Il card. Joseph Zen: Il Sinodo, la Germania, le Preoccupazioni per la Chiesa
Dec 13, 2023di Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il M° Aurelio Porfiri ha intervistato il cardinale Joseph Zen. Buona lettura e condivisione.
Intervista sull’Avvento al cardinale Joseph Zen
Aurelio Porfiri
Il tempo di Avvento e Natale è da sempre uno dei momenti più intensi dell’anno liturgico, in quanto si ricorda l’incarnazione del Figlio di Dio che viene a salvarci. Una bella testimonianza è quella offerta dal Vescovo emerito di Hong Kong, cardinale Joseph Zen, che in un nuovo libro offre le sue meditazioni su questi tempi liturgici. Il materiale è stato riordinato da me per la pubblicazione in collaborazione con il cardinale Zen, che ha rivisto il tutto.
Abbiamo fatto alcune domande a Sua Eminenza su questo tema e molto altro.
Eminenza, come sta?
Abbastanza bene direi, la mia salute è naturalmente compatibile con la mia età, oramai vado verso i 92 anni e quindi sono molto grato a Dio che mi ha concesso di arrivare fino ad oggi tutto sommato abbastanza in buona forma. In tutto dobbiamo essere grati a Dio per quello che ci offre. Dopo alcuni momenti con difficoltà ora sento le mie forze tornare e spero presto di poter riprendere le mie attività precedenti, come quella di visitare i carcerati, un apostolato a cui tengo molto e che oramai svolgo da più di 20 anni.
Si tiene informato sull’attualità?
Certamente, mi tengo molto informato sulle notizie, specialmente quelle sulla Chiesa che naturalmente mi interessano e preoccupano in modo del tutto speciale. Oggi, con i moderni mezzi di comunicazione, è abbastanza facile essere aggiornato su tutto quello che succede. Noi dobbiamo essere in grado di fare un buon uso di queste possibilità e naturalmente, nel caso delle notizie che ci arrivano da tante fonti diverse e disparate, dobbiamo essere in grado di saper leggere le stesse in modo critico, esercitando una sana prudenza. Pensiamo all’informazione così contraddittoria che ci arriva ad esempio sulle guerre in corso, che sono non solo guerre sul territorio, ma soprattutto guerre di propaganda.
Cosa ci dice sul suo libro per l’Avvento, le sue meditazioni?
In realtà sono testi presi da mie omelie e discorsi principalmente, risalenti a vari anni fa. Dopo che Lei ha riordinato tutto il materiale, io l’ho rivisto, facendo delle correzioni qui e là. Mi sembra esserne uscito un insieme abbastanza organico e che mi auguro il lettore potrà trovare anche utile per il suo progresso spirituale. Pure se nel titolo si fa riferimento all’Avvento soltanto, nel libro ci sono testi che fanno riferimento all’Avvento e al Natale. Questo è un tempo di grazia, un tempo in cui ci disponiamo ad accogliere il Santo Bambino. Possiamo noi, come i pastori e i magi dell’oriente e come Giuseppe e Maria, accogliere la venuta del Santo Bambino che ci porta pace e amore. Se sentiamo di appartenere al gruppo dei “grandi peccatori” non dobbiamo disperare perché Gesù nasce proprio per noi. Non imitiamo gli albergatori di Betlemme, né gli abitanti di Gerusalemme, i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, il crudele Erode, perché essi hanno chiuso i loro cuori. I poveri non possono entrare. Quindi Gesù non entrerà. Ma dovremmo pregare per loro e chiedere a Dio di aprire la porta dei loro cuori, di sciogliere i cuori di pietra. Perché anche loro sono figli di Dio. Dobbiamo sperare che quelli che sono fuori possano entrare e che quelli che sono dentro possano rimanere.
Come vive Lei questo tempo speciale in cui il Figlio di Dio si incarna per la salvezza di tutti gli uomini?
In effetti è un tempo di grazia per tutti, un tempo in cui siamo chiamati ad affrettarci come i pastori o come i Magi al presepe per adorare il Bambino Gesù. In un bel canto natalizio, Adeste Fideles, viene detto et nos ovanti, gradu festinemus, “con gioia ci affrettiamo anche noi” per andare a stare alla presenza dell’Emmanuele, il “Dio con noi”. Questo è un tempo in cui sentiamo anche forte la presenza di Maria, la Madre di Gesù, Maria che è nostro aiuto, Maria ausiliatrice, un nome tanto caro a noi Salesiani. Come dobbiamo affidare a Maria le nostre pene e le nostre sofferenze! Oggi ci sembra che ci sia molto di cui disperare ma Maria non ci abbandona, è con noi e ci mostra Suo Figlio come nostro Salvatore.
Nel libro c’è una sezione in cui Lei ricorda alcuni canti liturgici per l’Avvento e il Natale. Perché?
Quella in effetti è una parte del tutto nuova. Ho accettato la sua proposta che Lei mi ha fatto di parlare di questi canti di Avvento e Natale e ho voluto riportare alcune memorie della mia prima giovinezza, quando fui accolto dai buoni padri Salesiani nella mia città, Shanghai. E la liturgia e il canto sacro erano una parte importante di tutto questo. Credo sia importante ricordare il ruolo della buona musica sacra nella liturgia. Per me il canto sacro, specialmente il canto gregoriano, è un aiuto spirituale molto importante che mi ha sostenuto e mi sostiene nei momenti difficili. Sono molto rammaricato che oggi si è persa questa ricchezza per la vita della Chiesa. Comprendo che ci sia stato un desiderio di far partecipare di più l’assemblea alla Messa attraverso il canto, ma non si doveva buttare via tutta la nostra bella tradizione musicale, un vero peccato. E poi si è ottenuta veramente questa partecipazione dell’assemblea? In molti luoghi mi sembra che si sia sacrificata la tradizione musicale della Chiesa senza avere nulla in cambio.
Nella Chiesa questo sembra un momento delicato, un momento in cui ci sono divisioni e fermenti in alcuni paesi, come la Germania. Lei come vive tutto questo?
Lo vivo con una certa preoccupazione. Quello che sta accadendo in Germania mi sembra ricalcare quello che accadde in Olanda, dove la fede ha conosciuto una crisi devastante. Sono preoccupato dal fatto che alcuni, con il pretesto della sinodalità, possano voler portare avanti un’agenda del tutto personale che prevede l’introduzione di idee che sono in aperto contrasto con la dottrina della Chiesa, una dottrina che la Chiesa ha il dovere di custodire e che non può cambiare. Oggi viviamo una grande confusione e credo che sia il caso che si possa far presente come l’apertura al nuovo non significa stravolgere i fondamenti della nostra fede. Il caro Pontefice Benedetto XVI, che ricordo con tanto affetto, ci aveva avvertito del pericolo di questi “smottamenti” dottrinali. Quanto viene ancora ascoltato? Mi sembra che oggi non sia rispettata la sua eredità ed è un peccato, perché è stato un grande pensatore per la Chiesa. Eppure mi sembra di vedere dei segni di grande discontinuità tra quello che accade oggi e i Pontificati precedenti. Affidiamo a Gesù la sua barca, la Sua Chiesa, durante la tempesta sul lago, perché solo Lui può condurla in salvo.
Si è appena concluso il Sinodo sulla Sinodalità, che ne pensa?
Anche qui non ho potuto fare a meno di esternare la mia preoccupazione. Il Sinodo, per come lo ha voluto san Paolo VI, è un organo consultivo per il Vescovi in unione con il Papa. Far votare anche quelli che Vescovi non sono sembrerebbe una cosa buona ma in realtà non lo è per il semplice fatto che snatura quello che un Sinodo dovrebbe essere. In questo modo si colpisce la struttura stessa della Chiesa. Il 15 settembre 1965 Paolo VI erigeva il Sinodo come emanazione del Concilio e specificava: “con la Nostra autorità apostolica erigiamo e costituiamo in questa alma Città un consiglio permanente di Vescovi per la Chiesa universale, soggetto direttamente ed immediatamente alla Nostra potestà e che con nome proprio chiamiamo Sinodo dei Vescovi”. Sinodo dei Vescovi! Certo poco più avanti il Papa diceva che questo Sinodo poteva essere perfezionato ma non nel senso di essere snaturato. Non ho nascosto il mio sconcerto per alcune iniziative che si sono viste nei giorni del Sinodo ed ho provato un certo sconforto, lo devo confessare.
Mi sembra molto preoccupato da questo Sinodo. Lei, con altri Cardinali, ha anche firmato i dubia diretti al Santo Padre, che questa volta ha risposto. Non siete contenti?
Qui non è questione di essere contenti. Il Papa (o chi per lui) ha redatto una risposta, in modo insolitamente rapido, ai nostri dubbi, ma purtroppo la risposta non chiarisce veramente i temi che gli avevamo sottoposto. Sembra essere il solito metodo che si usa nella Chiesa negli ultimi decenni, in cui non si risponde “sì sì no no”, ma si danno risposte che apparentemente chiudono la porta principale su alcune questioni, lasciando bene aperta quella sul retro. Il popolo di Dio ha bisogno di chiarezza, ha bisogno di avere dei riferimenti saldi in materia di dottrina e morale, non queste risposte scivolose. Viviamo già tempi di grande incertezza, la Chiesa deve offrire una dottrina sicura, non una materia fluida. Un motto certosino recita: stat crux dum volvitur orbis, la croce è ferma mentre il mondo gira. Ecco, dobbiamo cercare di recuperare questo senso forte della nostra fede. Dobbiamo raggiungere coloro che sono lontani ma per riportarli all’ovile, non per farci portare a noi fuori della nostra casa! Ricordiamo che san Giovanni Paolo II all’inizio del suo pontificato ci ha chiesto di non avere paura e di aprire le porte a Cristo, ma per quello che osservo mi sembra che in molti nella Chiesa siano preoccupati di piacere al mondo, piuttosto che piacere a Lui.
FONTE : STILUM CURIAE
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