Il mio pensatore politico preferito
Jun 12, 2023di Giglio Reduzzi
Per chi non lo sapesse, Edward Luttwak, il signore nella foto è (come dice Wikipedia):
“ un economista, politologo e saggista romeno naturalizzato statunitense, conosciuto per le sue pubblicazioni sulla strategia militare e politica estera, esperto di politica internazionale e consulente strategico del Governo degli Stati Uniti d'America.”
E’ il mio pensatore politico preferito.
Non è un caso che egli sia consulente strategico della Casa Bianca, anche se mi pare che, con la Presidenza Biden, oggi da quelle parti non gli diano molta retta.
Benchè di origini romene, egli parla abbastanza bene italiano (siamo ai livelli di Luigi Di Maio per intenderci), perché la mamma era siciliana.
Io l’ho conosciuto in occasione di un convegno in Liguria.
Ma quel che più conta è che egli conosce molto bene l’Italia.
Inoltre, forse perchè non vive nel nostro Paese, dice anche le cose negative che gli opinionisti nostrani, con qualche rara eccezione, non hanno il coraggio di dire.
Per esempio Luttwak ha più volte spiegato, anche in TV, perché l’Italia abbia una così scarsa influenza a livello internazionale.
Ha detto che, tra le cause principali, c’è la nostra risaputa allergia all’uso delle armi.
Ha riconosciuto che l’Italia è effettivamente il Paese che manda più soldati all’estero, nelle cosiddette missioni di pace, (beninteso dopo gli USA), ma che ai nostri soldati vengono sempre assegnati compiti di retroguardia, tipo cure sanitarie e che, finché uno Stato non manda i suoi uomini in prima linea a sparare, è illusorio sperare che esso conquisti la stima internazionale.
Come dargli torto.
Quando, nel 1991, abbiamo partecipato alla guerra in Iraq inviando otto aerei Tornado, non abbiamo fatto una gran bella figura, visto che sette di quei velivoli non riuscirono a rifornirsi in volo e l’unico che ci riuscì fu abbattuto dalla contraerea nemica.
Il caso fece scalpore e andò su tutti i giornali.
Parlo del capitano Maurizio Cocciolone, che tuttavia rimase in servizio sino al 2017e fu congedato con il grado di colonello.
Da allora (e per quanto mi risulta) non ci furono più assegnate missioni di attacco, ma solo di retroguardia.
Per cui i nostri soldati all’estero si trovano sì a ricoprire incarichi preziosi ed a volte prestigiosi (coordinamento, addestramento), ma mai soggetti al rischio che solitamente si attribuisce a chi va in guerra.
Ed è per questo che nel nostro Paese non vedremo mai poster di questo tipo:
Partecipare alle missioni di pace all’estero non comporta alcun rischio. Ed in più si guadagna molto bene.
Una volta ci si faceva raccomandare per essere esentati dal servizio militare, adesso ci si fa raccomandare per entrare.
Specialmente nei reparti che operano all’estero.
Si va lì per qualche anno, si mette da parte un po’di soldi; poi si viene a casa e si acquista o costruisce la casetta dei sogni.
Come si vede, la vita per i nostri militari all’estero non è dura come si pensa, anche se, per una ragione o l’altra (ipocrisia?, ignoranza?) non c’è occasione pubblica in cui essi non vengano dipinti come degli eroi degni del massimo onore.
Ovviamente non la pensa così il nostro Luttwak, che, oltre a conoscere bene l’Italia, non essendo cittadino italiano e non aspirando ad alcuna carica pubblica, non ha alcuna remora a rivelare queste cose.
Condivido. Non solo, ma continuo a pormi delle domande cui neppure Luttwak risponde:
Per esempio, come fa un soldato che conosce solo l’arabo ad essere addestrato da un soldato italiano che non conosce l’arabo?
E poi, domanda delle domande, se la nostra specialità è curare i feriti negli ospedali da campo, è proprio necessario spendere soldi acquistando caccia bombardieri?
Ma cambiamo argomento.
Luttwak ha detto altre cose sgradevoli sul conto dell’Italia.
Per esempio, in una recente trasmissione televisiva, ha anche criticato il fatto che nel nostro Paese, pur ricevendo frotte di turisti ogni anno, quasi nessuno parli decentemente inglese.
Spesso neppure i Ministri conoscono questa lingua (ogni allusione a Conte e Di Maio è puramente casuale), mentre in Croazia persino il benzinaio, se sa che sei forestiero, ti si rivolge in perfetto inglese.
Quel che Luttwak omette di dire è il motivo principale di questa situazione.
Ebbene io mi illuderò, ma credo di conoscerlo.
La ragione principale, se non esclusiva, è che da noi nessuno ha mai pensato di lasciare in inglese tutti quei film western che l’America ci propinava quando eravamo piccoli e di cui eravamo tanto ghiotti (anche perché, dopo la seconda guerra mondiale non c’era molto altro sul mercato, a parte i film di Tarzan).
Potevamo benissimo lasciarli nella loro lingua originale e metterci dei sottotitoli nella nostra lingua, come facevano tutti gli altri paesi nella loro.
Piano piano avremmo imparato l’inglese divertendoci.
Come facevano, per l’appunto, in Croazia, ai tempi della Yougoslavia.
E come fece il ragazzo cinese che assumemmo come interprete quando, con molta incoscienza, decidemmo di presentare alcuni nostri prodotti industriali ad una fiera di Pechino.
Quando mi complimentai con lui per il suo buon inglese, mi confessò di averlo appreso guardando e riguardando i film western prodotti dagli americani.
Del resto quale altra tipologia di film volevi che gli facessero vedere?
Doppiando in italiano tutti i film prodotti ad Hollywood noi abbiamo sì assicurato uno stipendio ad un gruppo di attori romani, ma abbiamo sottratto un prezioso strumento di comunicazione ad intere generazioni di giovani!
Last but not least, in materia di flussi migratori, il nostro Luttwak si è così espresso su Libero del 22 gennaio 2022:
“”
Il governo [italiano] sul confine del sud ha gettato la spugna.
Sui flussi [migratori] conta il messaggio che mandi:
Se [tu, migrante] sai che non entri non parti. Se sai che entri parti.
Nel vostro Paese il buonismo è un imperativo categorico, probabilmente retaggio della cultura cattocomunista.
L’attuale ministro [Lamorgese] è campionessa di buonismo.
La visione umanitaria del <Salviamoli tutti>non è realistica, serve solo ad eludere il problema.
Si lascia che i migranti arrivino a frotte sulle coste sicule senza avere alcunché da offrire.
Non assomigliano ai José Martinez del Messico che, quando si stabiliscono nelle città americane si trasformano in Joe Martin perché vogliono furiosamente integrarsi, imparare la lingua, aprire un negozietto e far arruolare il figlio nella US Army.
Da voi arriva gente che non ha alcuna intenzione di integrarsi.
Da voi arriva gente cui non importa imparare la lingua italiana e trovare un lavoro onesto.
Gente che ha una concezione della donna diametralmente opposta alla vostra.
Sono islamici, punto.
L’Islam è per sua natura antioccidentale.
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