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Alla scoperta di un inedito Hayez, pittore del sacro

antonio tarallo la nuova bussola quotidiana Dec 23, 2022

di Antonio Tarallo

L’autore de Il bacio, nonché pittore emblema del Risorgimento italiano, realizzò anche diverse tele dai forti contenuti religiosi, che colpiscono per la loro forza espressiva. Si va dal Crocifisso con la Maddalena all’autentico capolavoro del 1875, Ecce Homo.

È il pittore emblema del Risorgimento italiano, l’artista indiscusso del romanticismo pittorico nostrano: Francesco Hayez (1791-1882). La sua opera più famosa, Il bacio, è inconfondibile e tanto celebrata anche dall’arte cinematografica; i fotogrammi del viscontiano Senso sono a testimoniarlo, in quell’indimenticabile immagine-icona del film del 1954: gli attori Alida Valli e Farley Granger, protagonisti della pellicola, si immergono in un appassionato bacio di amanti. Hayez e l’amore patriottico, tema che si studia in tutti i libri di storia dell’arte. Le pagine con impresse le sue opere fanno parte di quello che potrebbe definirsi patrimonio culturale di tutti i tempi; quando sui banchi di scuola, si arriva, infatti, a studiare il periodo del romanticismo, fanno la loro comparsa le associazioni di artisti più disparate: Fattori e il suo impressionismo italiano si alterna all’estetica di Hayez, per poi spingersi - in campo musicale - all'immancabile confronto con il Verdi nazionalpopolare (quello più giovane) del Nabucco o de I Lombardi alla prima crociata.

Ma Hayez non è solo senso patriottico, non è solo rappresentazione pittorica dei colori della bandiera italiana, perché nella sua produzione non sono mancate opere dal forte senso religioso, nelle quali molti volti del cristianesimo prendono forma e colori. Sono opere che trasudano di profonda umanità sposata al divino: le scene, colte nella loro veste umana, offrono allo spettatore uno spaccato del loro tempo “narrativo”, ma sembrano pure respirare di un misticismo atemporale.

È il caso del Crocifisso con la Maddalena (datato 1827) nel quale troviamo, in un’ambientazione rarefatta e misteriosa, il Cristo crocifisso con ai piedi una Maddalena di una bellezza straordinaria sia nelle forme che nei colori. Il suo pianto è composto così come la posizione in ginocchio che assume davanti al Signore. Colpisce il viso dai tratti raffaelliani. Gli occhi guardano a terra, mentre le sue guance, i suoi capelli asciugano il sangue che sgorga dai piedi di Cristo. È un’immagine di indicibile tenerezza. Cristo, sulla Croce, ha da poco esalato il suo ultimo respiro, rimettendo a Dio Padre il Suo spirito. Ma, forse, tutto il clima del quadro, tutto il senso della tragicità e amarezza umana della scena è posto nel cielo buio che si scorge nel fondo. E poi, c’è la città in lontananza, simbolo di tutte le città del mondo, che in quel momento passano alla notte più oscura in attesa della Resurrezione.

Altra importante crocifissione è quella dal titolo Maddalena penitente ai piedi della Croce (possibile datazione 1832): la scena è quasi la stessa, ma ci sono dei particolari che la diversificano da quella precedentemente descritta. In questo caso, Cristo è colto nel momento in cui, con gli occhi al Cielo, emette lo spirito; il Suo sguardo è espressivo, molto, e commuove lo spettatore. Ma, forse, l’immagine più forte è quella della Maddalena che, questa volta, fissa gli occhi verso di noi.

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 È uno sguardo che ci interroga sulla morte del Cristo. Ma l’attenzione di Hayez per la Maddalena non si esaurisce in queste opere che la vedono vicino al Maestro: ci sono diversi quadri, infatti, nei quali è colta come protagonista, in un atteggiamento di “penitente”, recante in mano una piccola croce di legno.

Altra opera sublime, per eleganza e intensità, è l’Addolorata o La Vergine addolorata con gli angioli e i segni della Passione (1842), commissionata ad Hayez nel 1839 dalla contessa Carolina Santi Bevilacqua per la cappella della sua dimora a Legnago; divenne, poi, proprietà di Andrea Maffei, famoso poeta, traduttore (soprattutto di Lord Byron e Schiller), nonché librettista di molte opere di Verdi; per, infine, nel 1875, arrivare a Riva del Garda - dove è tuttora nel Museo Alto Garda - in eredità alla famiglia de Lutti che con la famiglia Maffei di Milano aveva un particolare rapporto. Di fronte a noi si presenta un’opera che ha tutto il carattere di un melodramma musicale. La composizione del quadro sembra ricordare un’entrata in scena di una delle tante eroine verdiane. I colori scelti e gli effetti di luce sembrano portare l’Addolorata in un palcoscenico, nel quale gli angeli scendono dal cielo per aiutare la Vergine nel sopportare il suo dolore dopo la morte del Figlio. Gli angeli e i segni della Passione; anche s

e sarebbe, forse, più corretto “il segno della Passione”, quello più evidente e sul quale si regge il cristianesimo tutto, la Croce di Cristo, che in quest’opera è sorretta da tre angeli. Il volto della Madonna è contorniato da un’aureola color giallo-ocra sfumato, sembra quasi poterla addirittura toccare per quanto il colore sia corposo. Colpiscono, poi, l’attenzione i due angeli che fanno da contorno a Maria: uno alla sua sinistra, il cui sguardo, pietoso, è rivolto a Lei; l’altro, seduto alla sua destra, è con gli occhi abbassati, le mani congiunte in atteggiamento di silenziosa preghiera. Il tema risorgimentale, qui, è celato, seppur presente, in quella tunica verde dell'angelo sulla sinistra, il velo bianco e l'abito rosso della Madonna: ma, certamente, non è l’elemento che più rapisce lo spettatore, davanti alla monumentalità del dolore della Vergine.

Intenso e regale, avvolto in un silenzio che parla è il Cristo dell’opera Ecce Homo (1875), vero e proprio capolavoro, simbolo dell’Hayez artista di soggetti sacri. In una sua lettera del luglio 1875, si legge: «Bisogno di lavorare per ultimare i due dipinti che dopo aver mancato per otto anni quest’anno ho dato la mia parola di spedire a Lovere pei primi di agosto, cioè l’Ecce Homo ed una Vergine».

Complessa è stata, infatti, la realizzazione di quest’opera che rappresenta il culmine dell’arte sacra del pittore. Forse, proprio per la sua composizione così semplice, ma di forte impatto emotivo, non poteva essere altrimenti: in fondo, nell’arte, ciò che sembra semplice ha sempre dietro un labor limae di non poco conto. E così è stato per quest’opera che rappresenta il Figlio dell’uomo davanti a Pilato che rimane però nel mistero del “non visto” nella composizione del quadro (possiamo solo immaginarlo, ma non lo vediamo). Cristo ha lo sguardo basso. Il Suo corpo, che si prepara al martirio, ha un vigore, una forza virile che colpisce l’animo di chi osserva questa enorme tela. È in silenzio, attende il giudizio. Sul capo, una corona di spine posata sopra i lunghi capelli che scendono sulle spalle. L’opera è imponente così come è imponente la regalità di Cristo che traspare dal testo evangelico di Giovanni. Nell’Ecce Homo di Hayez, troviamo infatti un Uomo che ha tutti i tratti-caratteri del Re. E in quel silenzio rimbomba, forte, tutta la potenza del Suo regno, un regno che all’odio risponde con l’Amore. Per Hayez, è Lui il vero Dio, il vero Re dei re. Di tutti i tempi.

 

 

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