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Dieci anni, piccola volpe

filippo bataloni stefano bataloni Nov 25, 2024

di Stefano Bataloni

Dieci anni, oggi, da quando il nostro primogenito Filippo ci ha lasciato, a poco più di 8 anni di vita e dopo oltre 6 anni di lotte contro la sua leucemia.
Da quel 20 novembre tante cose sono passate sotto i nostri occhi e tanti momenti sono stati vissuti.
Alcune le abbiamo raccontate anche qui ma poi, come capita di questi tempi, i mesi e gli anni scorrono via veloci lasciando poco spazio alla possibilità di lasciare traccia.

Fatti importanti però credo debbano essere qui menzionati perché sono quelli che più di altri hanno contribuito a costruire chi siamo oggi.

Partendo da ciò che nella nostra vita conta più di tutto: Francesco e Giovanni. I fratelli di Filippo si sono fatti grandi, in ogni senso. E sarà pure che ogni genitore vede i propri figli come il meglio del meglio ma non posso non riconoscere che in questi anni ci hanno dato soddisfazioni che non immaginavamo (tra alti e bassi, naturalmente).

Io e Anna, poi, siamo ancora qui, insieme. Non era scontato questo né prima né tantomeno “dopo Filippo”, e ora non vedo futuro diverso dal vivere accanto a lei quanto mi resterà da passare in questo mondo (spero solo sarà paziente con me quando sarò vecchio e rimbambito).

Negli ultimi anni abbiamo avuto modo di fare tanta montagna, che per noi è anticipazione del Paradiso in terra, ma siamo anche tornati al mare nella meravigliosa Sicilia. I nostri occhi e quelli dei nostri figli si sono spesso riempiti di bellezza.

Abbiamo superato una pandemia senza mai cedere alla paura ma nella preghiera per chi ha sofferto e per chi non ce l’ha fatta.

Alcuni amici, specialmente tra quelli che vivono lontani da Roma, che vedi uno o due volte all’anno ma che poi quando ci stai insieme sembra ieri che li hai salutati, sono diventati ormai un pezzo stabile della nostra esistenza.

Insomma, tutto sommato, sono stati dieci anni buoni, di quelli che puoi avere solo se hai un piccolo santo in cielo che ti protegge.

Però non sono state tutte rose e fiori, come è normale che sia.

Non posso non ricordare che del gruppo ristretto di persone che hanno condiviso con noi la trincea della guerra contro il male di nostro figlio, nonno Italo, nonna Teresa e zio Mario non ci sono più; il dolore per la perdita di questi nostri cari è compensato solo dalla speranza che presto possano abbracciare nuovamente il loro nipotino.

Se fin qui ho tratteggiato il quadro generale della nostra famiglia, devo aggiungere che sul piano personale almeno un paio di fatti sono stati determinanti, frutto di scelte ponderate ma anche molto dolorose.

Il primo fatto è una fuga. Fuga dal mondo, dai social, da quella piccola notorietà che la storia di Filippo mi aveva portato. Non sto più a mio agio in questo mondo che nasconde la sofferenza, che non trova senso nel dolore, nella fatica, nell’attesa; non sto più a mio agio in un mondo che vive di idoli, che non conosce il peccato e non cerca la salvezza dell’anima, che non sa più cosa è giusto e cosa è sbagliato, che non vuole più ascoltare chi insegni cosa è vero e cosa è falso.
Allora ho scelto di combattere piccole battaglie, nel mio cuore, innanzitutto, e poi in quel microscopico pezzo di mondo che mi circonda.
La Provvidenza penserà al resto.

Il secondo fatto è un ritorno (che sarebbe forse più appropriato definire una riscoperta).
Sono tornato alla Fede Cattolica integrale, quella che molti, ingenuamente, ricondurrebbero alla vecchia e vituperata messa in latino e che invece è quella vera, quella non adulterata dalle ideologie moderne che vengono diffuse in tante parrocchie, non quella che si basa su esperienze e sensazioni ma quella rivelataci da Cristo, lasciataci dagli apostoli e professata dai grandi santi dei secoli passati, l’unica in grado di assicurare la salvezza e la gioia eterna.

Questi due fatti potranno sembrare banali a molti, si potrà pensare che io li voglia caricare di un peso eccessivo. Invece sono stati per me il punto di non ritorno, la chiave per rivedere nella giusta prospettiva l’essere venuto al mondo, l’essere diventato sposo, padre e poi aver assistito alla morte di un figlio.

È solo dopo questi due fatti, maturati nel corso degli ultimi dieci anni, che la vita di Filippo assume ai miei occhi il vero senso; che in fondo è il senso di ogni dolore umano, qualcosa che, mi rendo conto, scandalizza la mente e i cuori di tanti: Filippo è venuto al mondo nella gioia, con la sua breve vita mi ha preannunciato il Regno di Dio, è salito sulla croce e su di essa da innocente è morto, consumando un sacrificio, quel sacrificio che è per la riparazione dei peccati, a cominciare dai miei.

Per dirla con le parole del libro dell’Apocalisse: la piccola volpe ha passato la grande tribolazione, ha lavato le sue vesti e le ha imbiancate nel sangue dell'Agnello; lo ha fatto anche per me, perché io potessi un giorno giungere lì dove lui mi attende, accanto al Padre Celeste.

 
 

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