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Card. Muller: “Una Chiesa che non crede più in Gesù Cristo non è più la Chiesa di Gesù Cristo”

card. gerhard ludwig muller il blog di sabino paciolla lifesitenews sabino paciolla Nov 30, 2024

di Sabino Paciolla

Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog l’articolo scritto dal Card. Gerhard Ludwig Muller, pubblicato su Lifesitenews.

1. Senza Cristo – nessuna Chiesa

Una Chiesa che non crede più in Gesù Cristo non è più la Chiesa di Gesù Cristo. I vescovi che tradiscono la loro missione divina per non essere accusati di proselitismo o di essere rigoristi nel difendere la morale cristiana hanno dimenticato il senso e la ragione della loro esistenza. Il relativismo nella dottrina non rende il cristianesimo adatto al presente, un fatto che è stato portato alla nostra attenzione in modo impressionante da Papa Benedetto XVI.

E già nel XVII secolo il grande matematico e filosofo Blaise Pascal aveva messo in guardia i gesuiti dal relativismo nelle sue Lettres Provinciales. Questi “intelligentoni” volevano conciliare il cristianesimo con le frivolezze della corte borbonica. Ma nonostante la loro volontà di aggiornare il cristianesimo, finirono per essere vittime della loro stessa strategia di adattamento.

I vescovi e i teologi che hanno dimenticato che solo in Cristo ci è data la pienezza della grazia e della verità, o che – come i modernisti all’inizio del XX secolo – pensano di poter sviluppare gli insegnamenti di Cristo secondo i propri gusti, dovrebbero ricordare le parole di San Paolo: “Se volessi piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo: il Vangelo che ho predicato non è venuto dagli uomini… L’ho ricevuto per rivelazione di Cristo” (Gal 1,10s).

I “pastori della Chiesa di Dio nominati dallo Spirito Santo” (At 20,28) non sono altro che i legittimi successori degli Apostoli (cfr. 1Clemente 42-44). Ai suoi apostoli il Signore risorto disse: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo. A chi perdonerete i peccati saranno perdonati. A chi rifiutate il perdono, viene rifiutato” (Gv 20,21s).

Solo perché Cristo si è rivelato come “la Via, la Verità e la Vita” (Gv 14,6), lo Spirito Santo fa sì che “la Chiesa del Dio vivente sia colonna e fondamento della verità” (1Tim 3,15). La “verità del Vangelo” (Gal 2,14), che Paolo dovette difendere anche una volta dall’ambiguità di un Pietro confuso, non è quindi, nel senso della teoria dialettica processuale dello sviluppo di Hegel, l’espressione dello spirito mutevole dell’epoca. Lo spirito di verità e di vita è lo Spirito del Padre e del Figlio. Lo Spirito Santo ci ricorda la verità di Cristo e ci introduce alla piena conoscenza del Verbo fatto carne. Infatti, in Gesù Cristo “abbiamo visto la gloria del Figlio unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14).

Così, lo Spirito Santo non aggiorna la Tradizione, che si suppone morta, per il presente attraverso profetesse autoproclamate, come pensavano i Montanisti nel III secolo. Il sensus fidelium non è nemmeno la voce del popolo che chiede di essere ascoltato dai suoi pastori o il soffio dello Spirito Santo, che il Papa interpreta poi nel suo senso. Il Popolo santo di Dio partecipa al ministero profetico di Cristo, in quanto la totalità dei fedeli che hanno ricevuto l’unzione dello Spirito Santo non può sbagliare nella fede. Il Vaticano II spiega che “manifesta questa speciale proprietà mediante il discernimento soprannaturale di tutto il popolo in materia di fede, quando ‘dai Vescovi fino all’ultimo dei fedeli laici’ (Agostino, De Praed. Sanct 14, 27) mostra un accordo universale in materia di fede e di morale… Con questo senso della fede… il popolo di Dio… aderisce incrollabilmente alla fede data una volta per tutte ai santi (cfr. Giuda 3)” (Lumen Gentium 12).

Anche i vescovi, con a capo il Papa, non ricevono nuove rivelazioni, ma “predicano al popolo loro affidato la fede che deve credere e mettere in pratica, e con la luce dello Spirito Santo illustrano questa fede. Essi fanno emergere dal tesoro della Rivelazione cose nuove e antiche” (Lumen Gentium 25).

Lo Spirito Santo non stabilisce neppure un proprio terzo regno dopo quello del Padre nell’Antico Testamento e del Figlio nel Nuovo Testamento, come pensava Gioacchino da Fiore nel XII secolo. Questa dottrina del Dio che si svolge dialetticamente in tre fasi, che appare nello Spirito Santo come spirito assoluto dopo aver attraversato tutta la storia del mondo e dopo averla assorbita, ha determinato la filosofia della storia di Hegel. Come è noto, Karl Marx ha interpretato questo idealismo assoluto in un materialismo assoluto, per cui alla fine l’uomo non trova la sua meta in Dio, ma nel paradiso terrestre, in cui l’uomo si eleva a creatore e redentore di se stesso.

Oggi, questo materialismo storico si chiama Nuovo Ordine Mondiale del “Forum Economico Mondiale” di Davos, con Klaus Schwab come suo dio e Yuval Harari come suo profeta di questo mondo senza il Dio vivente e ispirato dal cosiddetto transumanesimo, che non è altro che un puro nichilismo.

La verità, invece, che la Chiesa proclama e testimonia, è la persona e l’opera di Cristo. In Lui, l’insuperabile novità di Dio e la pienezza della sua verità sono venute irreversibilmente nel mondo (cfr. Ireneo di Lione, Contro le eresie IV 34,1). Pertanto, ai credenti in Cristo viene detto che: “Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre! Non lasciatevi sviare da varie e strane dottrine” (Eb 13,7-9). Ecco perché la Chiesa, in quanto corpo di Cristo, è continuamente santificata dallo Spirito Santo e non può mai essere superata. I Padri del Concilio Vaticano II spiegano che: “Lo Spirito abita nella Chiesa e nel cuore dei fedeli, come in un tempio. In essi prega in loro favore e testimonia che sono figli adottivi. La Chiesa, che lo Spirito guida sulla via di ogni verità e che ha unificato nella comunione e nelle opere di ministero, Egli equipaggia e dirige con i doni gerarchici e carismatici e la adorna con i suoi frutti. Con la forza del Vangelo, Egli fa sì che la Chiesa conservi la freschezza della giovinezza. Ininterrottamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione con il suo Sposo. Lo Spirito e la Sposa dicono a Gesù, il Signore, “Vieni!” (Lumen Gentium 4).

2. I Vescovi nella successione apostolica come ministri della verità di Cristo

Nella Sacra Scrittura e nella Tradizione apostolica, quindi, non vengono presentate le mutevoli opinioni umane su Dio e sul mondo, che i vescovi e i teologi dovrebbero sempre aggiornare. Piuttosto, attraverso questi mezzi di comunicazione, ossia la Sacra Scrittura e la Tradizione apostolica, cioè il Credo battesimale e la Divina Liturgia, Cristo viene annunciato come Colui che ci parla nella parola della predicazione (1 Tess. 2,23) e che comunica la sua salvezza a ogni credente nei sette sacramenti della Santa Chiesa.

Per questo il Vaticano II insegna che: “La Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura formano un unico sacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa… Ma il compito di interpretare autenticamente la parola di Dio, scritta o tramandata, è stato affidato esclusivamente al magistero vivo della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo. Questo magistero non è al di sopra della Parola di Dio, ma la serve, insegnando solo ciò che è stato tramandato, ascoltandolo devotamente, custodendolo scrupolosamente e spiegandolo fedelmente secondo un incarico divino, e con l’aiuto dello Spirito Santo trae da questo unico deposito della fede tutto ciò che presenta alla fede come divinamente rivelato”. (Dei Verbum 10).

Nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa, quindi, il Concilio Vaticano II non inizia con una definizione sociologica-immanente della Chiesa. Alla perdita di peso della Chiesa nella società, il Papa e i vescovi non possono rispondere con un adattamento modernista trasformando la loro missione per la salvezza del mondo in Cristo e dimostrando il loro diritto di esistere con un contributo religioso-sociale per obiettivi e ideologie interiori (nel senso del Grande Reset dell’“élite” ateo-filantropica, dell’ecoreligione, dell’iperattivismo nella crisi del Corona[virus], del movimento antirazionale Woke che contraddice diametralmente l’antropologia naturale e rivelata).

La Chiesa, infatti, non è un’organizzazione puramente umana che dovrebbe dimostrare la propria utilità o rilevanza sistemica di fronte al mondo. La sua essenza e la sua missione sono fondate nella sua sacramentalità, che deriva dall’unità Dio-uomo di Cristo. Ecclesia catholica est Christus praesens visibilis: la Chiesa cattolica è la presenza visibile di Cristo.

All’inizio del II secolo, il santo martire-vescovo Ignazio di Antiochia scriveva alla Chiesa di Smirne: “Dove c’è il vescovo, lì c’è la Chiesa, come dove c’è Cristo Gesù c’è la Chiesa cattolica. Senza il vescovo, uno non può né battezzare né celebrare il banchetto dell’amore [l’Eucaristia], ma ciò che ritiene buono è anche gradito a Dio”(Smirne 8,2).

Per questo il Vaticano II dichiara che la Chiesa “per nessuna debole analogia… è paragonata al mistero del Verbo incarnato. Come la natura assunta, inseparabilmente unita a Lui, serve il Verbo divino come organo vivente di salvezza, così, in modo analogo, la struttura sociale visibile della Chiesa serve lo Spirito di Cristo, che la vivifica, nell’edificazione del Corpo”.

Questa è l’unica Chiesa di Cristo, che nel Credo è professata come una, santa, cattolica e apostolica, che il nostro Salvatore, dopo la sua risurrezione, ha incaricato Pietro di pascere, e lui e gli altri apostoli di estendere e dirigere con autorità, e che ha eretto per tutti i secoli come “colonna e pilastro della verità”. Questa Chiesa, costituita e organizzata nel mondo come società, sussiste nella Chiesa cattolica, che è governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui”. (Lumen Gentium 8).

La successione apostolica dei vescovi, cioè la sua “costituzione gerarchica” (cfr. Lumen Gentium 18-29), è un elemento costitutivo dell’essere e della missione della Chiesa visibile e garantisce la sua necessaria identità storica con la Chiesa degli Apostoli.

Il senso autentico è stato dispiegato in linea di principio da Ireneo di Lione – che Papa Francesco ha dichiarato Dottore della Chiesa, Doctor unitatis – nel dibattito con gli gnostici proprio nel senso di una connessione referenziale tra la Sacra Scrittura, la Tradizione apostolica e l’autorità didattica dei vescovi nella legittima successione degli apostoli. “Pertanto, è necessario ascoltare i governanti della Chiesa che, insieme alla successione nell’episcopato, hanno ricevuto l’affidabile carisma della verità (charisma veritatis certum), come è piaciuto a Dio. Gli altri che non vogliono conoscere questa successione, che risale alle origini, sono… eretici che diffondono strane dottrine… Chiunque si sollevi contro la verità e inciti altri contro la Chiesa rimane nell’inferno”. (Contro le eresie IV 26,2).

3. Il criterio definitivo della successione apostolica nel primato romano

Le singole Chiese locali formano l’unica Chiesa cattolica di Dio nella communio delle Chiese episcopali. La Chiesa locale di Roma è una tra le tante Chiese locali, ma con la peculiarità che la sua fondazione apostolica attraverso il martyrium verbi et sanguinis [martirio della Parola e del Sangue] degli apostoli Pietro e Paolo le conferisce, nella comunione di tutte le Chiese episcopali, un primato nella testimonianza totale e nell’unità di vita della communio catholica. A causa di questa potentior principalitas [leadership superiore], ogni altra chiesa locale deve accordarsi con quella romana (Ireneo, Contro le eresie III 3,3). Poiché il Collegio episcopale serve l’unità della Chiesa, deve portare in sé il principio della sua unità. Questo può essere solo il vescovo di una chiesa locale e non il presidente di una federazione di chiese regionali e continentali. Né può trattarsi di un principio puramente fattuale (decisione parlamentare a maggioranza, delega dei diritti a un organo di governo eletto, come in Germania con un consiglio sinodale composto in virtù del diritto umano, alle cui decisioni i vescovi dovrebbero sottomettersi).

Poiché l’essenza interna dell’episcopato è una testimonianza personale, il principio dell’unità dell’episcopato stesso è quindi incarnato in una sola persona, il vescovo di Roma.

In quanto vescovo ordinato (e non solo in quanto non vescovo designato a questo ufficio), egli è il successore di Pietro, il quale, in quanto primo apostolo e primo testimone della Risurrezione, ha incarnato nella sua persona l’unità del collegio apostolico. Cruciale per una teologia del primato è la caratterizzazione del ministero di Pietro come missione episcopale, così come il riconoscimento che questo ufficio non è un diritto umano ma un diritto divino, nella misura in cui può essere esercitato nell’autorità di Cristo solo in virtù di un carisma dato personalmente al portatore nello Spirito Santo. “Ma affinché l’episcopato stesso sia uno e indiviso, … (il Pastore eterno Gesù Cristo) pose San Pietro a capo del resto degli apostoli e istituì in lui un principio e un fondamento eterno e visibile dell’unità della fede e della comunione.” (LG 18; DH 3051).

4. La vittoria della verità nell’amore

È proprio questa la testimonianza della Chiesa su Gesù, che non solo annuncia la verità, ma è la Verità in persona. “Non vogliamo vivere di parole e di lingua, ma di fatti e di verità. E da questo sappiamo che siamo della verità e da essa agiamo nell’amore” (Gv 3,18s). “Guidati dall’amore, atteniamoci alla verità e cresciamo in ogni cosa fino a raggiungere Lui: Cristo, capo del suo corpo, la Chiesa” (Ef 4,15s).

Il consiglio alla Chiesa di modernizzare il suo vero insegnamento del Vangelo con l’aiuto di una filosofia relativista o di un’antropologia ideologicamente corrotta porta solo risultati illusori. Lo vediamo in tutte le chiese locali in cui prevale la teologia progressista: i seminari vuoti, le vite monastiche in via di estinzione, una partecipazione alla messa domenicale molto ridotta. Per esempio, in Germania la Chiesa cattolica [ha] perso negli ultimi 50 anni 13 milioni di cattolici, passando dai 33 milioni di membri del 1968 ai 20 milioni del 2023. E [i responsabili della] “via sinodale tedesca” si raccomandano come modello per la Chiesa universale e come guida nel cammino verso il futuro. Ma Gesù ha detto: “Entrate per la via stretta, perché la strada che conduce alla distruzione è larga e spaziosa, e molti la prendono; ma è una porta stretta e una strada difficile che conduce alla vita, e solo pochi la trovano” (Mt 7, 13-14). (Mt 7, 13-14). Non bisogna cadere nel seguente suggerimento: Se volete raggiungere gli uomini di oggi ed essere amati da tutti, allora, come Pilato, lasciate da parte la verità, così vi risparmierete persecuzioni, sofferenze, croce e morte! In termini mondani, il potere della politica, dei media e delle banche è al sicuro, mentre la verità sfida la contraddizione e promette la sofferenza con Cristo, il Salvatore del mondo crocifisso. Gesù avrebbe potuto facilmente salvarsi con il messaggio del Padre celeste che ama incondizionatamente e che non chiede pentimento e conversione.

Ma perché ha sfidato il diavolo, “padre della menzogna e omicida fin dal principio” (Gv 8,44s)?

È utile, diplomaticamente, un patto con i governanti di questo mondo, l’élite politico-mediatica? Non dobbiamo noi stessi assicurare il futuro della Chiesa con un compromesso con i potenti e i sapienti di questo mondo, invece di proclamare sempre “Cristo crocifisso: per i Giudei una pietra d’inciampo, per i pagani una stoltezza; ma per coloro che sono chiamati, Giudei e Greci, Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio” (1 Cor 1,23s).

Card. Gerhard Ludwig Muller

FONTE : Il Blog di Sabino Paciolla

 

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