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Anatomia di un complotto

il blog di sabino paciolla mattia spanĂČ Sep 25, 2024

di Mattia Spanò

È possibile farti esplodere il telefono in faccia? È possibile chiuderti il conto corrente digitale, bloccarti le carte di credito, impedire che tu possa abbandonare un luogo? È possibile renderti cavia inconsapevole dei farmaci, o addirittura spacciarti avvelenamenti a lento rilascio per cure miracolose?

È possibile, con l’identità digitale, cancellare o manipolare l’identità di chiunque? Stravolgere un’elezione facendo vincere chi ha perso è possibile? Con l’Ai e i deep-fake è possibile farti dire cose che non hai mai detto, apparire in posti dove non sei mai stato, far sembrare che tu abbia commesso delitti che non hai mai commesso? È possibile toglierti il diritto di parola, impedirti di spostarti, fornire a tua moglie indizi che la tradisci anche se non è vero? È possibile spegnere o rendere inutilizzabili tutti i computer? Manipolare i dati al loro interno, pilotando ad esempio una simulazione finanziaria verso il disastro?

Queste, e molte altre, sono tutte cose possibili. Concretamente possibili. La maggior parte delle persone a questi scenari oppone due tipi di argomento: l’incredulità e la convenienza, debitamente riassunti nelle formule “ma figuriamoci se” e “non conviene a nessuno”. Sono argomenti razionali: in fondo, nessuno in particolare ha un interesse particolare nel distruggere o sopprimere la vita di qualcuno in particolare. Il che, in un mondo ordinato, è un solido principio fattuale.

Tutte queste sgradevoli possibilità si verificano in forma residuale e di solito per le giuste ragioni, ovvero ragioni che vengono esibite come tali. Far perdere il lavoro e confinare milioni di persone in casa è fattibile e anche giusto per tutelarne altre. Confiscare le licenze ai tassisti evasori fiscali o interdire le cure sanitarie agli esuberanti parenti di una ragazzina morta di malasanità che hanno malmenato medici e infermieri è giusto. Spendere miliardi di soldi pubblici per fornire armi ad un paese terzo in guerra è giusto. È tutto infallibilmente giusto sotto certe premesse: abbiamo visto decine di articoli del 2014 sul Donbas sparire letteralmente dal web perché attestavano le aggressioni e i bombardamenti ucraini verso altri ucraini di lingua e cultura russa. Come abbiamo visto accusare artigiani di danneggiare lo Stato evadendo le tasse mentre multinazionali multimiliardarie sono esentate dai tributi.

Opposti ai soggetti razionali di cui sopra, i quali abbracciano con fede sincera tutti gli argomenti a sostegno delle cose che vanno così come vanno senza interrogarsi sul perché e soprattutto sul chi le faccia andare come vanno, abbiamo il drappello degli invasati, i quali accampano teorie bislacche su tutto, dubitano di tutto, si scagliano contro tutto, rompendo parecchio le scatole coi loro ridicoli complotti e guardandosi bene dal segnalare quali sarebbero le alternative percorribili. Alternative che non devono turbare il pacifico e ottimista tran-tran della maggioranza delle persone razionali e civili.

I limiti principali delle teorie del complotto sono due: il primo, il fatto che sono spesso esagerate e non offrono vie d’uscita – mangeremo tutti carne sintetica, installeranno a tutti un chip sottopelle e via dicendo. La ragione è che altrimenti non “bucano” la soglia dell’attenzione delle masse, soglia già oberata di informazioni compulsive. La seconda è che non offrono alternative percorribili, non avendo oltretutto né peso politico né voce.

Il punto che dovrebbe accomunare tutti è che il nostro sistema “democratico” è vieppiù basato su forme di delega e fiducia incondizionata concessa agli “esperti”, ai quali viene tributato un culto degno di miglior destinatario. La debolezza strutturale è che chiunque può diventare al limite esperto di qualcosa – in campo medico, finanziario o tecnologico, ad esempio – tuttavia, data la legge (o la condanna) del progresso, può specializzarsi davvero in un campo e uno soltanto, non avendo il tempo materiale per sviluppare uno sguardo olistico sul resto dello scibile.

Il tutto sotto l’egida di un presupposto fallace, ovvero che la tecnica sia un fatto neutro. A parte questo persino gli “esperti” lo sono in un ambito verticale sempre più specializzato e circoscritto, il che li rende dei principianti assoluti su tutto il resto. Questo fa sì che in realtà dalle nostre parte non comandi nessuno, cioè nessuno abbia un’autorevolezza autentica e fondata su elementi concreti per dire si fa così, andiamo da quella parte, risolviamo questo problema.

Un esempio quasi a caso. I più hanno attribuito a Mario Draghi poteri druidici sulla base della presunzione delle sue competenze bancarie, le quali non possono essere negate: il fatto di essere competenti reprime qualsiasi giudizio sull’uso che si fa delle proprie competenze.

Il Draghi si è però espresso intervenendo a gamba tesa su questioni politiche, sanitarie e geopolitiche, materie di cui nulla sa, collezionando sfondoni da far accapponare la pelle. Colpa sua? Solo in parte. È un sistema che vive di idoli e della loro sostituzione con altri idoli quando mostrino la corda. Draghi può dire si fa così perché egli padroneggia una tecnica, ma può dirlo in base ad un’oggettiva debolezza e ignoranza su tutto il resto che lo costringe a dipendere da altri anelli della catena di comando non sempre concordi e armonici fra loro, e spesso altrettanto limitati ed ottusi nelle analisi delle prospettive realistiche contro le quali ci mandano a sbattere.

D’altro canto, padroneggiando una tecnica a caso, egli non può che pronunciare affermazioni banali e apodittiche – non ti vaccini, ti ammali, muori – perché dalla tecnica si pretende questo: una soluzione semplice, elegante e soprattutto univoca ad un problema dato, che sia reale o inventato poco cambia. Al di fuori della riduzione a formule simil-algebriche un Draghi, un Burioni, un Biden – un povero anziano affetto da demenza senile spacciato per il miglior presidente della storia americana – non hanno ragione di esistere né di esercitare alcuna autorità. La sciagura è questa: non il fatto che comandano male, ma il fatto che non possano comandare né bene né male. Motivo per cui lo fanno malerrimo.

Esaurito il tema della delega a “esperti competenti”, si pone quello della fiducia – meglio: della fede – in detti esperti. Ovvero: far strozzare alle opinioni pubbliche i ripetuti, tragici fallimenti. In questo caso, ad un livello profondo e se vogliamo archetipico, campeggia la figura del papa. Il quale non passa giorno senza che manifesti una vivida riprovazione allergica verso tutto il portato della fede che presiede, ivi incluse affermazioni che squalificano la sua stessa autorità come quella sul fatto che tutte le religioni conducano allo stesso Dio. Questo incessante e robotico squalificare la propria autorità è il contrappasso che segnala la radice del problema. La diarchia tecnica-fede non ha alcun bisogno né di giustificare sé stessa, né di manifestarsi per ciò che è. Come dire che sia la tecnica che la fede sono balle aerostatiche.

Come esiste la fede nella tecnica, esiste la tecnica della fede. Il messaggio di Bergoglio è nitido: qualsiasi cosa facciate, qualsiasi tecnica spirituale o materiale applichiate, il risultato è sempre unico e identico a sé stesso. È la volontà di un dio cupo, inintelligibile, caotico, che esercita la propria autorità a prescindere dall’uomo, verso il quale bisogna nutrire una fiducia cieca e incondizionata: anche se saremo morti, il mondo guidato dagli “scientifici” sarà un luogo paradisiaco.

Il vero complotto – o meglio: l’ineludibile necessità di un’élite profondamente minata nello spirito e gravemente impotente – è l’intelligenza fra la tecnica e la fede, il mutuo soccorso fra queste di per sé belle e positive opportunità. Dove fallisce la tecnica interviene la fede, e dove la fede non arriva interviene la tecnica alla quale la fede non può che piegarsi. Ognuna giustifica l’altra, ma nessuna delle due è giustificata in sé stessa.

Il complotto ai danni degli uomini – di tutti gli uomini, a prescindere da come la pensino – è in questa diarchia che domina le intelligenze e gli spiriti. Il trucco consiste nello scambiare di volta in volta e secondo convenienza le carte in tavola, dando a Cesare ciò che è di Dio e a Dio ciò che appartiene a Cesare.

FONTE : Il Blog di Sabino Paciolla

 

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