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Chi non beve in compagnia… A proposito della neocrociata contro il vino

matteo donadoni ricognizioni Jan 30, 2023

di Matteo Donadoni

L’immunologa Antonella Viola, ospite in radio, ci ha ammonito che qualunque tipo di alcol è cancerogeno, cosa banale, che fra l’altro non importa a nessuno. Le persone normali in genere sono disposte a correre qualche rischio per essere felici, se uno usa la bicicletta o l’automobile, può morire, se scia può farsi male, se nuota può affogare, se mangia può strozzarsi. Quindi perché una ricercatrice di cotanto curriculum dovrebbe mai preoccuparsi di dire cose che suonano come: “Gli ultimi studi dicono che se piove, c’è un rischio elevato di bagnarsi”, oppure “ho letto su Quattroruote, rivista molto buona, che chi consuma le gomme facendo i freni a mano nei parcheggi, dovrà cambiarle ragionevolmente prima”. Questi esempi, tra l’altro, derivano fatti scientifici, provati empiricamente e molto meno contestabili di sofismi del tipo: “se bevi due bicchieri di vino, ti viene un cancro e muori, oppure, bevi due bicchieri di vino lui, lei muore”.

Quindi, giusto per essere precisi, la coscienziosa studiosa attenta alla salute dei radioascoltatori si microfona per dire: “I tumori direttamente associati anche al consumo moderato di alcol sono quelli che appunto colpiscono la mammella e il colon retto, ma non solo, anche la bocca, l’esofago, la laringe e il fegato. A questo devo aggiungere anche che un recente lavoro pubblicato sulla rivista ‘Nature communications’, che è una buona rivista, ha dimostrato in maniera molta solida che le persone che bevono uno o due bicchieri di bevande alcoliche al giorno, quei famosi due bicchieri di vino a pasto o come aperitivo dopo il lavoro, ebbene queste persone hanno un volume del cervello inferiore rispetto a chi non beve e presentano delle alterazioni strutturali proprio visibili. Quindi anche un consumo moderato danneggia il cervello, non solo l’abuso”.

Che cosa si legge fra le righe di questa filippica parascientifica da spot millennial “ALCOL ZERO”? Certamente non è pubblicità a un ipotetico vino dietetico, è semplicemente una bella e buona finestra di Overton per i poveracci che ascoltano, i quali devono essere preparati a vivere nella nuova società green nazisalutista per depressi cronici, che i padroni del vapore stanno imbastendo a nostre spese.

Questa sparata del cervello piccolo, la quale dubito sia scientificamente comprovata da un numero adeguato di autopsie effettuate, carte alla mano della dottoressa Viola o della “buona rivista”, è solo un’iperbole retorica per portare all’attenzione l’argomento. Lo abbiamo capito persino noi, che non abbiamo conseguito il dottorato in Biologia Evoluzionistica – qualunque cosa voglia significare, dato che l’evidenza empirica mostra che le specie in quanto tali si selezionano ma non si evolvono, sono fisse almeno da decine di migliaia di anni – però, forse abbiamo il cervello piccolo.

Ecco, questa invidia pondero-encefalica è una quaestio che non ho mai capito: diversi studiosi, antropologi, evoluzionisti, paleontologi sostengono che l’intelligenza umana sia direttamente proporzionale, quanto mai correlata, all’aumento volumetrico dell’encefalo. I cosiddetti ominidi, come li chiamano, pare avessero un cervello molto piccolo, quindi certamente non facevano simposi scientifici. Poi, piano piano, la selezione, anzi, l’evoluzione, chissà come pilotata da un’entità metempirica volitiva quale madre natura, ha deciso che gli scimmiotti diventassero via via sempre più sapiens. Fino a oggi, che siamo sapiens al cubo e non beviamo vino perché a chi beve due bicchieri di vino gli si ritira il cervello. Io ero rimasto che se non si hanno gli attributi per prendere certe decisioni, tipo sposarsi, si scorciava qualcos’altro, ma i lettori ormai lo sanno, non faccio parte di certe accolite di turbosapiens plurilaureati, membri scientifici a destra e a manca, docenti dottoroni che magari hanno pure lavorato a Rozzano.

D’ora in poi si dirà: “non ha lavorato a Rozzano”, di persona non addottorata e avvezza a concedersi un calice di encefalorestringente polinaturato alcolico. Lo insegnano a tutti i pupilli in erba alla terza primaria con buone speranze per la secondaria e la terziaria su su, fino al banco del McDonald: l’homo sapiens ce l’ha più grosso, perciò è intelligente. Non come i dinosauri che avevano il cervello di una noce e si sono estinti. Lo dice il libro di “storia”. Stessa pagina, nel riquadro: il cervello del gorilla, a tutt’oggi, è più grosso di quello umano.

Ergo, o i gorilla sono talmente intelligenti da fingersi scemi per non dover lavorare a Rozzano, oppure tutta la montatura pseudoscientifica del programma ministeriale evolutivo della primaria è una grandissima balla.

In conclusione, una cosa pare certa a dotti e ignoranti, forse verrà pubblicata anche su “Nature communications”, rivista buona, ma non subito: se non costretti dall’uomo, generalmente i gorilla in natura tendono a essere astemi, stranamente, nonostante ciò, non sembrano essere particolarmente sapiens, non mostrando per altro nessuna fregola evoluzionista.

 

 

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