Cure domiciliari, bugie e omissioni: l'Ordine fa il pesce in barile
Nov 08, 2024di Andrea Zambrano
Commissione Covid, omissioni e bugie nell'audizione del presidente FNOMCeO, Anelli: «Tachipirina e vigile attesa solo una raccomandazione, ma il medico era libero di curare». Falso: i dottori che curavano a casa con successo sono stati vessati e sottoposti a procedimenti e processi. Buonguerrieri: «Emerge un quadro grave».
Nel corso dell’ultima seduta della Commissione Covid di martedì è stata data la parola a Filippo Anelli della Federazione degli ordini dei medici (FNOMCeO) e a Roberto Monaco della Federazione medici di medicina generale (FIMMG). Si è trattato di un’audizione con alcune reticenze, mezze verità, omissioni e occasioni sprecate.
L’onorevole Alice Buonguerrieri (FdI) ha parlato di una situazione «grave» che sta emergendo: «Molteplici – ha detto in un comunicato - sono state le denunce in Commissione: dalla mancanza dei dispositivi di protezione individuale, al mancato coinvolgimento dei medici di base nel Comitato Tecnico Scientifico, al mancato supporto della categoria da parte del Ministero della Salute. I nostri camici bianchi, nei giorni più difficili della pandemia, hanno dovuto trovare da soli soluzioni per gestire l’emergenza. Le uniche raccomandazioni ricevute dalle autorità competenti sono state quelle di somministrare Tachipirina e prevedere la vigile attesa; raccomandazioni utili per l'influenza, ma sprovviste di evidenze scientifiche per l'infezione da Covid. Indicazioni che si sono rivelate persino inattuabili, per via della dell’impossibilità, soprattutto in alcune zone d’Italia, di gestire contemporaneamente il monitoraggio di tanti pazienti colpiti dal virus. Il quadro che sta emergendo dalle audizioni è grave e rappresenta per noi un continuo stimolo alla ricerca della verità».
Effettivamente l’audizione di Anelli e Monaco ha fotografato questi aspetti.
Mentre Monaco è intervenuto per chiarire che cosa si intendeva con «vigile attesa», poco più che un «monitoraggio con saturimetro», Anelli ha preso la parola per illustrare il motivo per cui i medici di base non sono stati più di tanto coinvolti nella cura della pandemia: la carenza di dispositivi di protezione individuale che ha scoraggiato molti interventi.
Dato che sapeva che qualche commissario gli avrebbe chiesto del cosiddetto “Protocollo Tachipirina e vigile attesa”, il presidente dell’Ordine dei medici ha anticipato tutti e ha risolto così la cosa: «Quello del Ministero non era un protocollo perché non c’erano evidenze scientifiche di cura della Covid 19, ma solo una raccomandazione. Raccomandazione (parola su cui il 5 Stelle Colucci ha insistito affinché non lo si chiamasse protocollo ndr.) applicabile come prima misura di intervento e poi, sull’andamento della malattia, il medico era libero di decidere in scienza e coscienza sulla base delle sue convinzioni terapeutiche. Bisogna ricordare che l’approccio di cura alla Covid non era scientifico, ma empirico».
Purtroppo, questo non è vero. I medici non sono stati affatto liberi di curare in scienza e coscienza esercitando quella libertà prescrittiva che gli è concessa dalla stessa legge.
Prova ne è il fatto che centinaia di camici bianchi sono finiti nel mirino proprio dell’Ordine per aver esercitato quella libertà prescrittiva, anche su base empirica, che stava dando risultati eccellenti in termini di guarigione e mancati ricoveri. In alcuni casi sono stati persino sottoposti a procedimento disciplinare dell’Ordine e altri addirittura sono finiti a processo. Quasi tutte le esperienze di cura in forma associativa, nella totale assenza di un coordinamento sanitario promosso proprio dall’Ordine, sono state disincentivate, censurate e bollate come stregonerie.
Le cronache sono piene di questi casi e la Bussola ne raccontò una buona parte entrando nella trincea delle cure domiciliari, raccontando anche le tragedie di chi non ce la fece perché non ricevette cure in tempo. Ad esempio, l’esperienza di Ippocrateorg, crocifissa sulla pubblica piazza per alcune scelte terapeutiche empiriche, poi rivelatesi efficaci; oppure quella del Comitato Cure Domiciliari Precoci dell’avvocato Erich Grimaldi, il quale intavolò anche un braccio di ferro col Ministero perché venissero riconosciute le cure domiciliari precoci che i medici che si appoggiavano alla rete stavano portando avanti. Tutte esperienze soffocate dalla vulgata che il Covid non si curasse, che l’unica soluzione fosse l’ospedale fino a quando non si sarebbe presentato il vaccino.
Il dottor Andrea Mangiagalli di Pioltello con una semplice chat diede vita a una rete di soccorso che portò i suoi pazienti e quelli dei colleghi vicini a guarigioni e ricoveri pari allo zero, non risulta che abbia ricevuto encomi dall’Ordine, né che la sua esperienza sia stata presa a modello; il professore piacentino Luigi Cavanna per primo andò a casa a curare da subito i suoi pazienti – anche con l’idrossiclorochina – venne addirittura candidato al Nobel per il 2021, ma non ottenne nemmeno un posto nella Commissione Tecnico Scientifica del ministero; e che dire del dottor Gerardo Torre, “processato” dall’Ordine di Salerno per aver curato 3700 pazienti, alcuni addirittura provenienti da Brescia dove rischiavano di morire?
E il “nostro” Paolo Gulisano, che venne censurato da Youtube per aver raccontato pubblicamente la sua esperienza di cura di un’anziana che il sistema sanitario voleva lasciar andare? Non intervenne all’epoca Anelli per difendere la sua libertà prescrittiva dalle maglie di una censura che è stata sempre più totalizzante.
E la dottoressa Maria Grazia Dodini di Bologna? Denunciò la sistematica messa in quarantena dei dottori che si adoperavano per curare precocemente. Anche Stefano Manera di Milano disse che «si stanno aprendo dei procedimenti da parte dell’ordine per quei medici che ripetono che il covid si può curare». E pure lui finì puntualmente sotto procedimento.
È ancora aperto il processo a carico del dottor Alberto Dallari, accusato di omissione di soccorso (l’accusa di omicidio colposo è caduta) per la morte di un paziente “difficile” di cui lui si era preso cura più di ogni altro, addirittura informandosi personalmente delle sue condizioni quando finì intubato in ospedale. Anche lui sbattuto in prima pagina come “mostro” per aver prescritto dei farmaci, che poi si rivelarono efficaci.
Storie di trincea, di cui le testimonianze degli italiani sono piene; storie di medici letteralmente vessati per aver fatto il loro dovere proprio in assenza di un protocollo scientifico, in forza di quella empiricità ammessa dallo stesso Anelli, ma criminalizzata nei fatti.
Quella empiricità che poi divenne prova scientifica quando studi pubblicati su riviste prestigiose, come Lancet, accertarono che le cure domiciliari precoci a base di antinfiammatori, cortisone, cardioaspirina, avrebbero salvato molte vite. Quelle vite che si spensero nel più completo abbandono terapeutico, come le nostre inchieste hanno puntualmente documentato.
Anelli ha anche detto qualcosa a proposito dell’idrossiclorochina: «Per esempio «alcuni di noi l’hanno prescritta», ha spiegato. «Ma quando sono emerse le evidenze scientifiche che non c’erano miglioramenti significativi, allora è stata abbandonata». Un altro clamoroso abbaglio, dato che come abbiamo spiegato più volte la condanna dell’Idrossiclorochina nelle terapie Covid avvenne sulla base di uno studio di Lancet poi ritrattato e su pregiudiziali più politiche che mediche.
Giova ricordare un po’ la dolorosa historia di questo farmaco che, semplicemente, non piaceva perché costava poco ed era stato “sponsorizzato” da Donald Trump, guarda caso proprio ieri rieletto quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti.
Nel maggio 2020 dopo un articolo di Lancet che la dichiarava inefficace, l’Oms la bandì dalle cure Covid, ma dopo appena un mese la stessa Organizzazione Mondiale della sanità la riammise in campo: quello studio era stato ritrattato perché viziato da errori così grossolani da non essere “degni” della prestigiosa rivista scientifica.
Nel frattempo, molti studi favorevoli si aggiunsero, anche in Italia, fino a quando, dopo le evidenze pubblicate su Sciencedirect, il Consiglio di Stato presieduto dal compianto Franco Frattini, la approvò bocciando il ricorso dell’Aifa. Ma nel frattempo la canea mediatica contro questo potente antinfiammatorio la bocciò definitivamente, complice anche alcuni studi finanziati, guarda caso dalla Fondazione Bill & Melinda Gates.
Completamente assente ogni riferimento alla terapia al plasma iperimmune i cui risultati erano straordinari. Ma non era un farmaco domiciliare perché il suo trattamento doveva essere effettuato in ospedale e quindi esula dal tema delle cure domiciliari, però è agli atti che il plasma ha curato e guarito con successo, ma è stato accantonato e bocciato da studi imperfetti e strumentali.
Insomma: a voler dare legittimità alle prove empiriche, ce n’era abbastanza per lasciare liberi i medici davvero e non mettere loro i bastoni tra le ruote, come invece accadde provocando come prima conseguenza l’intasamento degli ospedali.
FONTE : La Nuova Bussola Quotidiana
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