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Ciò che concorre alla salvezza

il blog di sabino paciolla miguel cuartero samperi Feb 14, 2025

di Miguel Cuartero Samperi

Il principale compito della Chiesa di Cristo è la salus animarum, ossia la salvezza delle anime. Questa, non a caso definita lex suprema, dev’essere la prima e più grande delle preoccupazioni dei pastori degni di questi nome. La salus animarum il principio determinante e costitutivo dell’ordinamento canonico.

Essendo al tempo stesso una realtà spirituale e materiale, ossia avendo fini soprannaturali ma essendo composta di uomini ed inserita in un tessuto sociale e in un determinato contesto storico, è normale che la Chiesa, come istituzione, debba occuparsi di molti uffici e affari: nobili e meno nobili, urgenti o meno urgenti, importanti o meno importanti. Tutto bisogna affrontare, risolvere, gestire e determinare.

Tuttavia ci sono elementi, argomenti e temi che non concorrono in maniera diretta alla salvezza delle anime come ad esempio gli affari economici, le questioni politiche, le battaglie sociali, le gestioni amministrative; ma anche le sfide tecnologiche, l’ecologia, le migrazioni, la sinodalità, la fratellanza o le politiche di genere.

Al contrario ci sono questioni che interessano più da vicino le sorti degli uomini e la loro salvezza o dannazione eterna. Sono le questioni del peccato, della grazia, della redenzione, dei novissimi (morte, giudizio, inferno e paradiso) dei sacramenti (come strumenti di salvezza) e dunque della liturgia (come luogo privilegiato dell’incontro tra l’uomo e Dio).

In questi ultimi anni la Chiesa sembra essersi concentrata sulle prime questioni (che sono, in realtà ultime nel senso gerarchico delle priorità) dimenticando le seconde. Non solo le dimentica ma da l’impressione di considerarle secondarie, meno urgenti e meno cruciali, residui di una mentalità catechistica superata e riservata allo studio e alla manualistica.

Facciamo alcuni esempi: Perché fissarsi sulle questioni morali (peccato) se ci sono persone che non hanno un lavoro? Perché concentrarsi sui sacramenti quando il riscaldamento globale sta provocando lo scioglimento dei ghiacciai? Perché predicare sui novissimi quando manchiamo di sinodalità e la Chiesa (pur essendo donna) è governata da maschi?
Queste sono alcune delle domande che – se non sono state già poste – potrebbero farsi alcuni alti prelati senza ormai destare scandalo né confusione.

Il fatto è che la Chiesa si è concentrata, (spesso in maniera ossessiva) su alcuni temi non essenziali ai fini della salvezza delle anime. Questo non sarebbe realmente un problema se non avesse smesso di predicare la conversione, la remissione dei peccati e di annunciare la vita eterna che ci attende. Così viene meno alla sua fondamentale missione: è «compito imprescindibile della Chiesa, ed insieme sacro diritto, evangelizzare tutti gli uomini» (Catechismo, 848).

Purtroppo mentre si sono messi da parte il peccato, il giudizio e i sacramenti, si è insistito sulla accoglienza dei migranti, sulla raccolta differenziata, sul ruolo (di potere) delle donne in Vaticano, sulle riforme economiche, sulla trasparenza finanziaria e sull’inclusione degli omosessuali e delle “nuove” famiglie.
«Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle» (Mt 23,23), disse Gesù nel suo duro rimprovero verso i farisei.

Uno strisciante disprezzo per la teologia – considerata spesso una scienza accademica teorica senza sviluppi pratici – e il totale e tombale silenzio piombato sulla filosofia nell’ultimo decennio, hanno provocato un appiattimento della riflessione accademica ecclesiastica su temi sociali, politici e strutturali. La riflessione filosofica così come quella dogmatica è stata volutamente rinchiusa nelle università pontificie, sempre più deserte e incoraggiate dal Vaticano a chiudere battenti e ad accorparsi.

Nel frattempo (mentre il Pontefice invita preti e suore a leggere più e più romanzi), le ormai poche librerie cattoliche rimaste si riempiono di elogi dell’incompiutezza, della debolezza, dell’incertezza, dell’imperfezione, del dubbio, dello sbaglio, degli scartati e dei buoni a nulla. Un compiaciuto elogio dell’umano e di tutti i suoi difetti, per non correre il rischio di elevarsi troppo. Anche Gesù viene dipinto come un superuomo, essenzialmente umano, tanto umano, (“ma com’è umano!”). Un’eresia dura a morire anche a distanza di 1700 anni dal concilio che, a Nicea nel 325, condannò Ario e i suoi seguaci.

Una recente riflessione di Camillo Langone pubblicata su Il Foglio, nella sua rubrica “Preghiera”, mette in luce la crisi di un’architettura sacra che ha perso di vista il divino: «Le chiese di periferia quasi mai hanno forma di chiesa», scrive Langone citando alcuni pochi esempi. Non è difficile notare come spesso le nuove chiese abbiano un tetto molto basso rispetto alle antiche basiliche e cattedrali, alte, longilinee, elevate verso il cielo. Come a voler impedire che lo sguardo del fedele si allontani troppo da terra, dall’umano, col rischio di perdere di vista l’uomo per alzare lo sguardo verso Dio.

Ma se il destino di ogni società che perde di vista la propria ragion d’essere è il fallimento, a sostenere la Chiesa sono oggi i santi. È la piccola comunità cristiana, che gli apostoli chiamavano comunità di santi riuniti nel nome del Signore. Sono coloro che non perdono di vista l’obiettivo, la missione, la vocazione, la loro ragion d’essere. Per questo combattono ogni giorno e per questo predicano senza cessare (se necessario anche con le parole) – a rischio di venir considerati esagerati, estremisti, arretrati o anacronistici – la salvezza delle anime, la vita eterna.

FONTE : Il Blog di Sabino Paciolla

 

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