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I vaccini COVID e il problema delle dosi ripetute

Nov 15, 2021

Il prof. Paolo Bellavite, specialista in ematologia, Master in Biotecnologie dalla Cranfield University, diploma di perfezionamento in Statistica Sanitaria ed Epidemiologia, già professore di patologia generale all’Università di Verona, approfondisce un punto particolare della patologia generale dei “vaccini”, che riguarda le dosi ripetute. Lo scritto completo lo si può trovare sul suo canale “Sfero” (leggi qui). Di seguito, la sintesi che lui stesso ha fatto e che trovate sul suo profilo Telegram.

La somministrazione molteplice e ripetuta dell’anti-COVID-19 è ora proposta con l’idea di dare un “boost” al sistema immunitario, come se esso fosse l’unica parte del nostro organismo a essere modificato, e come se la modificazione fosse sicuramente in meglio. Anche se le prime evidenze sembrano dimostrare che una dose “Booster” effettivamente fa aumentare gli anticorpi e protegge dalle conseguenze più gravi dell’infezione per qualche (ignota) durata, NESSUNA RICERCA SCIENTIFICA ha valutato la conseguenza di questa ripetuta procedura di stimolo nel tempo, a breve, medio e lungo termine.

Ricordiamo che un vaccino non si valuta solo per la sua azione immunizzante ma anche per la sua sicurezza.

La ripetuta somministrazione di “vaccini” a distanza di pochi mesi potrebbe avere dei risultati positivi e auspicabili se sviluppasse un rafforzamento dell’immunità specifica che altrimenti decade nel tempo (esempio mantenere adeguati livelli anticorpali neutralizzanti), ma potrebbe avere anche risultati negativi se sviluppasse una continua e crescente capacità reattiva basata sull’immunità addestrata delle cellule endoteliali e macrofagiche.

Tali cellule non sono capaci solo di stimolare il sistema dei linfociti (cosa auspicabile in un contesto di buon funzionamento del sistema, salvo che nel caso di autoimmunità), ma sono coinvolte anche in molteplici processi patologici caratterizzati dall’infiammazione cronica, come le malattie cardiovascolari (che in gran parte dipendono dall’aterosclerosi), il diabete, le osteoartriti e via dicendo.

L’organismo umano è complesso e un approccio semplice, o peggio semplicistico, potrebbe causare gravi conseguenze a medio-lungo termine sull’intera popolazione, proprio per l’impatto sulle malattie infiammatorie croniche non trasmissibili, che sono di gran lunga le più frequenti e più deleterie. In ogni caso, questa problematica conferma ancora una volta che tutta la vaccinologia del coronavirus è in una fase “sperimentale” e sarebbe esiziale arrivare a qualsiasi conclusione prematura, senza adeguato periodo di osservazione e adeguate sperimentazioni.

Procedere a tentoni, senza la razionalità scientifica, senza seguire il metodo sperimentale e gli elementari princìpi dell’etica medica, sarebbe una follia, un abuso, un crimine contro l’umanità.

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