Aborto: la proposta dei Radicali, rivoluzionari di professione
Sep 11, 2023di Tommaso Scandroglio
I Radicali hanno pensato a una proposta di legge di iniziativa popolare che peggiorerebbe, se approvata, la già pessima Legge 194, liberalizzando ancora di più l’aborto. Sanno che non passerà, ma seguono una precisa strategia.
C’è chi vuole cambiare la Legge 194 e renderla meno peggiore, c’è chi, come Giorgia Meloni, Eugenia Roccella, il cardinale Matteo Zuppi e l’arcivescovo Vincenzo Paglia non vogliono toccarla, e c’è, infine, chi vuole cambiarla per renderla ancora peggiore. Si tratta dei soliti Radicali, che un paio di mesi or sono hanno lanciato la raccolta firme per una proposta di legge di iniziativa popolare dal titolo soft ma letale: Misure per la salute riproduttiva. I Radicali, per un certo qual verso, sono da ammirare: sono riusciti a peggiorare ciò che era già pessimo. Ma nulla di nuovo. Già con il referendum del 1981 avevano chiesto l’abrogazione di tutti i procedimenti e controlli previ l’aborto contenuti nella 194: in breve, bastava la sola richiesta della donna. L’attuale proposta nella sua ratio ricalca quel quesito referendario.
Entriamo nel merito di questa proposta che mira sostanzialmente a liberalizzare ancor di più l’aborto, obiettivo più ideologico che pratico perché dal 1978, anno del varo della 194, ad oggi tutte le donne che hanno voluto abortire in Italia ci sono sempre riuscite. Purtroppo. Su un piano molto generale si può dire che questa proposta svecchia la 194 e l’attualizza, facendo ricorso a concetti e relativa terminologia pro-choice inesistenti nel 1978. La proposta riguarda non solo l’aborto, ma anche la contraccezione e tutti quei preparati chimici che possono avere sia effetti contraccettivi che abortivi.
Più nel dettaglio e confrontando questa proposta con il testo della 194, possiamo inizialmente notare che ora viene eliminato qualsiasi percorso alternativo all’aborto. La presente proposta pone davanti alla donna un’unica scelta: l’aborto. Non solo mancano alternative all’aborto, ma fino alla 14^ settimana si può abortire sempre e comunque: «L’aborto può essere effettuato liberamente entro le prime 14 settimane dall’epoca gestazionale effettiva», così recita l’art. 3. Sono dunque sparite quelle condizioni previste dalla 194 all’art. 4 per accedere all’aborto quali il serio pericolo per la salute della donna, la violenza e le anomalie del feto. Diciamo però che i Radicali hanno fatto un’operazione anti-ipocrisia perché quelle condizioni presenti nell’art. 4 sono volutamente così generiche che qualsiasi motivo per sbarazzarsi del figlio è giuridicamente valido per abortire. Insomma, il testo dei Radicali riproduce nella sostanza ciò che viene già indicato nella 194. Però, c’è un “però”. La proposta dei Radicali permette l’aborto libero non fino al 90° giorno, come previsto dalla 194, ma fino alla 14^ settimana. Si dilatano perciò i tempi di altri otto giorni. Aggiungiamo che qualora ci fosse una donna straniera (leggi: immigrata clandestina) che volesse abortire entro questo termine, potrebbe farlo anche se non in regola. Insomma aborto über alles.
L’art. 4 della proposta dei Radicali ci informa poi che si può abortire anche dopo la 14^ settimana. Questo articolo ricalca gli artt. 6 e 7 della 194 ma, ora, non c’è più il dovere di tenere in vita il bambino qualora possa sopravvivere fuori dal grembo materno. Ergo, si può ucciderlo anche poco prima del parto, al nono mese.
Passiamo all’art. 5: «Gli accertamenti non possono essere rivolti a condizionare la determinazione della persona gestante». Un articolo che, da una parte, vuole mettere una pietra tombale a proposte di legge come Un cuore che batte in cui prima dell’aborto il medico deve far ascoltare il battito cardiaco del figlio e che, su altro fronte, vuole ribadire che tutte le informazioni fornite alla gestante devono servire solo per abortire, non per tenere il bambino. E poi parlano di libera scelta e autodeterminazione della donna…
Proseguiamo. L’art. 7 impone a tutti gli ospedali con un servizio di ostetricia e ginecologia di praticare aborti. Quindi anche agli ospedali cattolici. Parimenti il singolo medico non può rifiutare di rilasciare il certificato abortivo: «Il personale medico interpellato non può opporsi al rilascio del certificato ai fini dell’interruzione di gravidanza» (art. 5). Quindi l’obiezione di coscienza viene molto compressa. L’art. 17, infatti, rivede l’obiezione di coscienza in modo sostanziale. Da una parte solo gli interventi abortivi sono coperti dallo scudo dell’obiezione di coscienza, ma non ad esempio, come abbiamo visto, il rilascio del certificato medico che permette di abortire. Su altro fronte questo articolo esige dall’obiettore una conferma della sua scelta. Viene inoltre istituita una pubblica lista di infami che hanno scelto l’obiezione di coscienza. Infine si richiede che in ogni ospedale ci siano il 50% di medici abortisti. Cosa impossibile da realizzare in tutte le strutture, dato che gli obiettori si aggirano intorno al 70%. Comando poi inutile e solo ideologico, dato che ad oggi il carico di lavoro per ogni medico abortista è irrilevante: un aborto (che è sempre troppo!) alla settimana, secondo il report annuale del Ministero della Salute.
L’art. 10 riguarda l’aborto delle minori che ricalca, in buona sostanza, ciò che disciplina la 194, con un paio di differenze. In questa proposta non c’è il dovere di informare i genitori se la ragazza ha 16 o 17 anni. In breve: la 16-17enne è equiparata in materia di aborto alla maggiorenne. Sotto questa età l’informativa ai genitori è obbligatoria (il testo parla di “assenso” dei genitori, ma in realtà è solo un dovere di informazione), però se i genitori sono dissenzienti, alla fine, si va dal giudice che si deve limitare a verificare che la ragazza scelga in piena libertà (così come prevede la 194). Ma la scelta, ad esempio, di una quattordicenne, quanto potrà essere libera da condizionamenti culturali e ambientali pro-aborto che sono oggettivamente fortissimi? La proposta aggiunge che in caso di urgenza non serve neppure sentire i genitori e si può abortire per direttissima.
Nella proposta dei Radicali però c’è una sorpresa, positiva, dato il contesto. L’art. 11 obbliga il personale sanitario ad informare la donna sul fatto che può seppellire il “prodotto dell’aborto”.
I Radicali sono consapevoli che questa proposta non vedrà mai la luce, perché alla fine la 194 va bene così com’è un po’ a tutti, pure ai sedicenti cattolici, come abbiamo visto. Ma a loro non importa. I rivoluzionari di professione sanno che non bisogna mai essere sazi dei risultati ottenuti, che occorre spingere sempre più a fondo l’acceleratore, che il progresso si realizza guardando sempre oltre e che, soprattutto, per annientare possibili attacchi del nemico è necessario giocare d’attacco e d’anticipo, per non lasciare a loro alcuno spazio di rivalsa. Chiedi sempre di più e agli altri non rimarranno neppure le briciole.
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