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Fine vita, la Consulta ascolti anche chi vuole vivere

il timone raffaella frullone Mar 26, 2025

di Raffaella Frullone

«Avete ascoltato chi chiedeva di morire, ora ascoltate anche noi, che vogliamo vivere». Questo il messaggio che quattro malati vogliono far arrivare alla Consulta, chiamata a pronunciarsi nuovamente sul suicidio assistito, in particolare su uno dei criteri necessari per accedere oggi a  questa pratica, la dipendenza da presidi salvavita. Ne abbiamo già parlato qualche giorno fa, nell’intervista di Giuliano Guzzo a Maria Teresa Russo, ci torniamo con un’altra voce perché la questione è cruciale. Il Tribunale di Milano ha sollevato la legittimità nel procedimento contro Marco Cappato, reo di aver accompagnato i signori Romano ed Elena in Svizzera dove hanno avuto accesso alla pratica e trovato la morte. Secondo il tribunale se fosse mantenuto il criterio della dipendenza da presidi salvavita, verrebbe compressa in maniera eccessiva la libertà del singolo di voler morire, e discriminerebbe chi vuole togliersi la vita ma non è tenuto in vita da nessun trattamento. Per quattro nostri concittadini, che chiedono di ammessi e ascoltati, tramite i loro legali Mario Esposito e Carmelo Leotta, dalla Corte Costituzionale, il rischio sarebbe quello di assottigliare la protezione del diritto alla vita di chi è più vulnerabile. Tra loro c’è Lorenzo Moscon, 31 anni, affetto da triplegia spastica dalla nascita, con alle spalle una storia ospedaliera lunga e complessa. Laureato in lingue, vive con la sua famiglia nell’hinterland milanese.

Che cosa chiedete alla Consulta?

E’ una richiesta di intervento in un processo di costituzionalità, cioè noi  chiediamo di poter rappresentare, come portatori di un interesse, la nostra idea e le nostre istanze nel corso di un processo che si svolge davanti alla Corte costituzionale e nel quale la Corte dovrà decidere se il trattamento di sostegno vitale deve rimanere o meno un requisito necessario per non punire coloro che aiutano un malato a suicidarsi. Noi chiediamo di essere ammessi al processo per spiegare perché quel requisito deve rimanere. ì

Che cosa vorreste far presente?

Vogliamo sfatare il pregiudizio per cui alla Corte costituzionale vanno solo quelli che vogliano più libertà per chiedere la morte. Noi chiediamo di essere ammessi al processo per chiedere alla Corte di continuare a tutelare il nostro diritto alla vita, non ampliando la casistica del suicidio assistito. Chiediamo che la Corte costituzionale lasci le cose come sono e non renda più larghi gli spazi del suicidio assistito. E’ vero che nessuno ci obbliga a chiedere il suicidio assistito, ma se la Corte accogliesse la richiesta di incostituzionalità sollevata dal Giudice di Milano, amplierebbe le possibilità di ricorrere a tali misure.

Qualcuno potrebbe dirti che potresti continuare a vivere ma lasciare che altri scelgano di morire, cosa non ti convince di questa posizione?

Per due motivi: la volontà del singolo non può essere eretta a legge dello Stato; il secondo motivo: il primo dovere dello Stato è tutelare i suoi cittadini, quindi non può fare una norma che sia fatta in violazione dei diritti dei propri cittadini e la vita è il primo diritto, prodromico alla tutela di tutti gli altri beni.

Perché una persona arriva a chiedersi di morire?

Le ragioni sono tre: il dolore fisico, che va lenito e combattuto il più possibile, la solitudine, perché anch’essa è un fattore decisivo nel momento della prova e della malattia, e la disperazione. Io credo che decisivo nello scegliere la vita sia invece un’amicizia, una compagnia che si fa appartenenza: tu appartieni a me e la tua condizione, sana o malata che sia non mi lascia indifferente, è questo, questa compagnia che ci ricorda il nostro valore incommensurabile, che fa la differenza. (Foto: Lorenzo Moscon)

FONTE : IL TIMONE 

 

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