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Chesterton: Eugenetica e altri mali, 100 anni dopo

paolo gulisano Dec 07, 2022

da Paolo Gulisano Blog

Esattamente 100 anni fa usciva un libro dello scrittore e apologeta inglese Gilbert Chesterton dal titolo Eugenics and other evils (Eugenetica e altri mali). Chesterton presentava una serie di saggi sul tema dell’eugenetica e di altre degenerazioni del pensiero scientifico, un testo che a distanza di un secolo appare come straordinariamente profetico ed anticipatore degli odierni scenari transumanisti. Da attento osservatore delle tendenze culturali, GKC aveva posto la sua acuta attenzione su un tema che andava emergendo proprio nella sua Inghilterra.  

Che cos’è l’Eugenetica? Il termine indica un insieme di teorie e pratiche miranti a migliorare la qualità genetica di una certa popolazione umana. Tale miglioramento si realizza attraverso la selezione dei caratteri fisici e mentali ritenuti positivi, o eugenici (genetica positiva), e la contemporanea rimozione di quelli negativi, o disgenici (genetica negativa), mediante modifica delle linee germinali, secondo le tradizionali tecniche invalse nell’allevamento animale e in agricoltura. 

L’idea di tale progetto di “miglioramento” della specie umana venne originariamente sviluppata nella seconda metà dell’800 dall’antropologo, sociologo e psicologo britannico Sir Francis Galton, cugino di Darwin, ed inizialmente rimase strettamente collegata al darwinismo e alla sua teoria della selezione naturale. In seguito Galton cercò di estendere questi criteri di selezione ed evoluzione biologica agli esseri umani, anticipando di gran lunga le teorie e la prassi dei medici nazisti degli anni ’30 del Novecento. Nel 1883 Galton diede alla sua ricerca un nome preciso: eugenetica, del greco “di buona nascita”.  Quando Chesterton decise di occuparsene, l’eugenetica come questione aveva cominciato ad uscire dai ristretti circoli scientifici in cui era stata elaborata e a diventare argomento di discussione pubblica.

Chesterton denunciò apertamente un pericolo che, in modo subdolo, stava diffondendosi nella società europea e nord-americana. I sostenitori dell’Eugenetica si proponevano di realizzare un mondo efficientistico, in cui il valore dell’uomo sarebbe stato deciso dalla sua capacità di produrre benessere economico; in cui il matrimonio sarebbe stato deciso, scelto e imposto secondo criteri genetici, basati sulla “qualità della vita”, sulla felicità e realizzazione dell’essere umano fondato, appunto, sulla visione dell’uomo come essere solo “produttivo”; una “casta di medici” avrebbe avuto l’ultima parola – tirannicamente – sull’intera umanità.

«Chi tenta davvero di tiranneggiare tramite il governo è la scienza. Chi usa davvero il braccio secolare è la scienza. È il credo che davvero estorce decime e si impadronisce delle scuole, il credo che davvero è proclamato non in prediche ma in leggi e diffuso non da pellegrini ma da poliziotti…». Sono parole di Eugenics, ma sembrano scritte oggi, per descrivere il progetto transumanista in atto. Chesterton denunciava la strana mescolanza tra la creduloneria del popolo- che si lasciava ingannare dalla propaganda ideologica – il fanatismo pseudo-scientifico degli “esperti” e l’arroganza politica di coloro che definiva “malfattori straricchi” come i sedicenti benefattori e filantropi come Carnegie e Rockefeller, che sostenevano la pianificazione familiare, l’evoluzionismo razzistico darwiniano e l’eugenetica.

Chesterton denunciò quelle aberranti ideologie eugenistiche un secolo fa, prima dell’avvento di Mengele e degli orrori del nazismo e del comunismo. Egli ci può aiutare, anche ora, a comprendere l’origine di questi mali, ossia il clima necessario non solo dove può attecchire e propagarsi il virus ma ciò che ancor di più divorava e divora la società: l’anarchia silenziosa e l’abnorme peccato di una società atea e materialista.

Ecco cosa scriveva nel 1922: «Un’anarchia silenziosa consuma la nostra società. Devo soffermarmi su questa espressione, perché la vera natura dell’anarchia è perlopiù fraintesa. L’anarchia non è necessariamente violenta, né viene necessariamente dal basso. Un governo può diventare anarchico tale e quale un popolo».

Distinguendo tra anarchia e rivoluzione, in quanto la rivoluzione mira a minare un ordine costituito per instaurare un nuovo ordine, mentre l’anarchia richiama all’assenza di ogni ordine e governo, egli chiariva come l’anarchia fosse la condizione d’animo o di comportamento di chi non poteva fermarsi: «È la perdita di quell’autocontrollo che permette di tornare alla normalità […] è chiaro che questa sorta di caos può impadronirsi dei poteri che governano una società così come della società governata».

Questa “anarchia silenziosa” aveva contestato la legittima autorità e si era separata dalla ragione e dal senso comune con tutte le allarmanti conseguenze che Chesterton intravedeva e di cui noi oggi vediamo le conseguenze a un secolo di distanza, anche nell’evoluzione della Medicina. In particolare, fanno pensare questi suoi giudizi sulla cosiddetta Medicina Preventiva:  

«Meglio prevenire che curare. Commentando questa posizione, io dissi che equivaleva a trattare tutta la gente in buona salute come se fosse malata […] qui sta la fondamentale fallacia di tutto il discorso sulla medicina preventiva. La prevenzione non solo non è meglio della cura: è peggio perfino della malattia. Prevenzione significa essere invalidi a vita, con l’esasperazione supplementare di godere ottima salute. Chiederò a Dio, ma non certo all’uomo, di prevenirmi in tutte le mie azioni». E infine, impressiona questo ulteriore giudizio sull’uso politico della Medicina: «È pura anarchia dire che un medico può sequestrare e segregare chi gli pare. Alcuni grandi igienisti potrebbero recintare o limitare la vita di tutta la cittadinanza, la tirannide è attuabile».

Ciò che aveva paventato il grande saggio londinese, profeta inascoltato, dopo un secolo si è tristemente e tragicamente realizzato.

Paolo Gulisano

 

 

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