualsiasi esperienza di genetica che prenda alla leggera la natura spirituale dell’uomo e lo tratti come un qualsiasi esemplare di una specie animale». Il Papa, pur avendo denunciato a più riprese la pratica della fecondazione artificiale, non poteva immaginare dove saremmo approdati. Tuttavia, i suoi insegnamenti e quelli di grandi genetisti cattolici possono costituire il timone per un retto utilizzo eugenico dell’IA.

Più recentemente, Jérôme Lejeune (1926-1994), commentando il documento Donum Vitae della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1987 aveva precisato come la Chiesa «ci ha ricordato semplicemente cosa è una manipolazione genetica. Se modificate una istruzione genetica per cercare di riparare un gene sfavorevole, e se lo fate nell’interesse del bambino e con prudenza, allora in questo caso fate della buona medicina. Se al contrario usate un bambino, se lo sfruttate per fare un esperimento a detrimento di chi lo subisce, non fate medicina, ma della zoologia sugli uomini e questo non avete moralmente il diritto di farlo» (Il Messaggio della Vita, Edizioni Cantagalli, Siena, 2002, p. 79).

Dal canto suo un altro importante genetista, p. Angelo Serra S.J. (1919-2012), in un convegno del 28 ottobre 2006 sulla legge 40/04, descrisse dettagliatamente le tecniche introdotte per il miglioramento della fecondazione artificiale. Infatti, «nella speranza di ottenere migliori risultati si è introdotta la prassi della Diagnosi Genetica Preimpianto (PGD) che utilizza particolari tecniche, le quali permettono di rilevare anche in una sola cellula alterazioni di cromosomi o geni. Da cinque o più embrioni preparati per una data coppia e hanno raggiunto lo stadio di almeno 8 cellule si prelevano – mediante biopsia – una o due cellule, si esaminano e, se si evidenzia qualche anomalia, gli embrioni da cui sono state prelevate si eliminano o si destinano alla ricerca. L’elevata entità di questa reale selezione eugenica è indicata dai risultati di un numero ormai notevole di ricerche». Riportò anche diversi dati sulle impressionanti quantità di embrioni eliminati e proseguì incalzando chi difende tali pratiche: «chi si difendesse affermando che in quello stadio non c’è un ben determinato soggetto umano, incorrerebbe in un falso scientifico e antropologico. […] Chi si difendesse affermando che ha più valore dell’embrione ciò che si pensa di poter ottenere, mediante il suo uso, per il benessere di altri, si assumerebbe la responsabilità di un grave atto di ingiustizia: la ragione stessa indica che non si può fare ciò che è “male” per raggiungere un “bene” probabile o anche certo. Chi si difendesse sostenendo che, piuttosto di un aborto al quarto o quinto mese psicologicamente troppo pesante, è preferibile la soppressione del soggetto prima dell’impianto, forse meno traumatica, cadrebbe in un errore di valutazione, di stabilire cioè la gravità del delitto secondo il tempo dello sviluppo di un ben determinato soggetto umano, che invece è sempre quello stesso soggetto fin dal momento della fusione dei due gameti. Di fatto, in ogni caso, si uccide sempre un soggetto umano innocente» (Legge 40 sulla fecondazione artificiale: la produzione dell’uomo, Piero Gribaudi Editore, Milano, 2007, pp. 96-98).

Ben venga l’utilizzo di nuove tecnologie a vantaggio dell’uomo e del suo sviluppo. Ma se si agisce fuori dall’alveo di una sana eugenetica, conforme alla natura umana, non v’è sviluppo, bensì retrocessione alla barbarie. 

FONTE : Corrispondenza Romana

 

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