Il bambino al centro. Basta ipocrisie. di Rachele Sagramoso
Jul 23, 2022In un numero di “Lucina” (1/2019), la rivista dell'ostetrica, c'è un importante articolo inerente il Tavolo tecnico operativo interdisciplinare per la promozione dell'allattamento materno che ha organizzato la seconda conferenza Nazionale sulla Promozione dell'Allattamento, che si è svolta a Roma il 23 gennaio passato. Nessuno più felice di me nel leggere l'opuscolo che è stato diffuso dal Ministero in occasione di tale evento.
Ovviamente non mancano alcune disamine, da parte mia, poiché penso che nell’introduzione alla pubblicazione - ad opera della Ministra della Salute Grillo - porre ancora la domanda retorica che chiede cosa ci sia di meglio, per un neonato, che nutrirsi del latte di mamma, sia proposta un po' vecchiotta. Perché? Perché può essere tranquillamente strumentalizzata - come si dice oggigiorno - da parte di chi vuol far apparire la formula lattea come l'alimento normale, se dov'essimo immaginare d'istituire una graduatoria nella quale bisognasse stabilire quale sia l'alimentazione biologicamente corretta per un neonato.
Un qualsiasi interlocutore accurato nella scelta dei termini, non avrebbe nessun problema ad ammettere che se il latte materno è il migliore e superlativo mezzo di nutrizione che solo una bravissima mamma può adottare per il suo fantastico bambino, una madre normale che vuole nutrire il suo ordinario bambino, non potrà che usufruire di una normalissima formula lattea… Per tale motivo, l’allattamento materno non è né superlativo, né fantastico, né è il meglio: è il normale mezzo che la natura ha stabilito per nutrire un neonato attraverso le mammelle. L’allattamento, inoltre, non è “al seno”, l’allattamento è materno, ovvero prodotto solo dalla madre e fornito al bambino tramite le mammelle. Sono sottigliezze, lo so, ma l’uso della parola “seno” incoraggia un’immagine erotica molto recente, mentre la parola “materno”/”madre” non possiede un’iconografia fraintendibile. La madre è colei che, nella fisiologia della natura, mette al mondo il neonato e lo attacca alle mammelle per nutrirlo. Un altro piccolo spunto: viene specificato sempre come si parli di allattamento “al seno” o “materno”: ne esiste forse un altro? No, perché “allattare” è proprio il gesto che una nutrice compie facendo ciucciare un neonato (e un bambino) alle proprie mammelle. Non si dice, infatti, “allattamento artificiale”, ma “nutrizione” artificiale: nulla che sminuisca tutta la cura e l’attenzione che qualsiasi madre può avere nei confronti del proprio bambino, ma è per dovizia di precisione. Specificare costantemente che l’allattamento è “materno” o “al seno”, è inutile e lascia aperte possibilità d’interpretazione piuttosto ontologicamente erronee.
Giustamente il medesimo opuscolo riporta “Supportare le madre, assecondare, ovunque con ogni mezzo, l'allattamento al seno è fondamentale in un periodo della vita della donna di particolare sensibilità, come quello post-parto. Promozione, protezione e sostegno dell'allattamento materno sono, dunque, una priorità per la salvaguardia della salute pubblica e la collaborazione tra tutti gli attori del sistema è fondamentale per riuscire a raggiungere questo importantissimo obiettivo. La sfida è quella di informare tutti i soggetti interessati, accompagnare le mamme verso una scelta consapevole, senza però creare un senso di frustrazione e inadeguatezza nelle donne che per qualsiasi motivo, non possono allattare al seno”. Non vorrei sembrare drammaticamente tagliente, ma ci sono alcune considerazioni da compiere. La prima è che in tutta l’introduzione, la parola “neonato” viene utilizzata una volta. Il giusto supporto alla madre è un concetto corretto quanto quello di promuovere e proteggere l’allattamento, ma il soggetto che deve ricevere attenzione nel momento in cui è più fragile, è il bambino. La madre deve essere messa in condizione di optare per l’allattamento, non (solo) perché è «pratico ed economico, senza costi di preparazione, sempre disponibile e alla giusta temperatura, genuino, sicuro, inimitabile ed ecosostenibile», ma perché è diritto del bambino quello di essere nutrito con il latte della propria mamma: è suo diritto quello di leccare, annusare, toccare, ciucciare, gustare le poppe della sua mamma, perché sono quelle della sua mamma, colei che l’ha nutrito durante la gravidanza, colei che l’ha cullato, colei che gli ha parlato e della quale conosce il ritmo del battito cardiaco. È sicuramente la mamma quella che va sostenuta (specialmente dagli operatori sanitari, i mass media e la famiglia), ma siccome l’allattamento materno non è una passeggiata (ragadi, mastiti e altre piacevolezze), l’obiettivo della madre, quello che deve stimolarla a pretendere di prepararsi durante la gravidanza, stringendo i denti e insistendo pretendendo supporto adeguato, è quello di occuparsi del proprio bambino. Certo, nessuno disapprova le donne che non riescono, nonostante l’impegno, a portare avanti l’allattamento: la condanna va verso tutte le istituzioni, le aziende sanitarie, i pediatri, le ostetriche che affermano, a tutt’oggi, vere e proprie eresie in proposito. E ricordo che ogni operatore coinvolto che è impreparato in tal senso, andrebbe segnalato al suo Ordine. L’obiettivo dell’allattamento, quindi, è indirettamente la formazione e il sostegno della madre, ma è direttamente la promozione della salute a breve e lungo termine del bambino.
Come se l’opuscolo volesse confermare le mie parole, le prime pagine offrono tutta una serie di spiegazioni per le quali allattare, per una donna, è comodo e naturale, ecologico (parola magica, oggidì) e risparmioso. Riconosco che molte spiegazioni fornite pongono l’attenzione sul bambino: la creazione della relazione col bambino e la prosecuzione del rapporto venutosi a creare con la gravidanza. Tuttavia si legge anche che «Allattare è un diritto (per la mamma, ndr): diritto di ricevere informazioni ed aiuto che ti permettano di allattare senza interferenze e di superare eventuali difficoltà; diritto di allattare ovunque ti trovi ed in qualsiasi momento; diritto a essere tutelata al rientro al lavoro su come conciliare allattamento e lavoro.».
Innanzi tutto ribadiamo che l’allattamento è un diritto primario del bambino. L’abbiamo già spiegato: se affermiamo che allattare è un diritto solo della madre, chi - per passatempo o ideologia o mera “preterintenzionale” disinformazione - non accetta che la donna che ha portato avanti la gravidanza del bambino, possieda dei diritti sul medesimo, non si interessa certo dei diritti della donna. Tuttavia se cominciassimo ad affermare con certezza e inoppugnabilità che l’essere nutrito con le mammelle di chi l’ha partorito, è diritto di ogni bambino, la visione adultocentrica del diritto, sarebbe sostituita da quella bambino-centrica. Inoltre, se proprio volessimo essere pedanti, nel momento in cui io affermo che la donna ha diritto ad allattare, per la legge della compensazione la donna ha il dovere di allattare, cosa che per me è accettabile se non comprensibile, ma non va d’accordo con chi è dell’opinione che la donna deve essere lasciata libera di non allattare. Trasformiamo in modo bambino-centrico l’elenco dei diritti: il bambino ha diritto di essere allattato ovunque e in qualsiasi momento; il bambino ha il diritto di essere allattato anche quando la madre è tornata al lavoro.
Su questo punto è fondamentale mettere il bambino al centro: quale datore di lavoro può avere il coraggio di scontrarsi con un sistema che gli dice (o le dice) che se la sua dipendente è costretta a non allattare il proprio bambino, è quest’ultimo colui che viene privato di diritti? E se un datore/datrice di lavoro si mostra così scellerato/a da privare deliberatamente della mamma un bambino, la pena non è di gran lunga maggiore, rispetto al fatto che se fosse la madre a non poter allattare («Può non farlo, ci sono i biberon!» sarebbe una frase da non ascoltare più)?
Il documento prosegue in modo piuttosto lineare per cui continuiamo con la lettura dell’articolo di “Lucina”. Le ostetriche, per mezzo della FNOPO hanno divulgato un comunicato stampa sull’argomento che riguarda l’implementazione della figura dell’”Ostetrica di famiglia e comunità”. Ora, nessuno più di me è felice quando la figura dell’ostetrica non si limita all’assistenza al parto e all’immediato puerperio ospedaliero, ma può abbracciare le tante fasi di vita della donna e della comunità. E nessuno più di me è felice quando può sradicare l’ostetrica da impegni quali i corsi sul “piacere” e la “contraccezione” per la donna e le vendite di sex-toys che sminuiscono la professionalità e la figura della professione ostetrica. Tuttavia vorrei muovere una serie di concrete osservazioni: le ostetriche, oltre che di allattamento, non sanno quasi nulla di Metodi Naturali per la Conoscenza della Fertilità: non vorrei risultare ridondante, ma se dobbiamo implementare un gesto naturale come l’allattamento - che implica, l’opuscolo ministeriale lo sottolinea spesso, l’informazione e la competenza della donna - , perché non implementare anche il fatto che le donne non possano conoscere anche come funziona il loro corpo, prima che questo sia gravido o abbia già sgravato? La conoscenza di come funziona tutto il ciclo ovarico non può che abituare la donna al rispetto verso sé stessa e alla pretesa che gli operatori - come dice l’opuscolo medesimo - siano di sostegno alla sua competenza. Le ostetriche, a parte il suggerimento di usare il preservativo e richiedere la prescrizione della pillola anticoncezionale, non sanno dire altro, nei consultori. Sarebbe estremamente più professionale, in concomitanza con l’insegnamento dei Metodi Naturali, che la (giovane) donna sia informata che quando ella ha rapporti sessuali con una persona, è come se avesse rapporti con tutte le persone con la quale quella persona li ha avuti, il che non fa né bene alla salute fisica (trasmissione di infezioni e malattie sessualmente trasmesse che spesso riducono drasticamente la fertilità), né a quella mentale (sappiamo quanto sia fondamentale la relazione che intercorre tra sessualità e affettività).
Un’ostetrica “di famiglia e di comunità” deve saperlo. Le ostetriche devono applicare la legge 194, specialmente quando si dice che l'aborto non è un mezzo di controllo delle nascite e le donne bisogna aiutarle a non abortire: credo sia interesse di tutti. Anche perchè non nascono più bambini, per cui se l' "ostetrica di famiglia e di comunità" (vogliamo dire tutte le ostetriche??), non collaborerà un po' di più per evitare almeno gli aborti effettuati per leggerezza, ci saranno sempre meno famiglie da sostenere, quasi nessuna mamma da assistere al parto, zero mamme che allatteranno al seno e l'intera comunità crollerà (evito di spargere il panico affermando che la comunità sta già crollando da un pezzo).
Continuiamo con l'articolo: l'agenda 2019-2022 del Tas (Tavolo Tecnico Operativo Interdisciplinare per la Promozione dell’Allattamento al Seno) prevede i seguenti punti. In corsivo le mie osservazioni:
1.Monitorare i tassi di allattamento (proposta del TAS in attesa di trasmissione alla Conferenza Stato-Regioni).
Nessuno è più certo di me che l'allattamento materno vada monitorato e implementato. Ricordo che una donna che riceve empowerment durante la gravidanza (e non tutte le ostetriche sanno costruire un empowerment di successo, per una donna), tuttavia, non riesce completamente a metterlo in pratica se non è sua abitudine informarsi per diventare autonoma e libera di compiere scelte informate corrette per sé e la propria famiglia: viceversa, una donna giovane che sin dalle scuole (punto 4) è informata del fatto che l'allattamento sia un proseguimento naturale della gravidanza, che conosce il proprio ciclo uterino e che è spinta a comprendere le meravigliose differenze tra maschile e femminile (gli uomini non mestruano né allattano, quindi la natura esclude una "parità" di genere se per "parità" intendiamo "uguaglianza" e "azzeramento delle differenze") e il rispetto che si deve a tutte le fasi di vita di una donna (pubertà, adolescenza, maturità, gravidanza, puerperio, maternità, menopausa), sarà portata spontaneamente non solo a conoscere se stessa e a rispettarsi, ma pure a rispettare il proprio bambino (credo che questo punto valga la pena approfondirlo per chiarire subito un concetto: chi decide del corpo della donna e della dimensione della sua sessualità, possiede un potere enorme che spesso è sfruttato malamente da parte di chi auspica che la libertà della donna sia solo l'aborto e non la maternità).
2.Dare enfasi e peso a livello nazionale e regionale alle attività di promozione dell’allattamento nell’ambito del Percorso Nascita (rappresentante TAS nel CPN) mediante:
- inserimento di un rappresentante del TAS nel Comitato percorso Nascita nazionale (CPNn);
- inserimento a livello delle singole Regioni del referente regionale per l'allattamento nei Comitati regionali del Percorso Nascita.
Non occorre nessun rappresentante del TAS: occorre che tutte le donne che partoriscono siano dimesse solo quando l'allattamento è avviato e ogni problema superato (talvolta bastano cinque giorni al posto di due) e che poi siano monitorate a casa da un operatore con formazione IBCLC. Occorre che ogni ostetrica e pediatra che disinforma le donne venga segnalato attraverso una specifica monotorizzazione delle percentuali di donne che allattano alla dimissione e durante i primi sei mesi di vita del bambino. Gli operatori/ospedali/consultori che risultassero non possedere una percentuale decente di allattamenti al sesto mese di vita, verrebbero formati da personale qualificato.
3.Individuare a livello degli Assessorati regionali specifici obiettivi sull'allattamento per i policy makers, in particolare per i Direttori Generali delle Aziende Sanitarie.
L'allattamento fa risparmiare le Aziende Sanitarie: promuovere con apposite modalità locali il naturale gesto, fornire un ambulatorio dedicato h24 in ogni Comune, basterebbe ad aumentare drasticamente le percentuali di allattamento.
4.Promuovere un’educazione scolastica, che includa la lattazione umana.
Quando mi sono trovata di fronte alle scolaresche di ogni età per parlare di sessualità e affettività, ho incluso anatomia e fisiologia della donna con anche le mammelle e l'allattamento: i risultati sono stati strepitosi. La stragrande maggioranza delle ragazzine/ragazze e molti maschi, hanno riconosciuto (anche per ricordarselo di quando lo facevano loro o di averlo visto fare ai fratelli) quanto l'allattamento sia fondamentale per il bambino e quanto, per questo, la donna sia da rispettare. Non occorrono tanti giri di parole. Se il pene porta la vita e l'utero accoglie la vita, le mammelle nutrono la vita. Đ tutto più semplice di quello che sembra. Con l'aggiunta di qualche nozione sugli ormoni con un occhio di favore all'ossitocina (rilascio durante l'amore tra due persone e tra mamma e bambino), un paio d'indicazioni al muco vaginale e alla bellezza del rispetto delle differenze, il gioco è fatto. Ovviamente andrebbe eliminata la pornografia e punito ogni atto di bullismo e cyber bullismo.
5.Promuovere la formazione universitaria sull’allattamento .
Tasto dolente. La formazione è fondamentale, ma tutti gli operatori che possiedono più di quindici anni di professione, non sanno nulla sull'allattamento e non sono stati obbligati ad aggiornarsi. Una ricerca territoriale sulle percentuali di donne che allattano e un'obbligata formazione aggiuntiva, dovrebbe essere riservata ai medici del passato, oltre che ai nuovi medici. Se dipendesse da me, tutti gli operatori dovrebbero dimostrare una formazione come IBCLC e certificarla ogni due anni.
6.Ottimizzare le risorse pubbliche per la formazione degli operatori sanitari
Si veda il mio commento precedente.
7.Riconoscere a livello istituzionale lo status di Amico del Bambino (UNICEF)
Sono poco propensa al riconoscimento dei titoli dell'UNICEF dato che questo implementa pianificazioni familiari dediti all'aborto e alla contraccezione. Trovo che sia ingannevole che un ente come l'UNICEF riconosca o meno come lavora un'Azienda sanitaria perché tutte le aziende sanitarie non interessate al fatto di essere riconosciute come "Amiche dei bambini", potrebbero infischiarsene della formazione e dell'implementazione dell'allattamento. Ci vogliono degli standard di base: se le donne subiscono troppi tagli cesarei, non hanno parti naturali (parti vaginali senza farmaci) in percentuale decente, non allattano bene i propri bambini fino al sesto mese di vita, un reparto di ostetricia deve chiudere sino a che i suoi standard non vengono riformati. Le statistiche sulle percentuali precedenti si recuperano facilmente, se un'azienda non vuole chiudere, aggiornerà i propri dipendenti.
8.Informare la popolazione sull’allattamento attraverso i mass media con modalità prive di ambiguità e di retorica, condizionate il meno possibile dai conflitti di interesse e dall’esperienza personale, incoraggianti l’allattamento nei luoghi pubblici (pubblici esercizi, musei, ecc...) e incoraggianti l’allattamento di lunga durata (negli asili nido, ecc...).
Si vietano le pubblicità dei sostituti del latte materno. Le farmacie non mostrano biberon, tettarelle, ciucci, formule lattee, omogenizzati sotto il 6° mese di vita. Si fanno pubblicità progresso sia mezzo stampa, sia televisive. Si promuove l'allattamento con ogni mezzo da parte di persone normali e famose. E si dedicano appositi spazi per allattare in ogni esercizio pubblico (basta la possibilità di stare in disparte e in tranquillità). Faccio notare che promuovere l'allattamento significa inesorabilmente promuovere la maternità e la paternità (la famiglia). Chi studia marketing conosce bene come si potrebbero unire le due cose con spot non capziosi o ridondanti.
L'allattamento va implementato aumentando sino ai 18 mesi il congedo per maternità e formando le educatrici in tal senso.
Ricordo che tutti coloro che sono nati prima degli anni '90, spesso non sono stati allattati e, per tale motivo, non sono pronti a comprenderne il significato fondamentale per la salute infantile. Anche le educatrici spesso non hanno allattato o non hanno mai visto allattare, quindi non sanno nulla sull'argomento. La loro formazione dovrebbe essere al pari di quella delle IBCLC.
9.Ridurre l’impatto della comunicazione commerciale sull’allattamento in ambito sociale ed economico, contrastando informazioni, atteggiamenti e pratiche che possano scoraggiarlo e/o contrastarlo.
Aggiungo che sarebbe per tutti meglio diffidare di tutti quegli operatori sanitari (spesso psicologi e altro) che antepongono il diritto della donna su quello del bambino e su quello del padre (figura spesso assente da ogni tipo di discussione). Sia per quanto riguarda l'allattamento e le scelte della donna può compiere nell'allevamento dei propri figli, sia per quanto riguarda il concepimento del bambino.
La donna e l'uomo sono compartecipi entrambi del concepimento del loro figlio: aver espropriato l'uomo della facoltà essere responsabile del concepimento del figlio attraverso solo la pubblicizzazione dell'uso del preservativo, lo ha fatto diventare un eterno irresponsabile. Irresponsabilità che è terrificante quando è causa di una gravidanza non desiderata (evidentemente sono molti gli uomini che pensano che le cicogne portino i bambini e che basti sparare a queste, per evitarsi problemi inutili) e soprattutto quando tale irresponsabilità diviene imposizione diretta o indiretta all'aborto (che è il peggior atto di misoginia che si possa immaginare con le mutilazioni genitali femminili e lo stupro). Rendere compartecipe l'uomo della procreazione e responsabilizzarlo verso il concepimento (attraverso i metodi naturali, ad esempio), porterebbe la parte maschile della società a interessarsi in modo più acuto anche nei confronti del bambino.
La donna, parimenti responsabile del concepimento, della gravidanza e della crescita del bambino, dev'essere aiutata a comprendere che la propria libertà non può invadere quella del bambino in qualsiasi momento. Il diritto del bambino ad essere allattato è inviolabile.
L'articolo di Lucina termina qui.
Io però vorrei chiosare con una nota di estrema chiarezza.
Affermare che l'allattamento è un diritto del bambino e non della madre, porta, come ho già spiegato, a riconciliare la cultura al bambino. Viviamo in una società adultocentrica dove gli adulti decidono sui tutti e dove i bambini sono in funzione della felicità del mondo adulto.
Mettere al centro il bambino significa strappare quel velo di ipocrisia che aleggia in tanti comunicati a favore dei bambini, che poi invece risultano essere estremamente adulto-centrici. Come afferma lo slogan "love is love" che giustifica ogni gesto che l'essere umano può compiere nei confronti del prossimo con la scusa dell'amore, il bambino ha solo bisogno di essere amato. Peccato che non sia così. L'amore non è un sentimento che basta per giustificare scelte e gesti. C'è anche chi uccide, per amore. E affermare che allattare è un gesto d'amore, se una volta era una verità ontologica, adesso lo è parzialmente. Perché l'amore pare sempre andare nel verso della felicità dell'adulto, ma poco verso quella del bambino. Anche se il bambino è psicologicamente duttile. Anche se il bambino è felice. Poi cresce, e con l'adolescenza si fanno i conti. E per tanti adolescenti l'essere stati amati non basta. Anzi, non interessa proprio (come sanno i genitori di bambini adottati anche fin da piccolissimi).
I bambini devono essere rispettati. Possiedono dei diritti. E uno di questi, il più importante, è la vita. Se sono stati concepiti hanno il diritto di essere messi al mondo. Se vengono al mondo, hanno il diritto di essere allattati e di stare con la mamma: colei che li ha nutrito durante la gestazione, li ha messi al mondo e li ha toccati dopo che sono nati.
Chi promuove l'allattamento, inoltre, ha l'onere di affermare che l'utero in affitto è un abominio, uno sfruttamento, una compravendita di persone per la felicità altrui. Chi promuove l'allattamento deve mettere al centro il bambino. Chi mette al centro il bambino, esclude che possa essere venduto.
Sbrighiamoci a mettere al centro il bambino.
Presto sarà tardi.
Aggiornamento del 24 luglio 2019: articolo raccapricciante ci avverte che promuovere l'allattamento non è etico per varie e ideologiche ragioni.. Attenzione, lo ribadisco: il bambino al centro. Questo il testo del mio post su fb:
Rischiamo di essere puniti se promuoviamo l'allattamento? Probabilmente sì.
“Associare la natura alla maternità - si legge - può inavvertitamente sostenere argomentazioni biologicamente deterministiche sul ruolo degli uomini e delle donne nella famiglia (per esempio, che dovrebbero essere principalmente le donne a prendersi cura dei bambini)".“Fare riferimento al ‘naturale’ nella promozione dell’allattamento al seno può inavvertitamente sostenere una serie di valori sulla vita familiare e sui ruoli di genere, che sarebbero inappropriati"
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Tratto da La Vera Maternità
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