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Di mamma ce n’è una sola

il timone umberto fasol Nov 30, 2024

di Umberto Fasol

«Di mamma ce n’è una sola», si è sempre detto ma oggi sembrerebbe non essere più vero. Almeno in certi casi. Di mamme possono essercene anche due, per la stessa persona: una è quella biologica e l’altra è quella “surrogata”, cioè la donna che ha portato a termine la gravidanza per conto della prima. Lo Stato italiano ha dichiarato questa pratica “reato universale” con una legge apposita, che entrerà in vigore il 3 dicembre 2024: «Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000  a  un  milione di euro. Se i fatti di cui al periodo precedente, con riferimento alla surrogazione di  maternità,  sono commessi  all’estero,  il  cittadino  italiano  à punito  secondo la legge italiana» (art. 6 legge n.169 del 4 novembre 2024).

Vien da chiedersi se ultimamente ci sia stata una mutazione che ha cambiato l’umanità, come accade durante l’evoluzione, per rendere possibile la “doppia madre” o se, piuttosto, non abbiamo forzato la natura umana per farle fare quello che non farebbe mai.  Ebbene sì, la tecnologia consente oggi di separare la generazione dalla gravidanza, ovvero l’incontro intimo e fecondo tra un uomo e una donna con quello che accade dopo.  Non era mai accaduto prima. Il tutto viene realizzato nell’ambiente asettico di una ricca clinica privata, popolata di camici bianchi che eseguono protocolli di fecondazione rigorosi e costosi, accompagnati da liberatorie di ogni ordine e grado per consentire ai ricchi di sfruttare ancora una volta i poveri, ma questa volta con i guanti bianchi e i contratti firmati.

Tutto ha un prezzo, lo sappiamo, ma in questo caso è difficile da definire perché bisogna mettere in conto diverse voci, di valore inestimabile perché hanno a che fare con i diritti umani universali: primo, la rinuncia all’atto sessuale d’amore che congiunge due persone di sesso opposto in quel modo mirabilmente unico che conosciamo tutti per chiamare all’esistenza un nuovo essere umano (in questo caso, infatti, la fecondazione deve avvenire in una provetta per consentire la manipolazione dell’embrione); secondo, il ricovero ospedaliero della signora che deve sottoporsi a trattamento ormonale controllato per indurre una superovulazione dal momento che la tecnica non è efficiente; terzo, la fecondazione di più ovociti che diventano altrettanti figli, nella speranza che almeno uno arrivi a termine della gravidanza; quarto, l’induzione di una gravidanza in una persona di sesso femminile (ovviamente povera e in cerca di facile guadagno) che non è rimasta incinta di suo marito ma di un figlio di un’altra coppia; quinto, il furto del figlio ad una mamma che lo ha appena partorito, che ha rischiato l’infertilità e la morte, che ha dovuto astenersi da viaggi e da rapporti sessuali e che porta per sempre le cicatrici del parto cesareo.

Viene veramente da chiedersi “in che Mondo viviamo”? È questo il bene dell’uomo e della donna moderni e tecnologici?  Che tipo di relazioni desideriamo in questa nuova umanità in cui si nasce in un laboratorio e non nell’intimità segreta degli sposi? Ascoltiamo il dettagliato e agghiacciante reportage di Antonella Mariani pubblicato su L’Avvenire Le coppie arrivano dalla confinante Turchia e dalla lontana Cina, da Israele e dalla Germania, dalla Spagna e dalla Gran Bretagna. La domanda è salita esponenzialmente da un anno, da quando cioè l’Ucraina è stata attaccata dalla Russia: il turismo procreativo verso Kiev si è rallentato e se ne è avvantaggiata la Georgia, Paese in cui la maternità surrogata è regolata per legge dal 2007. Da allora sono nati migliaia di bambini. Il problema, oggi, è proprio l’eccesso di domanda: in un Paese di 3,7 milioni di abitanti, come trovare tutte le madri surrogate richieste dal mercato mondiale dei figli su commissione?

 In Georgia operano 20 cliniche, concentrate soprattutto nella capitale Tblisi e a Batumi, città al confine con la Turchia, accanto a un numero indefinito di agenzie di mediazione: sono loro a occuparsi del reclutamento delle madri surrogate e in questi ultimi mesi si stanno muovendo per “importare” giovani donne da Paesi ancora più poveri. Sono loro che curano l’abbinamento con le coppie committenti (che la legge vuole sposate, eterosessuali e in possesso di un certificato medico di impossibilità a procreare), a controllare che durante la gravidanza le donne sotto contratto assumano regolarmente le medicine, si sottopongano alle visite prescritte e rispettino tutti gli accordi riguardo ad esempio l’alimentazione, l’attività fisica, i rapporti sessuali (vietati sempre, perfino con il marito).  Anche il compenso è più o meno standard: dai 15 ai 20mila dollari (un decimo del costo negli Stati Uniti) per ogni gravidanza andata a buon fine, di cui una quota erogata mensilmente con un assegno di 300 dollari. In caso di parto gemellare è previsto un bonus di 2mila dollari. La legge prevede che madre surrogata e coppia committente siglino davanti a un notaio un contratto che specifica nel dettaglio diritti e doveri. Il 99% dei clienti sono stranieri: europei, cinesi, israeliani, turchi e statunitensi, da un anno anche australiani, canadesi e irlandesi» (Caucaso. Madri in affitto, il nuovo supermarket è la Georgia. L’Avvenire, 20/04/2023).

«Di mamma ce n’è una sola!», si diceva. Ciascuno di noi è frutto dell’amore della mamma con il papà ed è questa memoria incancellabile che traccia il nostro destino e dona sapore alla nostra vita, anche e soprattutto nei momenti di difficoltà. La mia mamma sarà sempre con me, fino all’ultimo respiro e mi dà forza. Lo sappiamo tutti.  Ma se la mia nascita è stata forzata, frutto di tentativi e di esperimenti di laboratorio, a cui è seguito un trasferimento quando ero allo stadio embrionale all’interno del corpo di un’altra donna che mi ha custodito e nutrito per nove mesi, a pagamento, posso avere il diritto di essere disorientato? Chi è la mia mamma? La donna madre dell’ovulo o la donna che mi ha partorito? Lo sono entrambe o non piuttosto la clinica che ha eseguito tutte le operazioni necessarie e senza le quali non sarei mai nato?

E come può una donna portare a termine una gravidanza per poi rinunciare e dimenticare per sempre il figlio che ha partorito, che, da contratto, non potrà mai più vedere? E come può il figlio partorito rinunciare alla mamma che lo ha accolto, nutrito, riscaldato, rassicurato, coccolato proprio nei primi preziosissimi giorni in cui è stato “tuffato” nella vita?  Come dice la Lucangeli il primo messaggio che un essere umano riceve dall’ambiente quando viene al mondo è quello della mamma che sussurra “ci sono, per te” e ti libera dalla solitudine, per sempre. La maternità surrogata è, come disse la prima madre surrogata americana, Elizabeh Kane, un trasferimento di dolore: la sofferenza della coppia che non può avere figli viene trasferita ad almeno altri due soggetti: ad un’altra donna che viene costretta a rimanere incinta, con trattamenti medici vari, rischiosi e dolorosi e ad un figlio che non potrà essere allattato dalla mamma e non potrà mai più vederla.

L’infelicità della coppia d’origine diventa violenza su una donna e su suo figlio. Non conviene a tutti risparmiarci questo surplus di sofferenza e lenire quella già presente nel Mondo, quella dei bambini che sono già stati partoriti e sono stati poi abbandonati per i più svariati motivi che conosciamo? È mia convinzione che per sperare di vivere bene ci voglia tanta sana leggerezza, quella che mi deriva dalla consapevolezza di essere un dono al Mondo e non la garanzia di un contratto. Possiamo contarci ancora? (Foto: Pexels.com)

FONTE : IL TIMONE

 

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