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66.413 (e più) motivi per abrogare la Legge 194

aborto tommaso scandroglio Jul 01, 2022

di Tommaso Scandroglio

Il Ministero della Salute ha presentato la Relazione sulla 194. Gli aborti ufficiali, nel 2020, si attestano sui 66.413, un dato in diminuzione, ma che non tiene conto dei potenziali aborti con i cosiddetti “contraccettivi di emergenza”, le cui vendite crescono. Aumenta il ricorso alla RU. E i dati sui colloqui confermano che la 194 è fatta per abortire, non per salvare. Va abrogata.

È stata di recente pubblicata la Relazione sullo stato di attuazione della 194 per l’anno 2020, redatta dal Ministero della Salute. Si registra l’ennesima diminuzione degli aborti totali, in cui contiamo sia quelli chirurgici sia quelli effettuati con la Ru486: “In totale nel 2020 sono state notificate 66.413 IVG, confermando il continuo andamento in diminuzione (-9,3% rispetto al 2019) registrato a partire dal 1983, anno in cui si è riscontrato il valore più alto in Italia (234.801 casi). Il tasso di abortività (Numero di IVG per 1.000 donne di età 15-49 anni residenti in Italia), che è l’indicatore più accurato per una corretta valutazione del ricorso all’IVG, conferma il trend in diminuzione: è risultato pari a 5,4 per 1.000 nel 2020 (-6,7% rispetto al 2019)”. Per le donne straniere è pari a 12 per 1.000 donne. Quindi percentualmente abortiscono di più le straniere che le italiane. La maggior parte delle donne che abortisce è nubile, anche perché diminuisce sempre più il numero di donne sposate. Quasi un quarto delle donne che ha abortito aveva già abortito.

Si potrebbe pensare che questa diminuzione degli aborti sia da accreditare al Covid che avrebbe impedito a molte donne di recarsi in ospedale per abortire. Nulla di tutto questo, perché, come tiene a precisare la Relazione: “Il Ministero della Salute, fin dall’inizio della pandemia, nelle Linee guida per la rimodulazione dell’attività programmata differibile in corso di emergenza da COVID-19, ha identificato l’interruzione volontaria di gravidanza tra le prestazioni indifferibili in ambito ginecologico”. Uccidere il proprio figlio è un atto indifferibile secondo Roberto Speranza.

Parte della spiegazione della diminuzione degli aborti è data dalla stessa Relazione: “La riduzione del numero di IVG osservata negli ultimi anni potrebbe essere in parte riconducibile all’aumento delle vendite dei contraccettivi di emergenza a seguito delle tre determine AIFA che hanno eliminato l’obbligo di prescrizione medica per l’Ulipristal acetato (ellaOne), noto come ‘pillola dei 5 giorni dopo’ e per il Levonorgestrel (Norlevo), noto come ‘pillola del giorno dopo’ per le donne maggiorenni. La terza determina AIFA ha eliminato l’obbligo di prescrizione per l’Ulipristal acetato anche per le minorenni”.

Ciò che non dice la Relazione è che queste due tipologie di pillole possono avere effetti anche abortivi (cfr. R. Puccetti, G. Carbone, V. Baldini, Pillole che uccidono, ESD). Dunque una causa della diminuzione degli aborti chirurgici e tramite RU486 è data dalla cosiddetta migrazione abortiva. Gli aborti che si sarebbero dovuti effettuare più avanti nel tempo in sala operatoria o con l’assunzione della RU sono stati anticipati con le suddette kill pill. C’è quindi da sospettare che il numero complessivo di aborti sia aumentato, non diminuito. Un altro fattore che incide nel presunto calo degli aborti è dato dall’aumento della sterilità maschile e femminile: meno concepimenti uguale meno parti e meno aborti.

La migrazione dall’aborto chirurgico a quello chimico è comprovata anche da un altro dato: la RU486 viene sempre più utilizzata. Questo preparato, che consiste nell’assunzione di due pillole, “è stato adoperato nel 31,9% dei casi, rispetto al 24,9% del 2019 e al 20,8% del 2018”. Un balzo di 7 punti percentuali in un solo anno. Per quale ragione? Perché il ministro Speranza, nell’agosto del 2020, permise l’assunzione della RU fino a nove settimane di gestazione e in regime di day hospital. Dunque facilitò l’accesso a questa metodica che, di conseguenza, viene sempre più privilegiata dalle donne, a loro rischio e pericolo dato che non è una metodica così sicura come viene spacciata (qui un approfondimento). Se poi andiamo a sommare le assunzioni solo di una delle due pillole con le assunzioni di entrambe le pillole scopriamo che il 35,1% di tutti gli aborti è stato fatto con la RU. Non solo, ma dato che l’intervento di Speranza è avvenuto ad inizio agosto, si è registrato il seguente dato: nell’ultimo trimestre del 2020 gli aborti tramite RU sono stati il 42% del totale. Ciò a dire che il trend futuro vedrà certamente la RU soppiantare l’aborto chirurgico perché ritenuta più agevole.

In merito all’obiezione di coscienza, “nel 2020 le Regioni hanno riferito che ha presentato obiezione di coscienza il 64,6% dei ginecologi, valore in leggera diminuzione rispetto al 2019, il 44,6% degli anestesisti e il 36,2% del personale non medico”. L’obiezione di coscienza è un ostacolo alla procedura abortiva? Purtroppo no. Infatti la Relazione è costretta ad ammettere che il carico di lavoro per i medici abortisti è risibile: “Considerando 44 settimane lavorative in un anno, il numero di IVG per ogni ginecologo non obiettore è in media a livello nazionale pari a 1,0 IVG a settimana, dato in leggera diminuzione”. Un aborto a settimana per medico obiettore. E quando gli abortisti si lamentano che le donne non riescono ad abortire? O mentono oppure, come spiega la Relazione, “eventuali problemi nell’accesso al percorso IVG potrebbero essere riconducibili ad una inadeguata organizzazione territoriale”.

Infine il ministro Speranza riesce a vedere il bicchiere pieno laddove è quasi totalmente vuoto. Infatti scrive: “La positiva azione di supporto alla donna ‘a rimuovere le cause che la porterebbero all’interruzione della gravidanza’ (art. 5, L.194/78) emerge, come negli anni passati, dal numero di colloqui IVG che è superiore al numero di certificati rilasciati (45.533 colloqui vs. 30.522 certificati)”. Ossia il 67% dei colloqui, tre quarti del totale, è terminato con la soppressione del bambino. Non ci pare un successo dato che consultori e medici avrebbero come priorità indicata dalla legge il dovere di fornire alternative all’aborto. Ulteriore prova che la 194 è fatta per far abortire, non per salvare vite umane. Oltre a ciò sarebbe bene indagare meglio il reale significato dei colloqui totali. Non vorremmo che fossero contabilizzati anche eventuali plurimi colloqui con la stessa donna.

Ma il dato che, tra tutti, vogliamo evidenziare è il primo che abbiamo fornito: 66.413 bambini sono stati uccisi nel 2020. Attentissimi in quell’anno a non morire di Covid e altrettanto attenti a dispensare morte tra i nascituri. Quel numero è sicuramente sottostimato sia perché, come abbiamo visto, ormai il lavoro sporco lo fanno la pillola del giorno dopo e quella dei 5 giorni dopo, sia perché alcune metodiche anticoncezionali possono avere effetti abortivi, sia perché l’aborto clandestino non è scomparso.

66.413 e più motivi per chiedere subito l’abrogazione di una legge omicida. È successo negli Usa: perché non potrebbe e non dovrebbe succedere anche in Italia?

 

 

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