Basta mettere in discussione il celibato dei preti
Mar 21, 2023di Rosalina Ravasio*
Ogni tanto c'è chi rimette in discussione il celibato dei sacerdoti creando solo confusione tra i fedeli. Eppure è una questione assolutamente chiara, dal punto di vista biblico e dal punto di vista pratico. Ecco perché.... Una lettera aperta a cardinali e vescovi.
Cari cardinali e vescovi,
Premetto che io non sono “tecnologica”, per cui non seguo gli eventi e gli accadimenti su Google, sul web, etc… Sinceramente non so neppure accendere un qualsiasi computer… Ma, per telefono, mi sono arrivati moltissimi messaggi tra la “presa in giro”, la “caricatura” e “l’indignato” sulla figura del sacerdote celibe o sposato. E mi sono molto stupita, perché non ero al corrente di questo tema, emerso in questi giorni, dopo le parole del Papa su di una possibile futura apertura in tal senso.
Cito alcuni esempi di messaggi arrivatimi (e, occhio: “Vox populi, vox Dei”):
- “Il prete sposato? Ma non gli bastano 3 o 4 parrocchie… ora ha pure il tempo di cercarsi una moglie?”
- “Ma qualora il prete non andasse d’accordo con la moglie… il divorzio vale anche per lui? Il mantenimento dell’eventuale moglie separata con figli, sarà a carico dei fedeli della parrocchia?”
- “Dopo il matrimonio per il sacerdote… naturalmente potrebbe pure esserci l’amante… e perché no, visto l’adeguamento ai nostri giorni...”
- “Ma il discorso del matrimonio vale anche per le suore? Anche per loro è prevista la possibilità di sposarsi?”
- “I protestanti si sposano, ma non confessano… Se il mio parroco si sposasse… in Chiesa non mi vedono più! Sarebbe lo stesso cinema che vediamo fuori”.
Tutti su questo tono. Mi sono stupita e molto sorpresa.
Non scrivo al Papa (forse S. Caterina l’avrebbe fatto) perché lo penso diversamente affaccendato in realtà decisamente più serie. Ma, scrivo a voi “Principi della Chiesa”, per esprimervi questi dubbi del popolo e degli effetti collaterali di confusione e smarrimento che provoca nella fede dei semplici e dei piccoli.
Mi rivolgo a Voi, come una figlia che sottopone un’angoscia, un pensiero nascosto al proprio padre! Visto che, come già diceva un ecclesiastico inglese e poeta, John Donne: “Nessun uomo è in sé un’isola intera”, che significa riconoscere che nessuno di noi è capace di reggersi completamente da solo e, dal punto di vista religioso, penso che, in questo senso, sia necessaria un’indicazione chiara e certa.
Tutti conosciamo alcuni concetti sulla cui base si fondano scelte, ideali e vissuti adeguati alla scelta.
Consentitemi di esprimere due o tre concetti dell’inconscio collettivo, presenti anche nel bagaglio culturale di una vasta parte della nostra popolazione che, nonostante la facilità d’infrazione di leggi, di norme e tradizioni non si è lasciata ancora assorbire o assimilare alle attuali consuetudini e modalità di vita, talvolta ostili alle leggi morali:
Primo punto: rimando ad uno dei tanti riferimenti biblici a cui, anche se oggi non è più di moda leggere la Bibbia, tuttavia è interessante e utile prestarvi attenzione: Dio ci fa il dono di Suo Figlio, che nasce da una donna Vergine (Lc. 1, 27). Capito? “Donna Vergine”!
Nel Vangelo, infatti, si afferma che la Verginità - maschile e femminile - non è un Comando del Signore, ma un “consiglio evangelico” dato “solo a coloro a cui è stato concesso” (Mt 19, 10-12). Che significa semplicemente non vivere più per sé stessi ma, appunto, per Cristo e per il “Suo Regno” (Gal. 2,20).
Praticamente è uno “stato celibatario” scelto per Cristo, a Sua Imitazione.
Naturalmente - come ogni scelta nel mondo - comporta la rinuncia (chiamiamolo pure patimento, la sofferenza che può comportare una tale rinuncia): scegli una donna e rinunci ad altra donna, scegli un lavoro e rinunci ad altri, non mi pare una conseguenza comprensibile solo dai grandi “geni”.
Certo, non facile da viversi… Tale “rinuncia” infatti, comporta, lungo il cammino, una “vigilanza” continua, magari in certi momenti anche un vero e proprio “martirio”: ma questa scelta, non è forse stata fatta proprio per imitare Cristo? Non è un tentativo di seguire “l’Agnello Immolato”?
È pure la consapevolezza che, nella dimensione della rinuncia e della sofferenza, Dio non è “rinchiudibile” nei nostri “angusti confini umani”, ma è qualcosa che, radicato quaggiù sulla terra ha la sua fioritura lassù nell’alto dei Cieli.
Che volete: non tutti i consacrati la pensano allo stesso modo.
Tranquilli, no problem, scegliete un’altra strada, liberamente!
È scritto: “Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso” (Mt. 19, 11). Siete liberi: scegliete pure un’altra strada, non si può avere “la botte piena e la moglie ubriaca”.
Se, come dice san Giacomo, “Ogni dono perfetto viene dall’alto” (Gv. 1, 17), a coloro ai quali il Signore farà tale dono, darà anche la capacità di accoglierlo e viverlo a pieno. Punto.
Secondo punto, più pratico: quando andai in Messico ad accompagnare i ragazzi (loro vi rimasero per tre mesi circa), non ricordo precisamente in quale luogo, ci fu una “mattanza” (così è chiamata in Messico la guerra tra bande criminali) che causò numerose vittime - all’incirca tra i 20 ed i 30 morti – e l’unico rimasto a soccorrere i feriti, in mezzo al sangue sparso su ogni cosa sopra l’asfalto, fu un prete cattolico. Tutti fuggirono, anche alcuni appartenenti ad altre religioni: chi era preoccupato per la sua famiglia, chi per i figli, etc. L’unico che restò fu lui e, a chi lo sollecitava a fuggire prima che lo colpissero, disse: “Questi sono la mia famiglia… sono i miei parrocchiani”.
Con grande emozione, ricordo anche quel giovane prete bresciano, vicino a noi, che, in terra di missione, scelse di “non abbandonare i suoi ragazzi da soli sulla zattera”. Sebbene, infatti, lui fosse con un altro gruppo di catechisti già al “sicuro” su un’altra zattera, non in balia delle forti correnti, che stavano trascinando la prima verso le cascate, lasciò spontaneamente la sua sicura zattera per raggiungere l’altra, dove i ragazzi urlavano disperati, per non lasciarli morire da soli: li abbracciò tutti e insieme recitarono il Padre Nostro, prima di essere inghiottiti dalla potentissima corrente nel precipizio delle cascate.
Capito l’importanza del celibato? Eroi sconosciuti… ma santi, che hanno dato la vita per gli altri.
Terzo punto: Ok. qualcuno dice, così: “non molesteranno più i bambini”.
Di sporcaccioni è piena la terra, ma, aggiungerei, non solo preti, perché molti minorenni passati nella nostra Comunità, hanno subito violenze sessuali nell’ambito parentale o dagli “amici di famiglia”.
Si è forse risolto il problema? Evidentemente no.
Nonostante gli effetti deleteri derivanti dalla crisi di valori e dal decadimento della spiritualità, la “nostra gente” ha bisogno di vivere la speranza, di guardare al di là delle cose apparenti, ha voglia di “risveglio” e di “gioia”.
Sì, di gioia.
Desideri inappagati, che solo Dio può capire e colmare.
Isaac, il Siriano, già citato da me più volte, diceva: “gli uccelli volano, i pesci nuotano, e l’uomo prega”. Appunto.
I preti? Cessino di dare buoni consigli morali e dimostrino di essere “vivi” col loro stile ed esempio di vita e non una semplice “rifrittura” dello stile del mondo!
* Suora, Comunità Shalom, Palazzolo sull'Oglio
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