Limitare i danni di una legge ingiusta: come deve comportarsi un politico cattolico?
Oct 02, 2023di Universitari per la Vita
Recentemente, nel silenzio generale, i Radicali hanno depositato un nuovo progetto di legge di iniziativa popolare recante Misure per la salute riproduttiva. I proponenti, lo hanno introdotto con le seguenti parole: «La riflessione alla base di questa proposta di legge concernente il tema del diritto all’aborto è partita dalla necessità di superare la legge 194/1978. Considerando la generale e diffusa convinzione che la legge 194 abbia già introdotto il contenitore giuridico del diritto all’aborto nel nostro ordinamento si è partiti approfondendo le basi giuridiche, storiche e sociali dell’attuale norma per poter poi affrontare in chiave contemporanea il tema dei diritti riproduttivi e arrivare a un necessario superamento della legge 194».
Si tratta dunque di una mossa dell’abortismo volta a peggiorare la situazione esistente e ampliare le maglie dell’accesso all’aborto, consentendolo per qualsiasi ragione, per sola richiesta della donna fino alla quattordicesima settimana (attualmente il limite è di dodici settimane) e oltre se il concepito presenta malformazioni. Questo progetto di legge non fa che svelare la portata distruttiva contenuta già in nuce nell’iniqua 194/78.
Al di là dell’effettiva possibilità di riuscita di un tale progetto, visto il consenso generale di cui purtroppo gode la legislazione abortista vigente, non appare inverosimile che in un futuro prossimo i parlamentari cattolici si trovino nella condizione di dover reagire alla minaccia del varo di una nuova legge ingiusta. Questo perché l’articolo 17 della proposta, al comma 1, recita: «Con l’entrata in vigore della presente legge è abrogata la legge 22 maggio 1978, n. 194».
Non si tratterebbe, pertanto, di una legge che, se approvata, introdurrebbe delle semplici modifiche emendative o integrative ad una legge già varata che permarrebbe, seppur modificata, nell’ordinamento giuridico, ma che andrebbe a sostituire in toto la normativa vigente. Si ripresenterebbe dunque l’annoso problema delle modalità, moralmente lecite, per limitare i danni di una nuova legge che, ipoteticamente, avrebbe buone probabilità di essere approvata.
Prendiamo quindi spunto da quanto è stato già ribadito in un articolo precedente che commentava le erronee interpretazioni sul n. 73 dell’enciclica Evangelium Vitaedi Papa Giovanni Paolo II. Tale numero, come già ricordato, non può essere interpretato in maniera avulsa dall’insegnamento morale bimillenario della Chiesa Cattolica. Pertanto, al parlamentare cattolico si richiede di agire sempre evitando il male e compiendo unicamente ed integralmente il bene, esercitando al contempo la virtù della prudenza per comprendere quali siano i mezzi più appropriati per realizzare il massimo bene concretamente possibile in un ipotetico iter di approvazione della nuova legge ingiusta.
Questo articolo non pretende di essere esaustivo, perché la materia è molto complessa e merita una più ampia trattazione. Ci limiteremo qui ad osservare, alla luce dei princìpi guida delineati dalla morale cattolica, alcuni punti fermi da tenere a mente, rimandando il lettore al contributo del prof. Tommaso Scandroglio intitolato Legge ingiusta e male minore(Phronesis Editore, 2018) per approfondimenti. L’argomento, oggetto delle presenti riflessioni, è trattato in un paragrafo specificamente dedicato alle proposte migliorative lecite di una legge ingiusta (pp. 354-377).
Prima di procedere, è necessario ricordare brevemente quelle fasi dell’iter legislativo di particolare interesse dal punto di vista morale. Alla Camera, nella procedura ordinaria, viene dapprima presentato il progetto di legge (dal Governo, da 50.000 elettori per iniziativa popolare, dal CNEL, dai Consigli Regionali) e, dopo essere passato da una Commissione parlamentare competente sulla materia del progetto, viene presentato all’Assemblea. È nella Commissione competente che possono essere presentate proposte di modifica al testo, chiamate emendamenti, su cui la Commissione delibera. Una volta predisposto il testo della proposta emendata, esso passa all’Assemblea per la discussione. In questa fase i deputati intervengono in linea generale sul provvedimento esprimendo la posizione dei gruppi. Il progetto viene quindi esaminato articolo per articolo, votando gli emendamenti al testo precedentemente predisposto dalla Commissione. Nella fase finale si procede alla votazione della proposta di legge nel suo complesso.
Quando il testo è approvato da Camera e Senato, giunge al Presidente della Repubblica che, salvi riesami, procede alla promulgazione. L’ultima fase è la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e l’entrata in vigore.
Il parlamentare cattolico che volesse limitare i danni della nuova legge può agire sugli emendamenti e sul voto agli stessi nell’esame dei singoli articoli. Tuttavia, qualora, a seguito delle modifiche, nel testo ne sopravvivessero alcuni che legittimano una pratica intrinsecamente malvagia (come è l’aborto) il voto alla proposta nel suo complesso sarebbe moralmente illegittimo. Questo perché l’atto del votare ha come oggetto diretto l’approvazione di una legge indivisibile, composta di articoli buoni ma anche malvagi, per cui il politico, col proprio voto, indipendentemente dal suo fine ulteriore di limitare i danni, presterebbe la propria approvazione anche agli articoli legittimanti l’aborto. Secondo il principio dell’integrità della causa (bonum ex integra causa, malum ex quocumque defectu), l’atto complessivo del parlamentare sarebbe moralmente malvagio nonostante il fine ulteriore buono perché il fine prossimo è malvagio. Si compirebbe un male (voto ad una legge ingiusta) come mezzo per un bene (limitazione dei danni). Pertanto, in corrispondenza del voto complessivo alla legge iniqua sono possibili solo due alternative: o l’astensione o il voto contrario. Tertium non datur.
Un politico potrebbe essere tentato di prestare il proprio voto ad una norma iniqua, con la minaccia che, senza quel voto, si rischierebbe l’approvazione di una norma ancor più iniqua di quella emendata. Ma non bisogna cadere in questo tranello: la responsabilità della norma più iniqua non sarebbe del politico che non offre il suffragio del proprio voto alla norma meno iniqua, ma unicamente di chi si fa promotore della prima. Questo perché, secondo la morale cattolica, gli unici doveri assolutisono quelli negativi (ovvero quelli che ingiungono di non compiere il male, compreso il c.d. “male minore”), mentre non sempre si è obbligati a compiere il miglior bene. Ricorda il prof. Régis Jolivet (1891-1966), nel suo Trattato di Filosofia, che i precetti negativi «obbligano assolutamente, cioè non soffrono eccezione alcuna, in qualsiasi circostanza, quale che sia il pericolo o il male più o meno grande che può risultare dall’osservanza della legge», anche nel caso di estrema necessità (p. 128).
«Infatti – continuava Jolivet – gli atti qui proibiti dalla legge naturale sono cattivi nel loro oggetto e nel fine proprio, cioè intrinsecamente, e non possono perciò mutar natura o malizia, quale che sia l’intenzione di chi li compie […]. Infrangere questi divieti significa andar contro l’ordine morale essenziale e produrre un disordine che nessun bene fisico potrà mai compensare» (p. 129).
D’altro canto, i precetti positivi ammettono delle eccezioni. Ciò in ragione del fatto che l’oggetto di tali precetti, in sé buono e necessario, «può diventare indifferente o anche cattivo in ragione delle circostanze. Per esempio, un precetto positivo della legge naturale obbliga a recar soccorso al prossimo in pericolo di morte; ma se per portare aiuto si deve mettere in pericolo la propria vita, e se, d’altra parte, non si è legati da alcun dovere particolare (dovere professionale) verso colui che è in pericolo, questo precetto positivo può facilmente mutarsi in un consiglio che sarà ascoltato solo da un uomo di cuore».
In definitiva, «è sempre male commettere il peccato, ma non è sempre necessario né addirittura bene compiere questi atti di virtù. La virtù si deve praticare in determinate circostanze e secondo una data maniera, mentre bisogna astenersi sempre dal male. I moralisti sottolineano questa differenza dicendo che i precetti negativi obbligano sempre ed ogni volta (semper et pro semper), mentre i precetti positivi obbligano sempre, ma non ogni volta (semper sed non pro semper)». Nel caso in esame, la circostanza che muta la natura morale dell’atto del parlamentare intenzionato a limitare i danni, è quella del significatogiuridico che viene dato alla complessiva approvazione della legge. Essa coinvolge la legge nella sua interezza, comprensiva della sua ragion d’essere iniqua, e non si limita ai soli articoli buoni, eventualmente introdotti nelle fasi precedenti di discussione. Se non si avrà il coraggio di compiere un bene integrale, anche a costo di estremi sacrifici ed incomprensioni, non riusciremo mai ad uscire dal regime ingiusto che ci opprime.
Fonte: CR
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