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Aurelio Gazzera. Un vescovo battagliero per il fragile Centrafrica

chiesa missionaria leone grotti padre aurelio gazzera tempi Mar 01, 2024

di Leone Grotti

«Sento il peso di tutta la mia inadeguatezza di fronte alla chiamata a diventare vescovo. Ma anche molta pace: non ho cercato io questa nomina e so che quando il Signore chiama a un compito, dà anche la forza per affrontarlo». È con la consueta fede, profonda e battagliera al contempo, che padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano scalzo in Centrafrica da 33 anni, si appresta a diventare vescovo coadiutore di Bangassou, diocesi nel sud-est del paese, un’area «molto calda», come spiega in un’intervista a Tempi. La notizia della nomina è stata resa pubblica il 23 febbraio dalla Santa Sede.

In missione da 33 anni in Centrafrica

Padre Gazzera, ordinato sacerdote nel 1989 a 25 anni, è arrivato in Centrafrica nel 1992 ed è stato per nove anni (1994-2003) direttore del seminario minore della Yolé. Da parroco di San Michele a Bozoum, città che si trova 300 km a nord della capitale Bangui, ha vissuto anche i difficili anni della guerra civile, trovandosi spesso a ospitare profughi, cristiani e musulmani, e a trattare con le milizie ribelli per ristabilire l’ordine e preservare l’incolumità della popolazione.

La guerra in Centrafrica e un antidoto che si chiama misericordia

Dal 2020 si trova a Baoro, 60 km a nord-ovest della capitale, come direttore della Scuola meccanica e con l’incarico di seguire i cristiani dei villaggi della savana.

La diocesi «calda» di Bangassou

Ora padre Gazzera dovrà trasferirsi a Bangassou, enorme diocesi di 135 mila chilometri quadrati nel sud-est del paese. «È una diocesi grande come metà Italia ed è difficilmente raggiungibile», spiega. «Nonostante si trovi soltanto a 750 km da Bangui, la mancanza di strade fa sì che servano due settimane per arrivarci in automobile. I camion, invece, possono impiegarci anche due mesi. Diciamo che l’aereo è l’unico mezzo per viaggiare».

La diocesi, assicura, «è bellissima e sarà la mia sposa. Ci sono 12 parrocchie, 28 sacerdoti, un seminario minore e un vescovo, monsignor Juan Jose Aguirre Muños, una figura eccezionale». Non mente, padre Gazzera: nel 2017, quando infuriava la guerra civile, il vescovo di Bangassou si frappose «come scudo umano» tra la moschea piena di musulmani indifesi (abbandonati dai caschi blu dell’Onu) e un esercito di anti-balaka che volevano trucidarli. Quel giorno morirono 115 persone ma l’intervento del vescovo, che poi ospitò nel seminario minore cattolico 2.000 musulmani, impedì il massacro di migliaia di persone.

La minaccia dei ribelli e della Wagner

Oggi la sicurezza è migliorata rispetto ad allora ma, prosegue il missionario carmelitano scalzo di origini cuneesi, «la zona è ancora abbastanza calda. Due missioni nella diocesi sono state chiuse di recente, altre non sono raggiungibili perché mancano le strade o perché sono troppo pericolose».

Per sconfiggere le milizie ribelli, il presidente Faustin-Archange Touadéra ha chiesto l’aiuto ai mercenari russi della Wagner, che ora spadroneggiano in Centrafrica. Con il loro sostegno, è anche riuscito a far passare tramite referendum l’abolizione del limite dei mandati. Dopo l’elezione del 2016 e il bis del 2020, ora Touadéra potrebbe ripresentarsi nel 2025.

Nonostante la Wagner, «in Centrafrica c’è ancora molta insicurezza», precisa padre Gazzera. «Un anno fa [il missionario carmelitano scalzo] padre Norberto Pozzi ha perso un piede saltando su una mina e a dicembre nella diocesi di Bouar c’è stato un attacco in un villaggio con 28 morti e 900 case bruciate. Il paese, insomma, è ancora fragile».

«Confido solo nello Spirito Santo»

Il missionario non teme però per la propria incolumità fisica: «Ho solo paura di non essere abbastanza capace a attento verso i sacerdoti, i poveri e la gente. Dovrò dare protezione e aiuto a chi ne ha bisogno e annunciare degnamente il vangelo in questa porzione di chiesa».

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Padre Gazzera sarà consacrato vescovo il 9 giugno a Bangui per l’imposizione delle mani di monsignor Giuseppe Laterza, nunzio apostolico in Centrafrica. Una data che il missionario ha segnato sul calendario con un misto di paura e speranza: «Non potrei mai avvicinarmi al ministero episcopale confidando nelle mie forze. È un impegno enorme che affronto con gioia. Io mi affido alla grazia del sacramento, a quella dello Spirito Santo e alle preghiere di tantissime persone. Confido più in loro che nelle mie capacità».

FONTE : TEMPI

 

 

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