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Covid, Monti: “Bisogna trovare delle modalità meno democratiche nella somministrazione dell’informazione”

Nov 29, 2021
 

di Sabino Paciolla

 

Il Senatore Mario Monti, già primo Ministro di un governo italiano, durante la trasmissione In Onda di ieri de La7 ha fatto delle affermazioni molto sorprendenti che meritano di essere riprese. Egli dice che la pandemia ha messo in evidenza che:

“Il modo in cui è organizzato il nostro mondo è desueto, non serve più. Due cose sono state toccate: l’informazione e la governance del mondo. L’informazione, subito abbiamo iniziato a usa il termine guerra, perché è una guerra, ma non abbiamo minimamente usato in nessun paese una politica di comunicazione adatta alla guerra. E forse oggi non si riesce più, anche se ci fosse una guerra vera, ad avere una comunicazione come quella che si aveva nel caso di guerre. Io credo che bisognerà, andando avanti con questa pandemia, e comunque per futuri disastri globali della salute, trovare un sistema che concili certamente la libertà di espressione, ma che dosi dall’alto, l’informazione”.

E alla obiezione di Concita De Gregorio di cosa intendesse dire Monti per informazione di guerra, cioè se si riferisse alla censura dell’informazione, Monti risponde: 

“Se di pandemia si parlerà così, in modo colto, vivace, vibrato, interessante, 20 ore al giorno nei talk show si farà un disastro”

e precisando, poi dice:

“La comunicazione di guerra significa che c’è un dosaggio dell’informazione che nel caso di guerre tradizionali è odioso, perché vuole far virare la coscienza e la consapevolezza della gente, ma nel caso di una pandemia, quando la guerra non è contro un altro stato, ma è contro un morbo, contro una cosa che è comune a tutto il mondo, io credo che bisogna trovare delle modalità meno, posso dire…meno democratiche secondo per secondo nella somministrazione dell’informazione…”

Concita interrompe il senatore chiedendo chi debba effettuare questo dosaggio, a chi spetti  questo controllo. E Monti spiega:

“Abbiamo o non abbiamo accettato delle limitazioni molto forti alla nostra libertà di movimento. E’ bene che siano venute da parte dei governi. Quindi in una situazione di guerra, quando l’interesse, quando l’interesse di ciascuno coincide con l’interesse pubblico, pena il disastro del paese e di ciascuno, si accettano delle limitazioni alla libertà. Noi ci siamo abituati a considerare la possibilità incondizionata di qualsiasi profonda verità o qualsiasi sciocchezza [che venga detta] su qualsiasi media come un diritto inalienabile garantito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo…”

Concita, interrompendo, fa notare a Monti che abbiamo avuto, in tempi neanche troppo lontani, il Ministero della propaganda che controllava l’informazione sotto un regime, una dittatura. Ma in un regime democratico, chi governa la misura, il dosaggio della comunicazione? E chi dovrebbe farlo? E Monti risponde: 

“Il governo ispirato, istruito, nutrito dalle autorità sanitarie. Ma guardate che ci siamo già in questo perché subiamo delle limitazioni molto più gravi che non..” 

Il Senatore Monti, forse senza volerlo, ha illustrato molto chiaramente il fatto che siamo già in un regime sanitario. Egli sostiene con vigore questo stato di cose.

Per capire la gravità delle affermazioni del senatore Monti, occorre riprendere il concetto di “stato di eccezione”, uno stato in cui vige la sospensione della legge. E’ un concetto ben spiegato dal filosofo Giorgio Agamben in un suo intervento di alcuni giorni fa, che vi invito vivamente a guardare. Lo “stato di eccezione” è lo stato in cui le libertà sono sospese a tempo indeterminato in nome, ad esempio, di una pandemia sanitaria. Monti conferma quello che Agamben diceva, e cioè che dobbiamo renderci conto che siamo già in un nuovo ordine giuridico e politico che è diverso da quello che c’era fino a quasi due anni fa. Ma Agamben parla di un vero e proprio “colpo di stato”, decretato in nome della emergenza sanitaria, in nome di una crisi virtuale e permanente. Virtuale perché viene fissato in nome di un concetto astratto di “salute” e non concreto come quello di “malattia”. 

Agamben precisa che nello stato di eccezione si ha una separazione della “legge” dalla “forza della legge”. Le leggi ci sono, sono in vigenza, ma la loro forza viene sospesa. Al contrario, quegli atti e provvedimenti che non hanno natura di legge acquistano forza, es. DPCM e Decreti. Agamben aggiunge che siamo in presenza di una “forza di legge fluttuante”. Ma dove è presente una legge che non ha più forza di legge, non è più legge, anche se tale legge è formalmente ancora esistente.

Al paradigma della legge si sostituisce un insieme di  formule indeterminate del tipo: “Per ragioni di sicurezza”, “stato di necessità”, “salute pubblica”, “ordine pubblico”,  si ricordi il “comitato di salute pubblica” della Rivoluzione francese che portò alla dittatura. Queste formule, dice Agamben, poiché sono indeterminate, hanno bisogno di un attore che le determini.

Quando tutto è indeterminato nei tempi – quando finisce lo stato di emergenza? – vengono meno i requisiti fondamentali di un ordine democratico: la “certezza del diritto” e il “principio di legalità”. Quindi noi oggi, spiega Agamben, viviamo in uno stato di “illegalità fluttuante” poiché non sappiamo quando questo stato di emergenza finirà e quali forme nel frattempo prenderà. Uno stato di questo tipo non è più uno stato legale. In uno stato del genere non ha più senso appellarsi alla legge o alla Costituzione perché abbiamo a che fare con una “forza di legge fluttuante”. Questa può essere assunta di volta in volta da un certo individuo che può essere anche un medico, un esperto o anche semplicemente un poliziotto che decide la situazione come deve essere. 

A questo punto Agamben parla di stato fascista e nazista, precisando che per capite sia lo stato nazista sia quello fascista occorre ricorrere al concetto dello “stato duale”, uno stato in cui è ancora presente la struttura precedente dello stato, ma che a questo si affianca uno stato indeterminato e discrezionale, cioè uno stato delle “misure” e dei “decreti”. In questa situazione, il governo si fonda su questa dualità. E’ erroneo, precisa Agamben, dal punto di vista del diritto, chiamare il fascismo o il nazismo “dittature”, perché Mussolini non era un dittatore, era il legale Primo Ministro del governo italiano. Nella struttura dello stato fascista, alla “struttura legale” si associa un’altra di natura “discrezionale” (ecco lo stato duale), in cui Mussolini è il Duce, cioè un figura giuridica inesistente ma che decide nei fatti il destino dei cittadini.

Un altro aspetto dello stato duale è lo “stato amministrativo”. Infatti, accanto alla tradizionale tripartizione dei poteri di uno stato democratico,  il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario, che rimangono formalmente in piedi, prende forma nei fatti un organo amministrativo che assume un potere che altrimenti non avrebbe, e che lo assume in nome della utilità pubblica, un potere che però infrange le regole stabilite dalla Costituzione,  un potere che ha la funzione di “guidare” la “navigabilità” delle scelte dei cittadini. Le scelte dei cittadini cioè vengono guidate e indirizzate dall’alto. 

In questo tipo di stato duale, il potere viene esercitato da poteri estranei all’ordinamento giuridico come, ad esempio, commissioni di medici, di esperti, che non hanno alcuna struttura costituzionale. In questa situazione, la Costituzione viene alterata in un modo diverso e radicale, nei fatti, da quello che i padri costituenti avevano formalmente previsto. La Costituzione diventa così un “pezzo di carta” anche se formalmente esistente. Quando la Costituzione viene, nei fatti, ridotta ad un “pezzo di carta” è perché sostanzialmente è adottata una concezione duale dello stato, una concezione di derivazione fascista e nazista.

E’ in questo quadro che possono essere concepiti e attuati atti fortemente discriminatori, come quelli del Super Green Pass, che impediscono ad una parte dei cittadini persino di entrare in un bar o di fruire di libertà formalmente previste dalla Costituzione che, nei fatti, viene resa carta straccia. 

Quello che paventa Monti è, curiosamente, un progetto che ha delle somiglianze con quello sponsorizzato dalle élite dei poteri forti dell’alta finanza e della tecnologia, un potere che in uno “stato duale” è delegato ad una burocrazia eterodiretta, un potere che vuole il perfetto controllo dei popoli ridotti a masse, ad un insieme di individui anonimi. Lo strumento per ridurre un popolo alla massa è la paura. Una massa, non un popolo che ha una un'”anima”, una sua identità, accetta supinamente, ed anche gioiosamente, ogni decisione presa dall’alto, anche se questa è fortemente condizionante e limitativa della libertà dei cittadini. In questo stato si può far tutto a condizione che non si metta in discussione il potere di questi poteri anonimi. Funzionale alla realizzazione di questo progetto delle élite tecnocratiche e finanziarie, un progetto che nei fatti è totalitario, è la istituzione di un Ministero della Verità, un nuovo Minculpop, un ministero della Propaganda che, come diceva Monti, trovi “delle modalità meno democratiche nella somministrazione dell’informazione…” . 

Per coincidenza, il senatore Monti, già Presidente del Consiglio, porta un nome, Mario, che è uguale a quello dell’attuale Primo Ministro, Mario Draghi. 

FONTE: https://www.sabinopaciolla.com/covid-monti-bisogna-trovare-delle-modalita-meno-democratiche-nella-somministrazione-dellinformazione/

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